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Workshop della Regione Marche I distretti rurali in Toscana Roberto Pagni Videoconferenza con Macerata, 27 novembre 2009. Argomenti. L’esperienza dei distretti rurali in Toscana: lo strumento di intervento i requisiti i distretti riconosciuti

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Presentation Transcript


  1. Workshop della Regione MarcheI distretti rurali in ToscanaRoberto PagniVideoconferenza con Macerata, 27 novembre 2009

  2. Argomenti • L’esperienza dei distretti rurali in Toscana: • lo strumento di intervento • i requisiti • i distretti riconosciuti • La situazione in Italia e i contratti di distretto • Ipotesi di introduzione dei distretti agroalimentari in Toscana • Questioni aperte per la discussione

  3. Riferimenti Normativi • D.lgs n. 228 del 18 maggio 2001 all’art. 13 definisce i Distretti rurali ed agroalimentari rinviando alle Regioni per l’individuazione. • La Regione Toscana ha disciplinato solo i Distretti Rurali con la L.R n. 21 del 5 Aprile 2004 “ Disciplina dei Distretti rurali”. • Delibera di Giunta Regionale n. 1269 del 13/12/2004 “ l.r n. 21/2004 – Distretti rurali. Approvazione modalità di presentazione e criteri di valutazione delle istanze di riconoscimento dei distretti rurali.

  4. Caratteristiche distretto rurale (l.r. n. 21/2004) • Produzione agricola coerente con le vocazioni naturali del territorio e significativa per l’economia locale; • Identità storica omogenea; • Consolidata integrazione tra attività rurali e altre attività locali; • Produzione di beni o servizi di particolare specificità, coerenti con le tradizioni e le vocazioni del territorio. Questa definizione attribuisce un ruolo centrale all’agricoltura pur mantenendo la prospettiva della multifunzionalità e della diversificazione e integrazione economica delle aree rurali.

  5. Come si costituisce un distretto rurale? • Il distretto rurale si costituisce mediante accordo tra enti locali e soggetti privati; • L’accordo è finalizzato a consolidare e rafforzare l’aggregazione ed il confronto dei diversi interessi locali; • I soggetti aderenti all’accordo sono rappresentativi dell’identità territoriale e del tessuto produttivo, storico e sociale del territorio del distretto: • Le rappresentanze dei soggetti privati; • Delle organizzazioni professionali agricole, sindacali e cooperative; • La provincia o le province (di cui una con compiti di referente organizzativo) interessate nonché la maggioranza degli altri enti locali dell’ambito distrettuali. • Nell’accordo viene definito l’ambito territoriale interessato dal distretto rurale.

  6. Riconoscimento dei Distretti Rurali • Condizionato al possesso da parte dei territori di specifici requisiti distinti in tre tipologie: • Requisiti necessari:il cui possesso è obbligatorio per il riconoscimento di un Distretto ( rappresentanza di tutti i soggetti previsti dalla legge); • Requisiti qualificanti:la cui mancanza deve essere giustificata o compensata da particolari finalità del programma nonché dalla presenza di requisiti aggiuntivi; ( contiguità territoriale, integrità territoriale, densità abitativa ecc.); • Requisiti aggiuntivi: il cui possesso supporta la domanda o compensa i requisiti qualificanti mancanti (% occupati in agricoltura e attività connesse; % valore aggiunto dall’agricoltura e attività connesse).

  7. Progetto economico territoriale (Del GR 1269/2004) • Modalità per la presentazione delle istanze di riconoscimento • Criteri di valutazione di dette istanze che apposito Comitato • Il progetto economico territoriale deve almeno contenere: • Diagnosi territoriale da cui emergano i punti di forza e di debolezza nello sviluppo del territorio; • L’indicazione degli obiettivi da raggiungere, definiti sulla base dell’analisi effettuata; • L’illustrazione del piano di azioni necessarie per il raggiungimento degli obiettivi ( piano pluriennale con articolazione annuale), • La verifica della coerenza degli obiettivi individuati e delle azioni previste e la verifica del carattere integrato del programma) • La descrizione dell’impatto ambientale, economico e sociale delle azioni previste.

