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ECONOMIA DEI TRASPORTI E DEI SISTEMI LOGISTICI

ECONOMIA DEI TRASPORTI E DEI SISTEMI LOGISTICI. Lezione n. 06 La difficoltà non sta nel credere nelle nuove idee, ma nel fuggire dalle vecchie. J.M. Keynes Anno Accademico 2011 -2012. LA PIANIFICAZIONE nel TPL. LA PIANIFICAZIONE nel TPL (trasporti & territorio).

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ECONOMIA DEI TRASPORTI E DEI SISTEMI LOGISTICI

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Presentation Transcript


  1. ECONOMIA DEI TRASPORTI E DEI SISTEMI LOGISTICI Lezione n. 06 La difficoltà non sta nel credere nelle nuove idee, ma nel fuggire dalle vecchie. J.M. Keynes Anno Accademico 2011 -2012

  2. LA PIANIFICAZIONE nel TPL

  3. LA PIANIFICAZIONE nel TPL (trasporti & territorio) Il territorio è il luogo in cui si declinano le azioni umane che esprimono una DOMANDA DI MOBILITÀ cui va riconosciuto un carattere derivato rispetto alle azioni stesse. La pianificazione territoriale persegue l’obiettivo di definire l’assetto di un determinato ambito spaziale assumendo le sue caratteristiche peculiari. In tale contesto si definisce un LAND-USE e si realizze-ranno infrastrutture previa individuazione di uno sche-ma di mobilità (persone e merci) con un approccio tipico della tecnica dell’analisi degli scenari.

  4. TRASPORTI & TERRITORIO • Nella pianificazione si simulano delle previsioni condizionate a una realtà cui si vuole pervenire; in tale quadro il nostro interesse è limitato alla pianificazione dei trasporti di persone. • Il compito della pianificazione dei trasporti consiste nel progettare un sistema in grado di stimare la DOMANDA DI MOBILITÀ effettiva e potenziale conciliandola con l’assetto territoriale e con il sistema dell’offerta.

  5. LA PIANIFICAZIONE PUÒ ASSUMERE DIVERSE VALENZE • STRATEGICA - prevede interventi a lungo termine (10-20 anni) e infrastrutture (livello nazionale/internazionale); • TATTICA - ovvero con un obiettivo a breve/medio termine (livello regionale); • OPERATIVA - concretizza interventi sul sistema in tempi brevi.

  6. L’IMPIEGO DEI MODELLI Per effettuare la stima della domanda si ricorre all’impiego di modelli con cui approfondire il tema della mobilità in termini quantitativi e qualitativi istituendo una relazione matematica tra l’offerta di trasporto e le necessità di spostamento (domanda) I MODELLI SONO UNA RAPPRESENTAZIONE SCHEMATICA ED ESSENZIALE DELLA REALTÀ E COSTITUISCONO UNO STRUMENTO MEDIANTE IL QUALE ANALIZZARE MATEMATICAMENTE UN FENOMENO. STIMATA LA DOMANDA SI PROCEDE ALLA VERIFICA DEL FUNZIONAMENTO DEL SISTEMA DI TRASPORTO

  7. PASSI DELLA FASE MODELLISTICA FORMULAZIONE DEL MODELLO: tipologia, struttura, funzioni, variabili. CALIBRAZIONE: determinazione dei parametri che ottimizzano il modello rendendolo idoneo a rappresentare la realtà VALIDAZIONE: verifica del modello rispetto alla realtà

  8. PIANIFICAZIONE DEI TRASPORTI passi • Individuazione/delimitazione dell’area in studio; • Zonizzazione dell’area in studio; • Definizione dell’offerta del sistema di trasporti; • Verifica dell’interazione tra domanda e offerta con riferimento ai flussi di traffico sulla rete.

