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II MODULO

LINGUAGGIO E COMUNICAZIONE. II MODULO. LINGUAGGIO E COMUNICAZIONE. LINGUAGGIO: sistema simbolico di comunicazione; facoltà di comunicare simbolicamente; capacità cognitiva che ci permette di usare una lingua COMUNICAZIONE:

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Presentation Transcript


  1. LINGUAGGIO E COMUNICAZIONE II MODULO

  2. LINGUAGGIO E COMUNICAZIONE LINGUAGGIO: sistema simbolico di comunicazione; facoltà di comunicare simbolicamente; capacità cognitiva che ci permette di usare una lingua COMUNICAZIONE: fitta rete di scambi di informazioni e di relazioni sociali che coinvolgono ogni essere vivente nella vita quotidiana

  3. LINGUAGGIO VERBALE NON VERBALE SuoniGesti Parole Espressione del volto Frasi Sguardo Racconti Prossemica Descrizioni Silenzio Narrazioni Aspetti prosodici Domande Pause Emozioni sguardi gestii Parole motswords

  4. Le proprietà del linguaggio • Referenzialità o semanticità • Arbitrarietà • Trasmissione per tradizione • Convenzionalità • Categorizzazione • Distanziamento • Non direzionalità • Relazionalità • Dualità • Produttività o creatività • Organizzazione e modificabilità • Rapida evanescenza • Oggettivabilità • Autoreferenzialità

  5. IL LINGUAGGIO:ASPETTI STRUTTURALI PRODUZIONE COMPRENSIONE ASPETTI FONEMICI REGOLE FONOLOGICHE LIVELLO SEMANTICO O CONCETTUALE LESSICO MORFO-SINTASSI

  6. IL LINGUAGGIO:ASPETTI FUNZIONALI FUNZIONE COMUNICATIVA e CONVERSAZIONALE FUNZIONE PRAGMATICA -ATTO COMUNICATIVO- FUNZIONE NARRATIVA

  7. IL LINGUAGGIO:ASPETTI FUNZIONALI LA FUNZIONE PRAGMATICA SI RIFERISCE ALL’USO CONCRETO DEL LINGUAGGIO NELLA VITA QUOTIDIANA. IN QUESTO MODO IL LINGUAGGIO DIVENTA AZIONE, CIOE’ ATTO COMUNICATIVO

  8. Esempi di funzione pragmatica • Negoziazione dell’attenzione (“guarda!”) • Espressione di emozioni (“sono felice” “mi rendi triste”) • Marcatura di eventi (“ecco fatto!” “a presto”) • Drammatizzazione nello svolgersi di un gioco (“la mamma ti prepara la pappa”) • Discussione, conversazione (“non sono d’accordo”) • Negoziazione dell’azione (“mi potresti dire”; “potremmo andare…”) • Chiarificazione (“perché usi quel tono?”) Fonte: Ninio e Snow (1999)

  9. IL LINGUAGGIO:ASPETTI FUNZIONALI LA FUNZIONE NARRATIVA SI RIFERISCE AL “RACCONTARE”, CIOE’ ALL’UTILIZZO DEL LINGUAGGIO PER RIVIVERE LE PROPRIE ESPERIENZE: EVENTI, EMOZIONI, PENSIERI.. IN QUESTO MODO IL LINGUAGGIO AIUTA A CONOSCERE LA PROPRIA STORIA E AD ORGANIZZARE IL SISTEMA DEL SE’

  10. Esempi di funzione narrativa • Monologhi di Emily (Nelson, 1989) • Picture book reading (Brittoet al., 2002) • Reminiscing (Fivush, 2007)

  11. Funzione sociale e culturale • Sia la funzione pragmatica sia quella narrativa sottolineano gli aspetti sociali e culturali del linguaggio. • La funzione pragmatica aiuta a strutturare le relazioni • La funzione narrativa aiuta a strutturare il Sé (memoria autobiografica)

  12. Come si sviluppa il linguaggio? SISTEMA LINGUISTICO (ASPETTI FORMALI) CONTESTO CULTURA CONOSCENZE (SISTEMA COGNITIVO)

