1 / 27

ECONOMIA DEI TRASPORTI E DEI SISTEMI LOGISTICI

ECONOMIA DEI TRASPORTI E DEI SISTEMI LOGISTICI. LEZIONE 025 Porto. Luogo dove le navi trovano riparo dalle tempeste e si espongono alla furia dei dazi doganali . Ambrose Bierce , 1911 Anno Accademico 2013 -2014. I DISTRETTI INDUSTRIALI DEFINIZIONE LA FASE MARSHALLIANA.

laban
Télécharger la présentation

ECONOMIA DEI TRASPORTI E DEI SISTEMI LOGISTICI

An Image/Link below is provided (as is) to download presentation Download Policy: Content on the Website is provided to you AS IS for your information and personal use and may not be sold / licensed / shared on other websites without getting consent from its author. Content is provided to you AS IS for your information and personal use only. Download presentation by click this link. While downloading, if for some reason you are not able to download a presentation, the publisher may have deleted the file from their server. During download, if you can't get a presentation, the file might be deleted by the publisher.

E N D

Presentation Transcript


  1. ECONOMIA DEI TRASPORTI E DEI SISTEMI LOGISTICI LEZIONE 025 Porto. Luogo dove le navi trovano riparo dalle tempeste e si espongono alla furia dei dazi doganali. Ambrose Bierce,1911 Anno Accademico 2013 -2014

  2. I DISTRETTI INDUSTRIALI DEFINIZIONELA FASE MARSHALLIANA Il DISTRETTO INDUSTRIALE può essere definito come: "un'entità socio-economica-territoriale caratterizzata dalla compresenza attiva, in un' area territoriale circoscritta, naturalisticamente e storicamente determinata, di una comunità di persone e di una popolazione di imprese industriali".

  3. SegueLA FASE MARSHALLIANA La comunità di persone ha come caratteristica principale il fatto di incorporare un sistema omogeneo di valori che "si esprime in termini di etica del lavoro e dell'attività, della famiglia, della reciprocità, del cambiamento". La popolazione di imprese appartiene allo stesso settore industriale, in senso ampio, e ciascuna è specializzata in una o più fasi del processo produttivo tipico del distretto.

  4. IDENTIFICAZIONE DEI DISTRETTI • L’identificazione dei distretti industriali si deve all’economista Alfred Marshall (1842- 1924) che coniò il concetto di distretto industriale osservando alcune realtà presenti in Gran Bretagna. • In Italia la riscoperta della teoria dei distretti si deve a Becattini e alla scuola di Firenze. • Dai suoi studi sulla realtà anglosassone il Marshall derivò che esistono più itinerari che conducono all’industrializzazione: - GRANDI IMPRESE integrate verticalmente; - CONCENTRAZIONI DI PICCOLE UNITÀ PRODUTTIVE SPECIALIZZATE nelle diverse fasi di un unico processo produttivo stanziate in una data località.

  5. IDENTIFICAZIONE (2) La localizzazione si verifica in considerazione dell'esigenza dei produttori di essere vicini alle risorse naturali per cui essa è dovuta a : • CONDIZIONI FISICHE clima, risorse naturali, accesso al mare; • BENI DI ALTA QUALITÀ la cui causa di localizzazione semplice può essere il patrocinio di una corte; • CENTRO SMERCIO, MERCATO costituisceun’ulteriore causa ; • RENDITA URBANA infine una spiegazione di carattere economico, ascrivibile all'alto costo della, che ha espulso dalle città le attività produttive che richiedono impianti di maggiori dimensioni spostandole in luoghi dove la rendita è minore

  6. REQUISITI • Per poter parlare e di distretto è necessario che la localizzazione permanga per un tempo lungo; tale condizione temporale è quindi destinata a generare importanti vantaggi: specializzazioni ereditarie, formazione di un certo numero di industrie sussidiarie, impiego di macchinari altamente specializzati, presenza sul mercato locale di lavoro specializzato • Questi sono gli aspetti che contraddistinguono il distretto industriale e costituiscono la sintesi dell'idea che Marshall realizzò osservando i centri di Sheffield e Solingen in cui avvertì quella industrial atmosphere che li distingueva dai preesistenti centers of specialized skill.