  9. AREA IN STUDIO E ZONIZZAZIONE • Individua l’area COME SISTEMA TERRITORIALE che sarà oggetto di modellazione. All’interno del suo confine (cordone) si presume che dovrà realizzarsi la maggior parte dei fenomeni riguardanti la mobilità. • La ZONIZZAZIONE consiste nella suddivisione in forma discreta dell’area in studio in areole/zone che esprimono il territorio e rappresentano le unità elementari minime cui riferire spazialmente il piano e costituiscono la scala di riferimento dei suoi obiettivi (ogni zona dispone di un centroide -baricentro)

  10. DISCRETIZZAZIONE DELL’AREA IN STUDIO

  11. ESEMPI DI ZONIZZAZIONE macro area micro area

  12. PROCEDURE DI ZONIZZAZIONE Non esiste una regola generale per effettuare la zonizzazione ma alcuni principi comuni cui attenersi: • fare combaciare le zone con gli elementi costitutivi del territorio nei suoi aspetti orografici e infrastrutturali; • restare entro i confini amministrativi del territorio; • definire zone omogenee secondo le rispettive specificità e il land -use; • tenere conto di eventuali zonizzazioni di studi precedenti; • limitare la dimensione delle zone considerando un possibile riaccorpamento futuro. Dal punto di vista operativo le zone si disegnano riunendo le particelle censuarie ISTAT.

  13. MATRICE ORIGINE/DESTINAZIONEsi riportano nelle righe e nelle colonne le varie zone e/o centroidi per evidenziare le tipologie di movimenti interessanti l’area in studio.

  14. LA MATRICE O/D VIENE ASSOCIATA AL GRAFO DELLA RETEper descrivere matematicamente i dati che saranno successivamente elaborati

  15. PERCHÉ I GRAFI Il GRAFO è uno strumento che permette di effettuare ottimizzazioni simulando una rete in cui i nodi rappresentano gli incroci o località significative (es.: fermate del trasporto pubblico) e gli archi le strade. Per descrivere un flusso di rete si procede assegnando un certo valore ai nodi ed un costo agli archi. In ordine ai costi si ricorre al concetto di : COSTO GENERALIZZATO

  16. COSTO GENERALIZZATO È il costo percepito dagli utenti per percorrere archi e nodi sul percorso O/D comprendente, oltre ai costi del veicolo (fissi e varia-bili) le eventuali tariffe di accesso e/o pedaggi, il valore del tempo totale di viaggio: CG ab =α1 VO . td2d + α2 T + α3 CV + α4 K +….. CG costo generalizzato VO valore unitario tempo T tariffe d’accesso e pedaggi CV costi variabili consumi etc.. K comfort …….. altro

  17. ULTERIORI INDAGINI POPOLAZIONE, ATTIVITÀ ECONOMICHE CONNESSE CON LA MOBILITÀ, MOTORIZZAZIONE, SISTEMI DI TRASPORTO PRESENTI. Attraverso indagini con interviste a campione (a domicilio, in fabbrica, al cordone..) riguardanti: • trasporti pubblici • veicoli commerciali • volumi di traffico • Parcheggi e domanda di sosta. Quindi si determinano

  18. SCHEMI DI MOVIMENTO INTERNI IN ENTRATA IN USCITA D’ATTRAVERSAMENTO

  19. MODELLI DI DOMANDA L’analisi della domanda utilizza i dati raccolti facendo ricorso a modelli che permettono di simulare le situazioni che si possono ipotizzare come relazione matematica tra la domanda e il sistema dei trasporti. Si impiegano modelli : • AGGREGATI • DISAGGREGATI La differenza tra le due metodiche riguarda il tipo di osservazione che, nel primo caso, prende in esame il comportamento/spostamento di un insieme di utenti che costituiscono un flusso mentre, nel secondo, considera il comportamento del singolo utente.

  20. MODELLI AGGREGATI Forniscono dati relativi a: • quanti spostamenti • verso quale destinazione • con quale mezzo • con quale percorso I l modello più usato e quello detto a quattro stadi che si attuano in sequenza: • Modelli di generazione/attrazione • Modelli di distribuzione • Modelli di ripartizione modale • Modelli di assegnazione

  21. MODELLO DI GENERAZIONE DEI MOVIMENTI Finalizzato a stimare i potenziali di generazione ed attrazione inerenti i motivi di spostamento per le zone in esame ovvero la quantità di viaggi in un dato periodo e fascia oraria. La generazione dei movimenti è influenzata da: dosh = ∑c no c . mc soh dosh - numero spostamenti dall’origine o con scopo s c - categoria di utenti no (c) - numero persone per categoria mc - indice di categoria

  22. MODELLI DI GENERAZIONE • Fattore di crescitaapplica a dati conosciuti (es. relativi al presente) tassi di crescita desunti da casi simili o da studi precedenti con tecnica probabilistica; • Regressione,dopo aver istituito una relazione tra gli spostamenti e i particolari soggetti che li effettuano, analizza i parametri per stabilire una relazione lineare; • Analisi per gruppi si propone di formare, sulla base di peculiarità osservate, gruppi omogenei (famiglie, imprese….)ipotizzando che generino uguali spostamenti per dati motivi; sui dati ottenuti si effettua un regressione.

