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I mutamenti della tarda età repubblicana

I mutamenti della tarda età repubblicana. Lezione XI. L’oggetto della lezione. Un periodo di trasformazioni, tra la metà del II sec. a.C. e gli anni Trenta del I sec. a.C.

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I mutamenti della tarda età repubblicana

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Presentation Transcript


  1. I mutamenti della tarda età repubblicana Lezione XI

  2. L’oggetto della lezione • Un periodo di trasformazioni, tra la metà del II sec. a.C. e gli anni Trenta del I sec. a.C. • Sviluppi noti in modo diseguale, in dipendenza dello stato delle fonti: tra i temi principali e meglio documentati del periodo: • La via da Capua a Reggio e il dato del lapis Pollae. • L’opera dei Gracchi. • L’economia della villa. • La rivolta di Spartaco. • La testimonianza della Pro M. Tullio di Cicerone sulla proprietà agraria a Copia. • Le deduzioni di veterani in età triumvirale.

  3. La via da Capua a Reggio e il dato del lapis Pollae • La costruzione della grande strada, prolungamento della via Appia verso il Mezzogiorno, dota la nostra regione di una fondamentale infrastruttura economica. • La fonte principale sulla via, il cosiddetto lapis Pollae (perché rinvenuto a S. Pietro di Polla, nel Vallo di Diano), ci fornisce anche altre informazioni essenziali di ordine socio-economico. • Sfortunatamente una piena valutazione storica di questo documento è ostacolata dalle incertezze che tuttora sussistono sulla sua esatta datazione.

  4. Il Lapis Pollae nella sua attuale collocazione 4

  5. Corpus Inscriptionum Latinarum I2 638: l’iscrizione itineraria di Polla Feci la via da Reggio a Capua e in quella via posi tutti i ponti, i milliari e i tabellarii. Da questo punto a Nocera 51 miglia, a Capua 84 miglia, a Muranum 74 , a Cosenza 123, a Vibo Valentia 180, allo Stretto, presso la stazione di Ad Statuam, 231, a Reggio 237. Distanza totale da Capua a Reggio: 321 miglia. E io stesso, in qualità di pretore in Sicilia, diedi la caccia e riconsegnai gli schiavi fuggitivi degli Italici, per un totale di 917 uomini, e parimenti per primo feci in modo che sul terreno appartenen-te al demanio pubblico i pastori cedessero agli agricoltori. In questo luogo eressi un foro e un tempio pubblici. 5

  6. Un testo di natura composita • Un’epigrafe relativa alla costruzione di un’opera pubblica: la strada stessa, con la sua “segnaletica” (ll. 1-3), un luogo di mercato e un tempio (l. 15). • Il problema del termine tabellarius: un testo che riportava le distanze dalle principali tappe della strada, come nello stesso Lapis Pollae, nell’ipotesi di G. Susini e V. Bracco. • Un’epigrafe itineraria, con le distanze che separavano Polla dalle principali tappe sulla strada a nord e a sud (ll. 3-8). • Un elogium, in cui l’anonimo autore vanta in intervento in favore degli agricoltori sull’ager publicus, la repressione di una rivolta servile e i suoi interventi edilizi (ll. 9-15). • L’insolito uso della prima persona singolare, che accosta il documento alle Res gestae divi Augusti.

  7. Lo sviluppo della via Capua-Reggio in Lucania e nel Bruzio 7

  8. Il Ponte di Annibale Il cosiddetto Ponte di Annibale, o Ponte S. Angelo, nel comune di Scigliano, dove la via Capua-Reggio passava il Savuto. La tecnica costruttiva pare datare il ponte all’inizio del II sec. d.C., ma potrebbe aver sostituito un ponte simile, di età precedente. 8