  7. IL FATTORE UMANO • Marshall attribuiva grande valore al fattore umano per cui delineò la situazione che era in grado di infondere un dinamismo tale da far competere i distretti con le grandi imprese. • Il fattore umano insediato sul territorio che viene riscoperto come valore sono le principali chiavi interpretative dei distretti.

  8. Ma cosa spiega questa vivacità? Tra le diverse caratteristiche già enunciate? Il fatto più rilevante sembra dovuto alla localizzazione temporale che ha liberato una serie di conoscenze e di energie che hanno permesso al distretto di allignare permettendogli di raggiungere importanti obiettivi.

  9. OBIETTIVI Economie Esterne Mentre le economie internedipendono dalle singole imprese e dalla loro organizzazione e dall'efficienza della loro amministrazione delle risorse. Le economie esterne dipendono dallo sviluppo generale dell'industria. Secondo Marshall esse operano indipendentemente dalla dimensione delle imprese e si esplicano nella FORMA DI DIFFUSIONE DELLA CONOSCENZA. Possono essere definite forze "interindustriali" in quanto dipendono dal generale sviluppo dell'industria.

  10. OBIETTIVI Conoscenza Altro aspetto importante del distretto marshalliano rappresentato dalla sua più intrinseca qualità di essere un meccanismo propulsore della "education"della conoscenza e della circolazione delle idee. MARSHALL SCRIVE CHE I SEGRETI SONO NELL’ARIA The mysteries of the trade become no mysteries; but are as it were in the air and the children learn many of them incosciously

  11. OBIETTIVI Innovazione Il distretto, attraverso l’inclinazione e la spontaneità con cui si sviluppano i rapporti interpersonali costituisce il miglior humus per l’ innovazione ed il progresso. L'esperienza stratificata e il conseguente aumento della conoscenza fanno del distretto il luogo in cui si realiz-zano con più prontezza le risposte ai cambiamenti.

  12. OBIETTIVI Cooperazione/concorrenza Nell’ambito del distretto le diverse imprese si specializ-zano in particolari fasi di un unico processo produttivo da cui deriva che ogni fase, pur separata, non è isolata dal contesto del processo produttivo ma è funzionale alle altre svolte da altre imprese. Da ciò necessaria-mente deriva che il distretto è fortemente competitivo ma anche cooperativo dove le parti interagisco e/o cooperano attraverso un processo di interscambio.

  13. LA FABBRICA OROLOGIO

  14. FASE POSTMODERNA • Con la crisi del fordismo o meglio del taylorismo che aveva indotto un determinismo industriale la situazione si modifica. • L’organizzazione tayloristica aveva parcellizzato la produzione riducendola a fasi destinate a compiersi in un mondo artificiale (la fabbrica) all’interno della quale la programmazione aveva fatto di tutto per tener fuori la complessità.

  15. FASE POST-MODERNA (2) • E’ in questa fase che la conoscenza che vive nel comportamento aggregato, che a sua volta costituisce un laboratorio di problem solving, fa sì che ognuno sperimenti quello che è stato definito un sistema adattivo complesso ed autorganizzante. • Ma il più importante fattore di successo della fase postmoderna è da individuare nella comunicazione o meglio nell’effetto rete che fa del distretto un’efficiente multinazionale. • La forza del nuovo distretto consiste nell’essere una economia di reti pur in presenza di una relativa polverizzazione di imprese.

  16. LOGISTICADISTRETTUALE Nella recente fase dell’economia, che ha visto svilupparsi: • l’aumento della pressione competitiva; • la compressione dei tempi di recupero degli investimenti; • la crescita del rischio operativo. si creano occasioni irripetibili per la logistica. L’approccio reticolare ha sovvertito i paradigmi che si erano affermati con la prima rivoluzione industriale..

