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VII INCONTRO PROGETTO MEDITERRANEO

VII INCONTRO PROGETTO MEDITERRANEO. Il ruolo della donna migrante all’interno della famiglia nel nuovo contesto multiculturale, nell’area del Mediterraneo.

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VII INCONTRO PROGETTO MEDITERRANEO

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Presentation Transcript


  1. VII INCONTRO PROGETTO MEDITERRANEO

  2. Il ruolo della donna migrante all’interno della famiglia nel nuovo contesto multiculturale, nell’area del Mediterraneo.

  3. La migrazione familiare, nei casi più frequenti, è un processo dinamico a tre stadi, che alcuni hanno descritto nei termini delle “tre famiglie”. La prima famiglia è quella che vive insieme nel Paese di origine e che deve affrontare la prova della separazione; la seconda è quella che vive il tempo della lontananza e dei legami affettivi a distanza; la terza è la famiglia ricongiunta. Siamo di fronte dunque ad una famiglia ferita, spaccata, e finalmente ricomposta. Indubbiamente diversa da quella iniziale, non solo perché il tempo ha fatto la sua parte, ma perché è cambiato il migrante, è cambiato il coniuge rimasto in Patria, sono cambiati gli equilibri all’interno e all’esterno della coppia, sono cambiati i figli che nel frattempo sono cresciuti.2 Parlare della famiglia nello spazio-tempo della migrazione significa verbalizzare l’assenza, il mancamento, le trasgressioni alle norme su cui si basa. Non è nuova nella storia delle migrazioni la figura delle famiglie transnazionali. Ma diversamente dal passato ha sempre più preso rilievo il fenomeno della partenza di donne, che nella strategia dell’investimento delle risorse familiari e nella richiesta del mercato del lavoro, si staccano dalla famiglia, rovesciano i tradizionali ruoli relazionali con la figura maschile, affidano i loro figli alle cure di sorelle, figlie maggiori, nonne, cercando di esercitare la genitorialità a distanza. In tali dinamiche, vanno evidenziati tre aspetti che incidono nella vita familiare e nell’educazione dei figli. Anzitutto il ricongiungimento avviene spesso con ruoli rovesciati, in cui la donna ricopre il ruolo di protagonista, mentre l’uomo-marito-padre smarrisce il proprio ruolo e si colloca con minor autorevolezza e prestigio all’interno della famiglia. Il secondo nodo problematico è rappresentato dai tempi lunghi per realizzare il ricongiungimento familiare. Una ricerca sulla prima città italiana per numero di immigrati, Milano, ha mostrato che la metà degli immigrati ha impiegato più di sette anni per il ricongiungimento dell’intero nucleo familiare. Fondamentalmente perché la normativa italiana riguardante l’immigrazione, in linea con quella europea, stabilisce dei requisiti rigidi per quanto riguarda il reddito e l’alloggio, ingenerando la sottomissione di un diritto fondamentale a requisiti economici. Terzo aspetto che ne deriva è la dolorosa realtà dei “ricongiungimenti a rate”, specie con i figli. Uso il termine “a rate” per un riferimento economico legato alla disponibilità di un reddito adeguato per il ricongiungimento in Italia. La normativa italiana, infatti, pone tra i requisiti necessari un reddito annuo non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale per ricongiungere un solo familiare, al doppio dell’importo annuo per ricongiungere due o tre familiari, il triplo per quattro o più familiari. Per questo si sceglie di ricongiungere prima i figli che più si avvicinano alla maggiore età, 18 anni, perché le condizioni materiali per l’esercizio del diritto all’unità familiare è limitato ai membri della famiglia nucleare, cioè il coniuge ed i figli minori. Introduzione: La prima caratteristica della famiglia che lascia il proprio paese è che raramente emigra tutta insieme. Chi è partito per prima si sente responsabile di quanti sono rimasti. La famiglia migrante sperimenta quindi il trauma molto doloroso della separazione forzata, e questo fato inside in modo importante sugli sviluppi futuri dei rapporti tra i suoi membri. Il genitore che rimane con i figli deve farsi carico dei compiti educativi di chi è partito, in un ruolo di supplenza non sempre facile e gli esiti sono spesso infelice. A volte quando entrambi i genitori partano insieme i figli non riescono portare tutti i figli e sono costretti a lascarne alcuni al paese, presso i nonni o altri parenti.

  4. LA DONNA NELLA FAMIGLIA IMMIGRATA L’organizzazione familiare in un contesto culturale profondamente diverso da quello di provenienza, nel quale tuttavia s’inseriscono progressivamente gli altri componenti della famiglia, attraverso la scuola e il lavoro, delega alle donne il compito di mantenere, nel privato, modelli di comportamento propri della cultura e della religione del paese d’origine». Abbiamo osservato che,nella nostra realtà di Reggio Calabria veramente la donna speso diventa responsabile dell’educazione dei figli, assume il ruolo di capofamiglia.

