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L’equilibrio della gestione

L’equilibrio della gestione. Equilibrio reddituale: il valore della produzione deve essere in grado di remunerare tutti i fattori produttivi impiegati, compreso il capitale (struttura costi/ricavi);

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L’equilibrio della gestione

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Presentation Transcript


  1. L’equilibrio della gestione • Equilibrio reddituale: il valore della produzione deve essere in grado di remunerare tutti i fattori produttivi impiegati, compreso il capitale (struttura costi/ricavi); • Equilibrio finanziario: mantenere con continuità l’equilibrio tra i flussi di cassa in entrata ed in uscita; l’importanza è tanto maggiore tanto più rilevante è l’attività di trasformazione delle scadenze; • Equilibrio patrimoniale: mantenere con continuità un’eccedenza dell’attivo rispetto al passivo, cioè un capitale netto positivo e commisurato ai rischi assunti (oggetto di regolamentazione e vigilanza). Interdipendenza

  2. La misurazione della redditività • Il ROE (risultato netto/capitale netto) rappresenta il più semplice indicatore dell’equilibrio reddituale, ma è una misura contabile (determinata con i criteri utilizzati per la stesura del bilancio); per tali ragioni presenta alcuni limiti: • Poco utilizzato dall’azionista che utilizza i dividendi; • Non può essere confrontato con il rendimento di investimenti alternativi (es. valori mobiliari); • I dati contenuti nei bilanci sono influenzati da norme civilistiche, fiscali e da procedure contabili; • Le rilevazioni di esercizio possono talvolta riflettere fenomeni congiunturali. • Modelli di economicità specifici per ogni intermediario (margine di interesse, da commissione, da plusvalenze, assicurativo).

  3. Il margine reddituale della banca • Margine di interesse: ricavi interessi attivi – costi interessi passivi (valore lordo dell’intermediazione creditizia, non è rettificato per il rischio); • Margine da commissioni: ricavi netti da servizi (la banca sostiene anche delle commissione passive ad esempio nella negoziazione di valori mobiliari); • Margine da plusvalenze: risultato netto dell’attività di negoziazione e utile (o perdita) da cessione o riacquisto di crediti e di altre attività e passività finanziarie (derivante sia dalla negoziazione di valori mobiliari sia per la cessione di crediti, es. cartolarizzazione).

  4. …segue • Margine di interesse +/- margine da commissione = margine di intermediazione di primo livello • Margine di intermediazione di primo livello +/- margine da plusvalenze = margine di intermediazione totale • Margine di intermediazione totale +/- rettifiche e riprese di valore su crediti e altre attività finanziarie = risultato della gestione finanziaria • Risultato della gestione finanziaria +/- costi operativi = risultato lordo • Risultato lordo +/- imposte = risultato netto

  5. L’equilibrio finanziario della banca • La banca deve conseguire una sequenza di saldi di flussi finanziari costantemente positivi (capacità di far fronte agli impieghi di pagamento), ma non eccessivi (impiego inefficiente delle risorse); • I flussi finanziari non sempre producono contropartite monetarie (es. pagamento degli interessi attivi avviene per accredito su conto e genera un aumento delle passività non corrispondente ad un’entrata di cassa); • L’equilibrio finanziario fornisce una valutazione ex-post sulle capacità della banca di creare le condizioni ottimali per mantenere un equilibrio dei flussi, deve essere accompagnato anche da tecniche previsionali (tengono conto anche dei comportamenti della clientela).