  8. Attività del Distretto Rurale (art. 6) 1/2 • Favorire il dialogo ed il confronto tra i diversi soggetti inseriti nel tessuto produttivo, creando condizioni favorevoli all’integrazione e alla sinergia sul piano operativo; • Promuovere, sostenere e coordinare le iniziative di innovazione, di promozione commerciale e l’immagine sul territorio; • Promuovere attività conoscitive e informative finalizzate allo studio e al monitoraggio di problematiche di carattere economico, sociale, turistico, culturale, territoriale , ambientale; • Favorire l’aggregazione e il confronto dei diversi interessi locali, gestendo momenti di riflessione e di discussione, con il coinvolgimento di tutti i soggetti;

  9. Attività del Distretto Rurale (art. 6) 2/2 • Promuovere il coordinamento delle varie politiche di gestione e di sviluppo del territorio finalizzate al miglioramento della qualità territoriale, ambientale e paesaggistica dello spazio rurale, da conseguirsi anche mediante un’attività agricola compatibile con la conservazione della biodiversità; • Favorire un effettivo contributo distrettuale alla formazione dei documenti di programmazione economica, di pianificazione territoriale e agroambientale; • Favorire la iniziative di programmazione negoziata e patti d’area interessanti il territorio di competenza. Commento: sproporzione tra gli ambiziosi obiettivi, il costo organizzativo dello strumento “distretto” e risultati raggiunti e/o raggiungibili

  10. Finanziamento e ruolo dei distretti • Benefici indiretti legati ad un maggiore coordinamento degli attori locali intorno a idee forza ben definite e strategie e progetti di riqualificazione e sviluppo con esse coerenti. • Il Riconoscimento del Distretto non costituisce in alcun modo un fattore di priorità nella ripartizione territoriale delle risorse regionali; • Risorse per l’animazione dei distretti rurali: • Le prime risorse pari ad euro 60.000 sono state impegnate nel 2007 a favore dei Distretti Maremma, Vivaistivo, Floricolo, nessuno ha ancora rendicontato l’attività svolta. • Per il secondo bando emanato nel corso del 2008 è stata presentate una sola istanza di finanziamento da parte del Distretto della Lunigiana ed a favore di questo sono state impegnate risorse pari ad euro 20.000.

  11. 4 Distretti rurali della Toscana • Distretto rurale della Maremma - territorio interessato tutta la provincia (28 comuni) – 3 Ottobre 2006; • Distretto rurale vivaistico ornamentale – territorio interessato 5 comuni della provincia di Pistoia –26 Ottobre 2006; • Distretto rurale Floricolo – territorio interessato 20 comuni localizzati nelle province di Lucca e Pistoia – 26 Ottobre 2006; • Distretto rurale della Lunigiana – territorio interessato 14 comuni coincidenti con la Comunità Montana della Lunigiana - 2008

  12. Distretto floricolo Lucca - Pistoia • Il Presidente del Distretto è un privato non un soggetto pubblico; • I migliori risultati dell’attività del Distretto si sono ottenuti nel coordinamento delle politiche di programmazione, in quanto il Distretto si è affermato non come un nuovo organismo, ma come affermazione di un diverso metodo di lavoro tra i vari soggetti, mediante attività di partecipazione, concertazione e concertazione tematica e finanziaria; • Si sono dedicate notevoli energie per realizzare la gestione unica dei due mercati floricoli toscani: il Comicent di Pescia ed il mercato dei fiori di Viareggio

  13. Distretto floricolo Lucca - Pistoia • Ottimi risultati sono stati raggiunti per quanto riguarda la commercializzazione, infatti è nato un Consorzio di promozione specifico ed in tal modo è stato possibile partecipare ad eventi nazionali ed internazionali promuovendo un’immagine unitaria del Distretto; • Se non fosse stato istituito il Distretto, si sarebbe accentuata la difficoltà di dialogo tra i due poli floricoli toscani della Versilia e del Pesciatino; • Al momento non ha avuto grosso riscontro l’obiettivo “ Tutela e riqualificazione delle risorse ambientali”.

  14. Distretto rurale della Lunigiana • E’ stato riconosciuto nell’agosto del 2008, non si hanno molti elementi per fare delle valutazioni; • Partecipazione al bando regionale del 2008 per svolgere attività di animazione sul territorio; • Dotarsi di un tavolo tecnico di lavoro il cui compito principale sarà quello di approfondire e raccogliere dati sui progetti in corso nell’ambito distrettuale ed aumentare la comunicazione all’interno del Distretto tra tutti gli operatori coinvolti.

  15. Distretto rurale della Maremma: • Il perimetro del distretto coincide con tutto il territorio della Provincia; • Lo si può definire il pioniere dei distretti rurali della Toscana, l’esperienza distrettuale è iniziata prima ancora dell’approvazione della l.r. n. 21/04, anche se il riconoscimento ufficiale è avvenuto nel 2006;

  16. Distretto rurale vivaistico ornamentale Pistoiese • Il Presidente del Distretto è un privato non un soggetto pubblico; • Specializzazione sul vivaismo – ornamentale; • Ha favorito la concertazione tra le varie componenti del sistema vivaistico ornamentale a livello territoriale, e la partecipazione al processo di concertazione alivello regionale e nazionale sulle tematiche attinenti.