  23. MODELLO DI DISTRIBUZIONE Consiste nella ripartizione spaziale degli spostamenti stimati nella fase precedente fra tutte le possibili destinazioni. A tale fase si applicano modelli: • gravitazionali che impiegano la formula della legge di gravitazione universale LA LEGGE DI GRAVITAZIONE UNIVERSALE AFFERMA CHE DUE CORPI SI ATTRAGGONO CON UNA FORZA DI INTENSITÀ DIRETTAMENTE PROPORZIONALE AL PRODOTTO DELLE LORO MASSE E INVERSAMENTE PROPORZIONALE AL QUADRATO DELLA LORO DISTANZA. Considerano gli spostamenti in funzione della popolazione, delle attività localizzate sul territorio e le relative distanze (es: zone molto popolate hanno una massa maggiore)

  24. MODELLO DI DISTRIBUZIONE (2) • a fattore di crescita in cui vengono applicati tassi di sviluppo alla situazione dei movimenti attuali per determinare i movimenti futuri. Fanno parte di questa metodica: • metodo dei fattori uniformi • metodo del fattore medio • metodo Fratar • metodo Detroit • modelli di entropia derivano dall’applicazione del secondo principio della termodinamica e sono finalizzati alla stima della probabilità di flussi di movimenti su un territorio delimitato in zone.

  25. TIPOLOGIE DI MOVIMENTI • Casa-lavoro • Casa-scuola • Aquisto di beni • Svago • Altri motivi Nella pianificazione formano oggetto di studio i movimenti sistemici ma occorre considerare che, con i nuovi stili di vita, si stanno affermando movimenti di tipo erratico anche per esigenze di spostamento ricorrenti .

  26. ASSEGNAZIONE Colloca i movimenti ad un determinato percorso evidenziando i flussi sugli archi utilizzati per gli spostamenti. Il modello presuppone la razionalità dell’utente che effettuerà la scelta dell’itinerario migliore sotto il profilo del tempo impiegato e/o del costo generalizzato. Tale modello simula l’interazione tra domanda e offerta e permette di stimare i flussi di utenti e le performances degli elementi che costituiscono il sistema offerta. Si impiegano modelli deterministici o stocastici.

  27. MODELLI DI ASSEGNAZIONE • modello DNL (Deterministic Network Loading): modello di assegnazione a costi costanti per reti non congestionate e utilità percepita di tipo deterministico; la distribuzione del traffico avviene secondo il principio di Wardrop (in condizioni di equilibrio nessun utente può ridurre il suo costo cambiando unilateralmente percorso) • modello SNL (Stochastic Network Loading): modello di assegnazione a costi costanti per reti non congestionate e utilità percepita di tipo stocastico; • modello DUE (Deterministic User Equilibrium): modello di assegnazione con flussi di domanda, di percorso e di arco congruenti con i relativi costi per reti congestionate e utilità percepita di tipo deterministico;

  28. MODELLI DI ASSEGNAZIONE (2) • modello SUE (Stocastic User Equilibrium): modello di assegnazione con flussi di domanda, di percorso e di arco congruenti con i relativi costi per reti congestionate e utilità percepita di tipo stocastico; • modello DDP (Deterministic Dynamic Process): modello di assegnazione con flussi di domanda, di percorso e di arco incongruenti con i relativi costi per reti congestionate e utilità percepita di tipo deterministico; • modello SDP (Stocastic Dynamic Process):modello di assegnazione con flussi di domanda, di percorso e di arco incongruenti con i relativi costi per reti congestionate e utilità percepita di tipo stocastico. Fonte Ing. F. Crocco UNICAL

  29. MODAL SPLIT(scelta modale) Consiste nella valutazione di quanti viaggi verranno effettuati con i diversi modi di trasporto per ogni origine/destinazione rilevando anche le caratteristiche: • del viaggio; • dei viaggiatori; • del sistema dei trasporti.