  6. La misurazione prospettica • Stato patrimoniale riclassificato per grado di liquidità: Attività monetizzabili: moneta legale, credito verso banche, prestiti in scadenza, presti a scadenza indeterminata, titoli non impegnati, Passività volatili: debiti verso banche, depositi in scadenza depositi a vista di clientela; il saldo rappresenta la disponibilità di liquidità disponibile; • Rilevazione dei flussi di cassa ordinati secondo una scalettatura temporale predefinita e crescente: distinzione fondamentale tra attività e passività con scadenza contrattuale o con scadenza a vista; • Metodi ibridi

  7. Le riserve di liquidità • La banca deve mantenere una scorta di moneta legale (o di attività immediatamente e certamente convertibili in moneta) per far fronte alle situazioni temporanee di eccedenza delle uscite di cassa; • L’ammontare delle riserve obbligatorie è stabilita dalla Banca Centrale Europea (in percentuale rispetto alla dimensione e composizione delle passività), le riserve obbligatorie possono essere mobilitate a certe condizioni; l’ammontare delle riserve libere dipende dai metodi di previsione dell’equilibrio finanziario (riserve di prima e di seconda linea a seconda del loro grado di liquidità).

  8. Liquidità e solvibilità • Liquidità: capacità della banca di far fronte continuamente e tempestivamente alle obbligazione assunte verso i suoi creditori: • Lato del passivo: depositanti (senza scadenza), titolari di derivati (esempio opzioni put vendute dalla banca); • Lato dell’attivo: contratti di apertura di credito (di solito c’è la possibilità di revoca incondizionata). • Solvibilità: il bilancio della banca deve evidenziare che il valore complessivo delle attività possedute sia superiore a quello delle passività (patrimonio netto contabile positivo).

  9. I rischi caratteristici della banca • Rischio di insolvenza della controparte: la parte obbligata a fornire una certa controprestazione si rivela insolvente cioè non disposta o non capace di adempiere; • Rischio di mercato: possibilità che le variazioni dei prezzi di mercato influenzino il risultato reddituale; • Rischio operativo: possibilità che l’organizzazione aziendale presenti disfunzionalità e determini o subisca dei danni; • Rischio di variazione del livello generale dei prezzi: possibilità che l’inflazione influenzi la redditività della gestione.

  10. Il rischio di credito Il rischio di credito fa parte dei rischi di insolvenza; il cliente finanziato alle scadenze previste si rivela insolvente in misura totale o parziale. Lo stato di insolvenza non consente di valutare immediatamente la perdita effettiva poiché prima devono essere svolte le attività di recupero credito o di realizzo delle eventuali garanzie. La perdita definitiva può essere determinata solo in tempi non brevi. Al fine di prevenire il più possibile il rischio di credito gli intermediari attuano una specifica politica dei prestiti che determina sia la dimensione che la composizione del portafoglio prestiti. Per il controllo sono rilevanti quattro profili:

  11. Tasso di sviluppo dei prestiti in essere: si definisce una soglia massima di accettazione del rischio per ciascuna posizione di affidamento; se la politica di sviluppo del portafoglio prestiti prevede tassi di crescita aggressivi è inevitabile avvicinarsi molto alla soglia stabilita. • Composizione del portafoglio prestiti: diversificare le diverse posizioni di affidamento in funzione ad esempio del settore di appartenenza, della localizzazione geografica e anche delle forme tecnico-contrattuali. • Metodi di valutazione e selezione dei singoli affidamenti: l’attenzione va concentrata soprattutto sulle valutazione svolte prima della concessione degli affidamenti e non nei casi di revoca. L’obiettivo è migliorare l’efficienza allocativa ex-ante. • Determinazione del prezzo del credito: il prezzo applicato al credito deve remunerare dia le risorse finanziarie impiegate, sia i costi operativi, sia il rischio di perdita implicito nella concessione del credito.

  12. Il processo di concessione del credito • Ricerca di nuovi clienti richiedenti; • Raccolta e analisi delle informazioni; • Valutazione dei risultati delle analisi; • Attribuzione al cliente della relativa classe di rischio; • Selezione delle richieste sulla base dei criteri stabiliti; • Definizione dei profili tecnici e contrattuali del finanziamento; • Determinazione del prezzo e contrattualizzazione; • Concessione e utilizzo; • Monitoraggio (rinegoziazione, revoca/recupero).