  17. I contratti di distretto • Il D.M. 21 Aprile 2008 all’art. 3 prevede il finanziamento dei Contratti di Distretto, equiparandoli ai contratti di filiera per quanto concerne l’accesso agli investimenti ammissibili previsti dallo stesso decreto Ministeriale. • La dimensione degli investimenti previsti è compresa fra 5 e 50 milioni di euro. I finanziamenti sono in conto capitale e interessi • Attualmente non è uscito il bando in quanto mancano gli stanziamenti statali e le aree di intervento sono soltanto quelle svantaggiate (è previsto l’allargamento) • Il legislatore statale torna ad interessarsi dei Distretti rurali ed agroalimentari ed in ambito regionale ciò ha riportato l’attenzione sulla l.r. n. 21/04 ed in particolare sulla non disciplina dei distretti agroalimentari.

  18. Distretti Agroalimentari (art. 13 D.Lgs. 228/2001) • Distretti rurali. Definiti come i sistemi produttivi locali….caratterizzati da: • un’identità storica e territoriale omogenea derivante dall’integrazione fra attività agricole e altre attività locali, • nonché dalla produzione di beni e servizi di particolare specificità, coerenti con le tradizioni e le vocazioni naturali e territoriali • Distretti agroalimentari di qualità. Definiti come i sistemi produttivi locali, anche a carattere interregionale, caratterizzati da: • significativa presenza economica e da interazione e interdipendenza produttiva delle imprese agricole e agroalimentari • Nonché da una o più produzioni certificate e tutelate ai sensi della vigente normativa comunitaria o nazionale, oppure da produzioni tradizionali o tipiche • Le Regioni provvedono all’individuazione dei distretti rurali e dei distretti agroalimentari

  19. Distretti Agroalimentari in Toscana 1/2 • La Regione Toscana con la L.R. n. 21 del 05/04/2004 ha disciplinato esclusivamente i Distretti Rurali, riprendendo la definizione del Decreto legislativo n. 228/01. • Al fine colmare il vuoto nella normativa toscana sui distretti agroalimentari e permettere agli interessati di partecipare ai bandi nazionali è all’IPOTESI una intervento transitorio della Giunta Regionale in attesa di un riordino complessivo della normativa sui distretti.

  20. Ipotesi caratteristiche Distretti Agroalimentari in Toscana 2/2 • Non sovrapporsi con distretti rurali: i distretti rurali rimangono di un livello superiore di interesse regionale • Presenza di almeno 1 (o 2?) certificazione di qualità legate all’origine dei prodotti agroalimentari, che identificano anche il territorio di riferimento del distretto • Raggiungimento di una soglia minima dal punto di vista economico/territoriale, al fine di evitare un frazionamento eccessivo delle richieste • Proponenti sono i soggetti rappresentanti le produzioni di qualità; indispensabile coinvolgimento enti locali e organizzazioni di categoria in forme da specificare, anche se non necessariamente come proponenti • Procedure analoghe a quelle dei distretti rurali (accordo, progettazione, nucleo valutazione ecc.)

  21. Contesto di riferimento • Dibattito sulla riforma delle Istituzioni Pubbliche, soprattutto quelle a livello territoriale • Emblematica proposta di legge Calderoli: • Concentra funzioni sugli enti previsti dalla Costituzione: Comuni, Province, Regioni • Riduce Province • Abolisce Comunità Montane, Parchi, Consorzi ecc. • I Distretti in Toscana non costituiscono un nuovo soggetto giuridico pubblico e questo potrebbe rivelarsi un notevole vantaggio e un modello di riferimento • Tuttavia esiste il rischio che il dibattito sui distretti veda prevalenti le esigenze di semplificazione delle relazioni istituzionali, piuttosto che quelle sui meccanismi di coordinamento

  22. Conclusioni: punti in discussione • Disciplina dei Distretti Agrolimentari. • Semplificazione iter amministrativo riconoscimento dei distretti. • Ruolo dei distretti nella progettazione dal basso e nella integrazione delle politiche di sviluppo. • Assenza di canali di finanziamento specifici. • Esplicitare le opportunità per i soggetti che scelgono di far parte di un distretto. • Cosa sarebbe successo se non fossero stati costituiti i distretti? Analisi C/B.

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