  17. LOGISTICADISTRETTUALE (2) L’affermarsi dell’outsourcing ha consentito il processo di destrutturazione, unico in grado di assicurare la flessibilità l’efficienza richieste dai mercati. L’accesso alla rete determina però l’esigenza di ottimizzare l’impegno collettivo inteso alla collaborazione pur in un quadro di concorrenza che ha determinato i lineamenti della nuova economia B2B (business to business) che necessita dell’ampliamento di quello che è stato chiamato prodotto logisticizzato; prodotto realizzato con la tecnica just in time e distribuito door to door.

  18. LOGISTICA DISTRETTUALE (3) Le aggregazioni spaziali di imprese logistiche possono assumere connotazioni assai variegate, non facilmente tipizzabili anche se, al fine precipuo di semplificare l’analisi, può essere opportuno assumere l’analisi effettuata dal Vona il quale ripartisce le tipologie secondo il numero degli operatori specializzati e secondo la gamma dei servizi offerti:

  19. TIPOLOGIE DI DISTRETTI LOGISTICI

  20. INQUADRAMENTO DI CASI ESAMINATI DISTRETTI FOCALIZZATI: Distripark olandesi che operano nello stesso segmento ma con un rilevante numero di operatori in grado di ampliare la gamma dei servizi; PIATTAFORME LOGISTICHE: Gioia Tauro che opera come terminal container per il transhipment dei containers; DISTRETTI MULTISPECIALIZZATI: Rotterdam che praticando un marketing differenziato ha ampliato il raggio d’azione; DISTRETTI GENERALISTI: Bologna che è dotata di asset ma non riesce sempre a conseguire gli standard specialistici richiesti dai mercati

  21. VENTI DI TEMPESTA si ricomincia dal mare Il DL 370 è all’esame del Parlamento ma nel frattempo la crisi del sistema portuale è proseguita ed è stata evidenziata dalla campagna della stampa d’interesse nazionale in data 07.11.2013. Vengono contestate l’inefficienza, l’eccesso di burocrazia e il ruolo dei presidenti delle 24 autorità portuali alcuni dei quali sono stati destituiti dal Consiglio di Stato per mancanza dei requisiti di legge. Si contestata inoltre l’eccessiva remunerazione di detti presidenti ma soprattutto la mancata coordinazione, l’errata attribuzione dei fondi spesso assegnati a porti piccoli in luogo di concentrare gli investimenti sui porti strategici e la carenza d’infrastrutture

  22. IPOTESI DI RIFORMA In un’intervista del 02.04.2014 a ”themeditelegraph” il Ministro dei Trasporti Maurizio Lupi ha illustrato il suo progetto di riforma dei porti italiani: • una nuova governance; • poche grandi Autorità portuali e piccoli presidi in ogni scalo guidati da direttori competenti; • aggregazioni tra porti e nuovi parametri per programmare gli investimenti e scardinare gli intrecci di potere che frenano lo sviluppo; • procedure distinte per la realizzazione delle grandi opere; • costruzione di nuovi terminal; • sburocratizzazione; • conferma del Terzo valico; • integrazione tra banchine e ferrovie; • AGGREGAZIONE FRA FRONTE–MARE: DISTRETTO LOGISTICO

  23. AUTORITÀ PORTUALI/DISTRETTI LOGISTICI • Come riferito dal Sole 24 19.01.2014, “il primo comma di quello che potrebbe diventare un decreto legge, è il cardine su cui si muove il progetto di riforma messo a punto dai tecnici del ministro”. • “La norma individua «un’Autorità portuale e logistica di interesse strategico nei seguenti otto distretti: Alto Tirreno, Medio Tirreno, Basso Tirreno, Alto Adriatico, Medio Adriatico, Basso Adriatico-Ionio, Sicilia, Sardegna, che comprendono i nodi europei della rete Ten-T»”. Alcuni porti, in effetti, potrebbero entrare sia in uno schema che in un altro ma ciò sarà stabilito in seguito

  24. DOMANDE - CHIARIMENTI

More Related