  13. Il rischio di regolamento • Si configura come rischio di insolvenza della controparte obbligata a consegnare una certa somma di denaro in contropartita di determinati strumenti finanziari; • Nel caso di contestualità tra prestazione e controprestazione il rischi di regolamento è limitato, è maggiore nel caso di contratto a termine; • Nella maggior parte dei casi la contestualità è impossibile, anche per motivi tecnici; il rischio di regolamento è a carico della parte che per prima ha dato corso alla prestazione.

  14. I rischi di mercato • Rischio che le variazioni dei prezzi nei mercati finanziari influenzino il risultato reddituale, tipicamente: tasso di interesse, tasso di cambio, prezzi dei valori mobiliari o altre attività negoziabili; • Riguardano tutti gli intermediari, sia creditizi che mobiliari; • La composizione del portafoglio di attività dell’intermediario può determinare una compensazione tra i rischi di mercato; • L’evoluzione dinamica del portafoglio di attività dell’intermediario ricerca una minimizzazione del rischio di mercato complessivo (tecniche di risk management).

  15. Il rischio di interesse • Le variazione dei tassi si interesse influenzano sia l’attività creditizia, che il prezzo delle obbligazioni e degli altri titoli di debito; • Il rischio di interesse dipende da : • Esistenza di un disallineamento tra le scadenze delle attività e delle passività; • Esistenza di attività e passività con tassi rivedibili prima della scadenza; • Per misurare l’esposizione al rischio di tasso bisogna analizzare le condizioni contrattuali che regolano la rinegoziabilità dei tassi degli impegni e della raccolta in essere (riclassificazione di bilancio che tiene conto di questa caratteristica).

  16. Il rischio di cambio • L’esposizione al rischio di cambio deriva dall’operatività in moneta diversa da quella nazionale; • Bisogna analizzare la posizione netta in cambi, cioè la differenza tra attività e passività in valuta; • Le plusvalenze/minusvalenze realizzate sulle posizioni in valuta sono potenziali e non realizzate: solo l’estinzione e conversione in euro determina i guadagni/perdite; • Contribuiscono alla definizione della posizione netta anche gli strumenti di impegno (swap, future); • Le attività e passività in valuta possono essere fruttifere di interessi quindi la gestione del rischio di cambio si combina con quella del rischio di interesse.

  17. Il rischio di prezzo • L’attività di negoziazione in proprio di valori mobiliari produce profitti o perdite a seconda dell’andamento del prezzo di vendita rispetto a quello di acquisto; • La posizione netta, relativa ad uno specifico titolo, si calcola come somma tra: • Valore complessivo dell’investimento nel titolo; • Valore totale degli impegni a ricevere il medesimo titolo; • Meno il valore totale degli impegni a consegnare il medesimo titolo; • Le variazione dei prezzi possono essere dovute a mutamenti generali delle condizioni di mercato o a circostanze particolari riguardanti il singolo emittente.

  18. Il rischio operativo • Non è un rischio caratteristico dell’intermediazione finanziaria, ma si manifesta per tutte le imprese; • Il rischio operativo può derivare da: • Profili interni all’organizzazione aziendale (inadeguatezza procedure, delle risorse umane, dei sistemi informatici); • Responsabilità aziendale verso i clienti (performance dei servizi e prodotti offerti, frodi a carico dei clienti); • Rischio reputazionale; • Eventi esogeni che mettono a repentaglio il funzionamento dell’azienda (frodi informatiche, eventi catastrofici).

  19. Il rischio di inflazione • Rischio di variazione del livello generale dei prezzi: la stessa quantità di moneta consente di comprare, in periodi successivi, quantità minori di beni e servizi; • I crediti ed i debiti nominali subiscono, a scadenza, la svalutazione del potere di acquisto della moneta in caso di inflazione; • L’esposizione dell’intermediario dipende dalla differenza tra attività fruttifere di interessi e passività onerose di interessi; di norma tale differenza e positiva quindi diventa cruciale che il tasso di interesse attivo sia superiore del tasso di inflazione.