  30. MODAL SPLIT (2) In questa fase si stima la scelta del modo di trasporto nelle varie relazioni O/D facendo ricorso a modelli comportamentali che derivano dalla teoria dell’utilità aleatoria e simulano la scelta di un decisore razionale ossia un consumatore che massimizza la sua utilità minimizzando il costo generalizzato, il tempo e massimizzando la sicurezza, il comfort, questi modelli Questi modelli rivestono particolare interesse in quanto i flussi di domanda non sono altro che la sommatoria delle schede di domanda individuale

  31. FUNZIONE MODELLI COMPORTAMENTALI DEL MODAL SPLIT • fare o meno lo spostamento; • per un certo motivo; • in una fascia oraria; • con una destinazione; • utilizzando quale percorso; • con quale mezzo.

  32. IL PROGETTO DI PIANIFICAZIONE (fasi) • Studio di prefattibilità; • Studio di fattibilità; • Proposta di piano.

  33. MODELLI DI UTILITÀ ALEATORIA (disaggregati) Simulano i comportamenti di scelta di un decisore razionale ossia un individuo che massimizza la sua utilità. (Domencich e Mc Fadden – Nobel per l’economia 2000) Sono utili perché i flussi di domanda risultano dall’aggregazione di scelte individuali : (diverse dimensioni di scelta) • fare o meno uno spostamento • per un certo motivo • verso quale destinazione • con quale modo • utilizzando quale percorso

  34. MODELLI DI SCELTA DISCRETA BASATI SULLA TEORIA DELL’UTILITÀ ALEATORIA • utilità sistematica e attributi • logit multinomiale • logit gerarchizzato • probit e metodo Monte Carlo

  35. IPOTESI ED ELEMENTI COSTITUTIVI Si assume che il generico individuo • considera un numero finito di alternative j disponibili, j = 1, …, n • che costituiscono il suo insieme di scelta J • associa a ciascuna alternativa una utilità percepita Uj • sceglie una alternativa di massima utilità • l’utilità percepita Uj non è nota con certezza all’analista e viene pertanto rappresentata con una variabile aleatoria • Uj = Vj + εj • Vj = E[Uj] utilità sistematica, media dell’utilità percepita • εj residuo aleatorio, scarto rispetto alla media • ciascuna alternativa jJ avrà una certa probabilità Pj di risultare quella con la massima utilità e quindi di essere scelta dal decisore • Pj = Pr[Uj Uk ,kJ ] • soddisfazione, o utilità inclusiva • W = E[max{Uj : jJ }] media del massimo delle utilità percepite

  36. INPUT E OUTPUT DEL MODELLO • input • insieme di scelte • valori delle utilità sistematiche • distribuzione congiunta dei residui aleatori • output • probabilità di scelta di ogni alternativa • soddisfazione

  37. Distribuzione dei residui aleatori • i diversi modelli di utilità aleatoria differiscono per la funzione densità di probabilità congiunta dei residui aleatori φ(ε) • φ : n  ++ , continua • la caratteristica fondamentale della φ(ε) è la matrice di varianza-covarianza  dei residui aleatori, che nel seguito si assume • si assume definita positiva e quindi • non singolare (nessuna coppia di residui aleatori è perfettamente correlata) • varianza σjj2 finita e non nulla • covarianza σjk anche nulla • correlazione ρjk = σjk / (σjj2 σkk2)0.5 (-1,1)

  38. PROBABILITÀ E SODDISFAZIONE • probabilità di scelta della generica alternativa jJ • integrale della funzione densità di probabilità congiunta dei residui aleatori esteso a Ej(V) • Ej(V) dominio (porzione dello spazio dei residui aleatori) dove Uj risulta massima • soddisfazione • sommatoria di integrali simili

  39. PROPRIETÀ MATEMATICHE • mappa delle scelte P(V) • P è differenziabile e strettamente positiva • () è indipendente da V, il modello è detto invariante perché le probabilità non variano se si aggiunge o si sottrae una costante a tutte le utilità sistematiche • Pj(V+h1) = Pj(V) • W(V+h1) = W(V)+h • P è monotona non decrescente • soddisfazione W(V) • P(V)TV  max(V) < W(V) • W è convessa e differenziabile • per modelli invarianti • W(V) = P • W è due volte differenziabile

  40. UTILITÀ SISTEMATICA • l’utilità sistematica Vj dipende da una serie di attributi • dell’alternativa • del decisore • si assume che Vj sia una funzione lineare negli attributi • xk valore dell’attributo k, k = 1, …, NK • βp valore del parametro pdel modello, p = 1, …, NP • K(p, j)attributo per cui è moltiplicato il parametro p nell’utilità Vj • il termine noto è dato da un coefficiente specifico dell’alternativa, detto CSA, associato ad un attributo fittizio, detto ASA, che vale 1 per l’alternativa stessa e 0 per le altre alternative • il valore degli attributi x è un dato di input • il valore (medio) dei coefficienti β va stimato mediante la calibrazione del modello, ma in applicazione è già noto