  13. Teorie innatiste “forti” SISTEMA LINGUISTICO (ASPETTI FORMALI) CONTESTO AMBIENTE CONOSCENZE (SISTEMA COGNITIVO) Alcuni riferimenti: Chomsky; Fodor, Idea di Bambino: prederminato dagli aspetti genetici e biologici Parole-chiave: LAD, dominio-specificità, modulo

  14. Teorie ambientaliste “forti” SISTEMA LINGUISTICO (ASPETTI FORMALI) CONTESTO AMBIENTE Non considerato CONOSCENZE (SISTEMA COGNITIVO) Alcuni riferimenti: Skinner, comportamentisti Idea di Bambino: vaso vuoto Parole chiave: comportamento, ambiente

  15. I modelli interazionisti sociocostruzionisti CONTESTO CULTURA SISTEMA LINGUISTICO (ASPETTI FORMALI) CONOSCENZE (SISTEMA COGNITIVO) Alcuni riferimenti: Vygotskij, Bruner, Ninio, Scuola di Palo Alto Idea di Bambino: attivo, socialmente co-costruito Parole-chiave: cultura, interazioni sociali interiorizzate, facilitatori sociali, format, primato degli aspetti pragmatici, aspetti interpretativi, atto comunicativo

  16. Tappe del primo sviluppo linguistico dai 6-7 mesi lallazione canonica dai 9-10 mesi lallazione variata Inizia la comprensione di parole SVILUPPO PREVERBALE • Intelligenza senso-motoria (percezione e azione) • Intenzionalità comunicativa • Azioni mezzi-fini • Gesti deittici • Attenzione congiunta PRIME PAROLE Gesti referenziali Sviluppo motorio, capacità di esplorazione Intersoggettività secondaria Permanenza dell’oggetto 10-12 mesi, parole come associazione suono-significato (proto-parole)

  17. Tappe del primo sviluppo linguistico • 18-20 mesi, grande aumento della produzione • Parole referenziali • Utilizzo di funtori, aumento dei verbi e aggettivi • Olofrase ESPLOSIONE DEL VOCABOLARIO • Capacità rappresentative (funzione semiotica) • Gioco simbolico • Sviluppo di atti comunicativi PRIME COMBINAZIONI • Aumento atti comunicativi • Miglioramento attenzione selettiva e sostenuta • Memoria • Forme transizionali • Forme combinatorie vere e proprie

  18. Differenze individuali: Anna e Arianna a 20 e 24 mesi

  19. Differenze individuali nello sviluppo del linguaggio bambini referenziali orientati verso oggetti lessico costituito da nomi bambini espressivi orientati verso la socialità e l’espressione dei propri sentimenti lessico costituito da espressioni sociali stereotipati più rapidi nello sviluppo sintattico

  20. Tappe dello sviluppo linguistico 4 ANNI • Completamento dell’inventario fonetico • Miglioramento delle strutture morfo-sintattiche • Teoria della mente 6-7 ANNI • Capacità narrative • Capacità conversazionali • Atti comunicativi complessi • Miglioramento degli aspetti strutturali (regole grammaticali)

  21. La capacità conversazionale • Impara ad aprire la conversazione e a stare in tema con l’adulto • Impara ad adattare lo stile conversazionale alla persona • Conversa solo sul qui ed ora DAI 24 MESI DAI 4-5 ANNI • Diventa più flessibile • Conversa anche sul passato e sul futuro Fonte: Chapman (2000)

  22. La capacità narrativa • Implica abilità complesse dal punto di vista pragmatico e cognitivo • Comprende script, eventi personali, eventi di fantasia • Prerequisiti: atti comunicativi (discussione di eventi, mantenimento del topic dell’interlocutore)

  23. Lo sviluppo delle capacità narrative • Accumulo non organizzato (storie senza tema centrale) • Sequenza (descrizione con tema centrale) • Narrazione primitiva (contiene inizio, tema centrale, conseguenze) • Catena (contiene inizio, tema centrale, conseguenze, finale repentino) • Vera Narrazione (con finale come risoluzione del problema) Fonte: Paul et al. (1996)

  24. MEMORIA AUTOBIOGRAFICA, NARRAZIONE E SVILUPPO DEL SE’ Sin dalla più tenera età, il bambino tende a raccontare a sé, grazie al linguaggio, tutti gli eventi accaduti a lui stesso o ad altri, di cui ha avuto esperienza, cercando di organizzarli e di attribuirvi un significato, e di collocarli all’interno del sistema simbolico e culturale di appartenenza (Bruner). Il prodotto che ne deriva è la memoria autobiografica. I processi implicati (raccontare- organizzare- dare significato) nel loro insieme costituiscono la narrazione.