  5. Famiglia Marocchina Nel matrimonio Islamico, sono assegnati i ruoli familiari a ciascuno dei due contraenti: il marito ha, per volere di Dio, l’autorità sulla famiglia, è il capofamiglia e provvede da solo al sostentamento di essa. I figli appartengono a lui e su di loro esercita il diritto di tutela, determinandone l’educazione, la religione e il domicilio. Abbiamo osservato che la migrazione, spesso, può cementare, ridefinire o disarticolare questo modello de famiglia. Cambia il ruolo de capofamiglia e della donna. Se devono adattare i modelli educativi dei figli, le modalità di trasmissione della cultura, le pratiche religiose. Cambiano i modelli di coppia la donna diventa responsabile dell’educazione dei figli, assume il ruolo di capofamiglia.

  6. LA DONNA ED I MINORI SONO LA PARTE PIÙ DEBOLE E PIÙ ESPOSTA SU CUI RICADONO LE CONTRADDIZIONI DI UNO SRADICAMENTO FORZATO Vediamo che le donne che emigrano da sole, quando promuovono il ricongiungimento familiare, si trovano spesso ad assumere i molteplici ruoli, di moglie, madre e lavoratrice. Questi ruoli vengono vissuti in distinti contesti:

  7. L’esperienza quotidiana di gran parte delle donne marocchine intervistate si snoda in una continua interazione tra attività svolte nell’ambiente domestico ed extradomestico. Innanzitutto, quasi tutte lavorano, o sono alla ricerca di un impiego. Per capire le dinamiche che avvengono nelle famiglie in emigrazione, occorre tenere presente che spesso si tratta di nuclei in transizione verso il modello occidentale da un lato, ma ancora legate ai modelli culturali della società d’origine

  8. Famiglia Ucraina A maggior parte delle madri ucraine hanno lasciato figli in patria: apprendono che crescono per telefono o dalle foto. Secondo le ultime stime del ministero della Famiglia dell’Ucraina, nel Paese vivono circa 200mila minori con almeno uno dei genitori all’estero. Ed è quasi sempre la madre a partire. Nelle antiche civiltà slave, la donna ha sempre avuto una presenza determinante nella vita economica del gruppo. La semina e la raccolta di cereali, alimento principale delle antiche popolazioni slave, era compito esclusivamente femminile

  9. E’ l’investitura familiare di chi emigra a rendere obbligatorio il tentativo di mantenere i rapporti con chi è rimasto al paese d’origine. La continuità e la forza del legame familiare sono rappresentati dall’invio di aiuti economici che contribuiscono al benessere della famiglia residua rimasta al paese d’origine. Il denaro inviato ha però un altro valore. Esso possiede una forte connotazione “riparativa” dal momento che consente di elaborare i sensi di colpa per l’abbandono forzato della famiglia. A livello simbolico, esso contribuisce a ristabilire l’unità familiare duramente messa alla prova dalle separazioni.

  10. Famiglie filippine Sono stati tra i primi ad arrivare in Italia. Lavorano molto e con tanta discrezione, sono molto uniti e considerati l'"eccellenza"" tra colf e  badanti. I filippini rappresentano une delle comunità di migranti più numerose e meglio integrate - almeno in apparenza – costituita principalmente da donne Sono soprattutto le donne a vivere sulla propria pelle il peso della lontananza da figli e mariti, che spesso si lasciano quando sono molto piccoli e con cui l'unico legame rimane molte volte quello delle rimesse e dei beni materiali inviati alle famiglie. Il 10% della popolazione filippina vive all'estero, e ogni giorno circa 3000 persone abbandonano il loro Paese in cerca di un futuro migliore. Il 70% di questi migranti è donna. Per capire l'impatto del fenomeno dalle dimensioni quasi bibliche, basti pensare che le Filippine sono il quarto paese a livello globale per entità delle rimesse. Soldi che però costano molto caro, sia a chi li invia che a chi li riceve. Ricerca della Ong filippina Atikha

  11. Ogni famiglia cerca di conservare non solo le tradizioni, ma anche la madre lingua. I nostri bambini nati e cresciuti in Italia e quelli che sono venuti qua ad un'età non superiore ai 10 anni corrono il rischio di dimenticare la madrelingua. Quindi il compito importante di noi genitori è quello di conservare l'ucraino e insegnarlo ai nostri figli.(Iana Ucraina)

  12. Diceva il Beato Scalabrini già alla fine del 1800, di tutti i popoli un sol popolo, di tutte le famiglie una sola famiglia», e per far sentire a tutti che «nessuno è senza famiglia in questo mondo; la Chiesa è casa e famiglia per tutti, specialmente per quanti sono “affranti ed oppressi”». Questo «mediante interventi capaci di creare convergenze che non annullino le identità, ma al contrario valorizzino le diverse appartenenze e radici

  13. Oração da familia Pe.Zezinho

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