  41. MODELLI INVARIANTI IN CALIBRAZIONE • per non avere una indeterminazione nelle CSA in fase di calibrazione esse vengono introdotte per tutte le alternative eccetto una • solitamente si sceglie come unità di misura dell’utilità quella di uno degli attributi; in questo caso il relativo coefficiente si pone uguale ad 1

  42. CLASSIFICAZIONE DEGLI ATTRIBUTI • livello di servizio • tempi • costi • comfort • sistema delle attività • numero di addetti • numero di abitanti • numero di negozi • numero di scuole • varianza addetti • socio-economici • età • professione • sesso • reddito • mezzi disponibili

  43. NON LINEARITÀ NEGLI ATTRIBUTI L’utilità sistematica è funzione lineare degli attributi per consentire al modello di esprimere una presunta non linearità rispetto ad uno specifico attributo • se abbiamo una aspettativa sulla forma funzionale dell’utilità possiamo trasformare l’attributo coerentemente • altrimenti utilizziamo le variabili ombra • individuiamo delle categorie per l’attributo definendone intervalli • introduciamo tanti nuovi attributi quante sono le categorie • ciascuno, detto variabile ombra o dummy, vale 1 se l’attributo originale appartiene alla relativa categoria, e 0 altrimenti • otteniamo una funzione di utilità costante a tratti nell’attributo originale • poiché il modello è invariante, per una categoria a scelta non devo introdurre alcuna dummy • allo stesso modo vengono trattati tutti gli attributi intrinsecamente non quantitativi ma qualitativi

  44. FONTI DELL’ALEATORIETÀ • errori di misura degli attributi da parte dell’analista • attributi omessi • presenza di attributi proxi • errori di valutazione degli attributi da parte del decisore • dispersione tra gli individui che vengono aggregati

  45. LOGIT MULTINOMIALE • i residui aleatori sono • indipendentemente ed • identicamente distribuiti (i.i.d.) • secondo una variabile di Gumbel con media nulla e parametro θ • la varianza del residuo è σ2 = π2θ2 / 6, e quindi la matrice di varianza-covarianza è σ2 per la matrice identità • la variabile di Gumbel gode della proprietà di stabilità rispetto alla massimizzazione • il massimo di variabili di Gumbel indipendenti con diversa media ma uguale parametro (che è esso stesso una variabile aleatoria) è ancora una gumbel di uguale parametro

  46. PREGI E DIFETTI DEL LOGIT Il bello del logit è che è possibile esprimere in forma chiusa • la probabilità di scelta della generica alternativa jJ come Pj = exp(Vj / θ) / ΣkJ exp(Vk / θ) • la soddisfazione attraverso la “logsum” cioè W = θ  ln ΣkJ exp(Vk / θ) il brutto del logit è l’indipendenza delle alternative irrilevanti, che porta ad attribuire un eccesso di probabilità a quelle alternative che nella realtà sono correlate in termini di utilità • paradosso nella scelta tra tre percorsi, due dei quali hanno una parte in comune grafico della probabilità di un modello binomiale in funzione della differenza delle utilità sistematiche parametrizzato su θ • al tendere di θ a zero il modello tende a diventare deterministico (viene scelta l’alternativa migliore con probabilità 1 • al crescere di θ le alternative tendono a diventare equiprobabili

  47. LOGIT GERARCHIZZATO • i residui aleatori sono correlati a gruppi • in particolare il residuo aleatorio εj della generica alternativa j si scompone nella somma di due variabili aleatorie a media nulla • ηk relativa al gruppo k cui appartiene j • τj/k relativa alla singola alternativa j • si assume inoltre che • le τj/k relative ad uno stesso gruppo k siano Gumble i.i.d con parametro θk • tutte le ηk e le τj/k siano indipendenti tra loro • la somma di ηk e di τj/k per i diversi gruppi siano Gumble i.i.d con parametro θ0 θk • poiché la somma di due Gumble indipendenti non è distribuita come una Gumble, le ηk non sono Gumble esse stesse ma tali che sommate ad una Gumble diano una Gumble

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