  20. La gestione del rischio di interesse • Le tecniche di gestione del rischio di interesse da parte della Banca fanno parte dell’area dell’Asset and Liability Management (ALM); • La più diffusa è la Gap Analysis: individua il differenziale (gap) tra attività e passività sensibili al tasso di interesse; • La banca può decidere di adeguare il gap in base ad un predefinito livello di esposizione al rischio; • Limiti: misura la sensibilità del margine di interesse al rischio, ma non considera l’impatto patrimoniale della variazione dei tassi (ci sono titoli a cedola fissa il cui corso risente dell’andamento dei tassi);

  21. …segue • Una tecnica alternativa è il duration gap: la variabile controllata è il valore di mercato del patrimonio della banca espresso come differenza tra i valori di mercato dell’attivo e del passivo; • Il gap in questo caso è la differenza in termini di durata temporale tra le poste dell’attivo e del passivo dello stato patrimoniale. • Calcolato il duration gap è possibile evidenziare e prevedere l’effetto sul patrimonio della banca di una variazione dei tassi di interesse.

  22. Il Risk Management • Le banche percepiscono l’importanza del capitale, non solo come garanzia, ma come risorsa che condiziona lo sviluppo dell’attività; aumenta la complessità delle tecniche di valutazione dei rischi; nasce la necessità di strumenti di sintesi in gradi di misurare l’esposizione complessiva. • Nasce il metodo del Value at risk (VAR): il VAR di un’attività è definito su un dato orizzonte temporale come la perdita massima di valore dell’attività che non sarà ecceduta con un certo livello di confidenza. (es. titolo con Var giornaliero di 10.000 euro e confidenza 95%)

  23. Il calcolo del VAR • Ipotesi di basa: le variazioni percentuali dei fattori di mercato (tassi, corsi azionari,…) seguono una distribuzione normale, l’analisi delle serie storiche consente quindi di stimare i parametri di tale distribuzione e quindi il valore del VAR; • I VAR delle singole posizioni devono essere aggregati in un VAR complessivo di portafoglio (bisogna non sommare i valori, ma tenere conto delle correlazione tra i diversi elementi del mercato). • Limiti: nasce per le attività di negoziazione, difficilmente applicabile in altri ambiti; non dà informazioni sulle perdite che eccedono il VAR al di fuori dell’intervallo di confidenza.

  24. Gli indicatori di redditività corretta per il rischio • RAROC (Risk-AdjustedReturn on Capital): la correzione riguarda il reddito; • RORAC (Return on Risk-Adjusted Capital): la correzione riguarda il capitale allocato; • RARORAC (Risk-AdjustedReturn on Risk-Adjusted Capital): la correzione riguarda sia il reddito che il capitale impiegato; • Eterogeneità di calcolo dovuta alle diverse tecniche di correzione per il rischio utilizzate. • Necessità di un sistema informativo capillare e articolato e risorse umane con competenze specifiche, applicazione di un’ottica di portafoglio (interazione tra i vari strumenti).

  25. La cartolarizzazione • E’ una tecnica finanziaria, che da origine ad uno strumento finanziario complesso, progettata per trasformare strumenti finanziari non trasferibili in strumenti finanziari trasferibili; si compone dei seguenti elementi: • Individuazione di pool di strumenti finanziari non trasferibili omogenei (ad es. per forma tecnica o per stato di solvibilità); • Il proprietario, detto originator, ne effettua la cessione pro soluto per un dato prezzo (stima del valore attuale dei crediti) ad una società veicolo (SPV);

  26. …segue • a fronte dell’acquisto la SVP emette titoli obbligazionari (AssetBacked Securities) che sono collocate sul mercato mobiliare, l’entrato corrispettiva copre il pagamento del prezzo di acquisto del pacchetto di strumenti. NB: il rischio viene trasferito agli acquirenti delle ABS. Gli effetti positivi della cartolarizzazione sono: • Opportunità di smobilizzo di attività non liquide; • Contributo al processo di diversificazione degli strumenti finanziari.

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