  25. MEMORIA AUTOBIOGRAFICA, NARRAZIONE E SVILUPPO DEL SE’ La narrazione implica il passaggio da un linguaggio “interno” (per sé) ad uno “esterno” (per gli altri) (Smorti, 2007): Linguaggio interno: è una sorta di dialogo con se stessi, non soggiace a nessun tipo di vincolo, è caratterizzato dal dominio del tutto sulla parte, del senso sul significato, non è articolato in modo sintattico e fonetico, ma è piuttosto contratto e basato su riferimenti contestuali e significati impliciti. Linguaggio esterno: è vincolato dalle regole fonetiche, sintattiche e culturali che impongono che il linguaggio si adatti al contesto e allo scopo, e dalla necessità di rispettare le regole convenzionali del racconto, che rendono la narrazione comprensibile agli altri, coerente e dotata di senso.

  26. MEMORIA AUTOBIOGRAFICA, NARRAZIONE E SVILUPPO DEL SE’ Smorti utilizza la metafora dell’imbuto con un filtro: Nel passaggio dal linguaggio interiore a quello esterno, è come se ogni parola o pensiero dovesse passare attraverso il filtro degli strumenti della cultura e dell’appartenenza sociale: si verifica un vero e proprio processo di selezione e di riorganizzazione degli eventi presenti nella memoria autobiografica, che conduce ad un modo diverso, cioè più culturale e sociale, di dare significato alle proprie esperienze e quindi di definire la propria identità personale. Quindi, attraverso la narrazione l‘individuo costruisce il Sé e lo rende comprensibile e conoscibile agli altri.

  27. MEMORIA AUTOBIOGRAFICA, NARRAZIONE E SVILUPPO DEL SE’ Attraverso le conversazioni e gli stili di conduzione di queste, i genitori favoriscono modalità più o meno complesse ed elaborate di narrazione autobiografica. Gli studi sul “reminiscing” (Fivushet al., anni 2000) hanno individuato due stili materni caratteristici, correlati a competenze narrative nei bambini: • Stile “elaborativo” : ampie descrizioni, maggior numero di dettagli e particolari (favorisce nel bambino, anche a lungo termine, una maggiore competenza ed autonomia nel ricordare gli eventi del proprio passato e nello strutturarli in sequenze narrative più complesse). • Stile “ripetitivo” : modalità tipo “domanda-risposta”, finalizzato non tanto ad estendere ed ampliare le capacità del bambino nel ricordare, bensì a testarle o verificarle (favorisce narrazioni più semplificate).

  28. MEMORIA AUTOBIOGRAFICA, NARRAZIONE E SVILUPPO DEL SE’ DIFFERENZE DIGENERE… (Fivush, Brotman, Buckner, Goodman, 2000; Fivush, Buckner, 2003) Sia le madri sia i padri mostrano differenze tra maschi e femmine: • Con le figlie: stile più elaborativo e ad alto contenuto emotivo e strutture narrative di tipo socio-relazionale • Con i figli maschi: stile più ripetitivo, minor riferimento alle emozioni (tranne alla rabbia) e strutture narrative più “autonome” (centrate su oggetti e eventi) …EDI CULTURA (Markus e Kitayama, 1991, 2001; Wang, 2004) Cultura occidentale (nordamericana ed europea): conversazioni tra adulto e bambino che stimolano a focalizzarsi su di sé, a parlare delle proprie esperienze, a soffermarsi sui particolari e a fornire descrizioni dettagliate (favorisce un Sé indipendente, definito e rappresentato come unico e differenziato) Cultura orientale (giapponese e cinese): le conversazioni attribuiscono meno importanza al ricordo di eventi individuali, focalizzandosi sulla comunità nel suo complesso, e sottolineando emozioni o stati interni connessi alle relazioni con gli altri e alla vita di gruppo. (favorisce nel bambino la costruzione di un “Sé interdipendente”, definito e rappresentato rispetto agli altri)

  29. Il linguaggio rivolto al bambino Studi sul madrese (pochi studi sul padrese, nessuno studio sul contesto extrafamigliare) • semplificazione grammaticale • vocabolario ristretto • intonazione alta (spesso esagerata) • ridondanza • ritmo lento • largo uso della referenza

  30. Lo stile comunicativo tutoriale • Conferma del successo, complimenti incoraggiamenti • Aiuto ad elaborare l’argomento • Imitazione più espansione • Denominazione contingente • Descrizione semplice contingente • Descrizione complessa

  31. Lo stile comunicativo asincronico/svalutativo • Comportamento intrusivo non contingente • Cambiamento di focus • Risposta mancata • Disconferma verbale

  32. Stile controllante • Diretto: controllo dell’azione e attenzione del bambino attraverso il linguaggio e l’azione (ordini, istruzioni, imperativi, domande chiuse) • Modulato:controllo in modo indiretto e cortese (suggerimenti e verbi al condizionale)

  33. Stili genitoriali e sviluppo del linguaggio (Majorano,2007) • Lo stile tutoriale favorisce lo sviluppo del linguaggio (ampiezza del vocabolario) • Lo stile controllante è correlato a ritardo linguistico

  34. Parlare a bambini con problemi di sviluppo I genitori con bambini in difficoltà sono più direttivi e meno responsivi, più centrati sulla comunicazione verbale e poco su quella non verbale

  35. Il linguaggio dei genitori di bambini con problemi di linguaggio • Usano meno parole, espansioni esempi, frasi comprensibili e complete • Differenze nella sintassi (meno domande aperte) • Parlano più velocemente • Linguaggio con minore complessità concettuale • Sono meno sintonizzati sulle produzioni del bambino

  36. I disturbi del linguaggio in età evolutiva • Disturbi di linguaggio secondari: difficoltà linguistiche manifestate in associazione con altre condizioni patologiche (deficit neuromotori, sensoriali, cognitivi e relazionali). • Disturbi primitivi o “specifici”: ritardi o disordini del linguaggio “relativamente puri” in cui non sono identificabili fattori causali noti (Vicari e Caselli, 2001)

  37. Disturbi specifici del linguaggio • Insieme di quadri sindromici caratterizzati da un ritardo o disordine in uno o più ambiti dello sviluppo linguistico, in assenza di deficit cognitivi, sensoriali, motori, affettivi e di importanti carenze socioambientali. • I bambini con DSL presentano difficoltà di vario grado nella comprensione, produzione e uso del linguaggio, in una o in tutte le componenti linguistiche (fonologia, sintassi, semantica e pragmatica) ed una evoluzione nel tempo che varia in rapporto alla gravità e persistenza del disturbo linguistico

  38. Epidemiologia Dati di Stella e Marini (2000) STUDIO A : • Soggetti: 274 bambini di età compresa tra 4 anni e 4 anni e 3 mesi, provincia di Mantova. • Protocollo: 1) Prove per il versante recettivo: PPVT-R (Stella et a l., 2000); Prova di comprensione linguistica (Rustioni, 1994) ; 2) Prove per il versante espressivo: Ripetizione di parole (Test di Fanzago), prova di ripetizione di frasi (Vender et al., 1991).Risultati: bambini con disturbo espressivo 17 soggetti (6,2%); bambini con disturbo recettivo 8 soggetti (2,9%).; bambini con disturbo misto 6 soggetti (2,2%).

  39. Epidemiologia STUDIO B: • Soggetti: indagine epidemiologica condotta nelle scuole materne del comune di Bologna; 1183 bambini di età compresa tra 5 anni e 5.11 anni. • Procedura: come il precedente • Risultati: Bambini con disturbo espressivo (6,2%; bambini con disturbo recettivo 2,9%; bambini con disturbo misto 2,2%.

  40. Problemi metodologici • Ampia variabilità interindividuale nei tempi e nei modi di apprendimento tipica dell’acquisizione normale • Natura della funzione implicata: il linguaggio non è una capacità unitaria, ma piuttosto un insieme di abilità che possono risultare ritardate o deficitarie secondo diverse linee o dimensioni dello sviluppo

  41. Problema di diagnosi • La distinzione più spesso utilizzata si basa sul carattere transitorio o stabile del disturbo (criterio retrospettivo). • Problema: i pochi dati longitudinali esistenti evidenziano che un disturbo ad una certa età può andare incontro a trasformazioni e dar vita ad un quadro diagnostico diverso.

  42. Fattori diagnostici • Età • gravità della patologia iniziale • possibilità di usufruire di una terapia logopedica appropriata

  43. Predittività • Necessità di disporre di indici predittivi e di criteri precisi per l’inquadramento diagnostico che permettano di differenziare tra disturbo persistente e disturbo transitorio.

  44. Le ricerche sui “late-talkers” • Bambini nei quali la comparsa del linguaggio è ritardata e che presentano un vocabolario espressivo inferiore al 10° percentile a 24 mesi e/o assenza di linguaggio combinatorio a 30 mesi. • Spesso trascurato e trattato come un disturbo transitorio a prognosi favorevole • Studi recenti mostrano che il ritardo di linguaggio può celare problemi clinici di natura diversa (sensomotori, cognitivi e relazionali)

  45. Indicatori diagnostici e prognostici precoci • Orsolini (2000): importanza dello studio del babblingprelinguistico. Le produzioni sarebbero infatti caratterizzate da un’immaturità nella struttura sillabica delle lallazioni e da un inventario fonetico limitato. Il livello fonologico a due anni sarebbe inoltre un fattore altamente predittivo dello sviluppo lessicale successivo. • Roberts e collaboratori (1998): il livello fonologico tra 24 e 30 mesi è predittivo del successivo sviluppo lessicale ma non grammaticale. • Goodyer (2000): fattori extralinguistici di rischio: familiarità, sesso (netta prevalenza nei maschi), otiti ricorrenti nel primo anno di vita, disordini emotivi, comportamentali e attenzionali.

  46. Indicatori diagnostici e prognostici precoci • Bortolini (2002): il babbling condivide con il linguaggio l’aspetto temporale (attività ritmica ripetitiva). Più il bambino esegue tali movimenti più automatici diventano nella produzione delle parole. Le prime parole sono costruite con le sillabe presenti nel babbling. I bambini che parlano tardi non hanno un ampio repertorio di sillabe. Inoltre maggiore è la frequenza del babbling maggiore è la capacità del bambino di controllare le proprie produzioni (processo di feedback)

  47. Procedure di intervento nel contesto interattivo con la madre • Stile materno e sviluppo del linguaggio : uno stile tutoriale che sostiene ‘attenzione e la comunicazione del bambino incrementa lo sviluppo linguistico; uno stile asincronico e/o svalutativo risulta inadeguato (Longobardi, 1992; Hvastja e Stefani, 1997). • Modello di valutazione di Trieste (Bonifacio e Zocconi): centrato anche sull’interazione. Incremento dei comportamenti responsivi allo scopo di sviluppare interazioni centrate sullo stesso argomento; sui turni dialogici più bilanciati e meno complessi; sull’evitamento delle domande dirette, al fine di sviluppare uno stile più centrato sul bambino.

  48. Intervento clinico Programma di intervento clinico basato sui genitori: 3 sedute a settimana per i primi 6 mesi. • Tecniche basate sul modello interattivo di Tannock e Girolametto (1992): • Tecniche orientate sul bambino: condividere momenti di attenzione centrate sugli interessi e argomenti del bambino • Tecniche che promuovono interazioni: bambino come partner conversazionale, turni bilanciati • tecniche che modellano il linguaggio: l’adulto deve calibrare l’input linguistico secondo le capacità del bambino

  49. Favorire e sostenere lo sviluppo linguistico e comunicativo del bambino

  50. Strategie centrate sul bambino • Comunicare faccia a faccia (modalità verbale, prosodica, gestuale, facciale, corporea) • Centrarsi sul bambino • Seguire l’interesse del bambino • Commentare in diretta

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