  9. Chi ha redatto il lapis Pollae? L’ipotesi di Mommsen Del tutto incongruamente il nostro testo tace il nome del protagonista dell’azione: questo doveva essere ricordato in un altro blocco del monumento, andato perduto. L’ipotesi di Mommsen: P. Popilio Lenate, console del 132 a.C. Il normale intervallo di un triennio tra pretura e consolato ne farebbe un buon candidato alla pretura in Sicilia nel 135 a.C. Il rapporto con la rivolta servile in Sicilia del 135-132 a.C. La relazione (polemica) con la legislazione sull’ager publicus di Ti. Sempronio Gracco del 133 a.C.: e P. Popilio Lenate era in effetti un oppositore dei Gracchi. Le notizie sull’esistenza di un Forum Popilii, forse da identificare con Polla. L’ipotesi di Nissen: l’identificazione con un altro Popilio, M. Popilius, pretore nel 176 a.C. 9

  10. Chi ha redatto il lapis Pollae? L’ipotesi di Bracco (e Wiseman) • L’identificazione con T. Annius Luscus, console del 153 e forse pretore nel 156 a.C. • Il rinvenimento di un milliare nei pressi di Vibo Valentia (ILLRP 454a) con il testo CCLX / T(itus) Annius T(iti) f(ilius) / pr(aetor). • Il riferimento di Sallustio, Historiae, III, 98 a un Forum Annii lungo il percorso della via. • Una dedica di mancipes et iunctores iumentarii viarum Appiae, Traianae item Anniae cum ramulis a Caracalla nell’iscrizione CIL VI, 31338 a, da Roma.

  11. Chi ha redatto il lapis Pollae? Il tentativo di sintesi di Degrassi • Una combinazione delle due ipotesi principali: la costruzione della strada, iniziata da P. Popilio Lenate, come documenta il Lapis Pollae, sarebbe stata conclusa nel 131 a.C. dal suo successore T. Annius Rufus, come testimonia il milliare di Vibo. • Un’ipotesi che renderebbe ragione della complessità della costruzione della lunga via.

  12. Le ragioni della costruzione della via • Una via che si imposta su percorsi già battuti nei secoli precedenti, fin dalla guerra contro Pirro. • Ma una via che viene costruita solo alcuni decenni dopo la definitiva sottomissione della regione a Roma e la stessa colonizzazione. • I possibili motivi della tardiva costruzione: • Il miglioramento dei collegamenti con la Sicilia (che in precedenza avvenivano soprattutto via mare), il cui possesso era ora minacciato dalle frequenti rivolte servili. • Un migliore controllo sulla Lucania e il Bruzio, regioni turbolente dal punto di vista sociale e politico. • Un asse viario sul quale si imposta la centuriazione, ai fini delle distribuzioni di terre dell’età graccana. 12

  13. Gli effetti economici della costruzione della via Capua-Reggio • Un’infrastruttura economica fondamentale, che rende più rapidi e facili gli spostamenti via terra di uomini e merci. • La strada attraversa alcune delle zone più favorevoli alla sfruttamento agricolo nella regione: il Vallo di Diano, la piana di Sibari, la valle del Crati, l’altopiano di Vibo, la piana di Gioia Tauro. • Il suo percorso disegna un nuovo assetto economico della regione, favorendo le località che ne sono attraversate, ma svantaggiando quelle che ne sono tagliate fuori (Paestum, Velia, la Lucania interna, il Bruzio ionico).

  14. Le altre informazioni di carattere socio-economico nel lapis Pollae • Un intervento in favore degli agricoltori e contro i pastori, relativo all’ager publicus. • Probabilmente un tentativo di riconversione delle terre demaniali, sfruttate fino ad allora prevalentemente per l’allevamento, all’agricoltura, forse con la divisione e la distribuzione di lotti medio-piccoli. • Un intervento sostanzialmente simile a quello dei Gracchi, ma forse con essi in sottile polemica (vedi il vanto di una primogenitura in questo tipo di azioni). • Un’azione di cattura di diverse centinaia di schiavi fuggitivi. • Un indizio del massiccio impiego nella regione in questione di manodopera servile, non sempre facilmente controllabile. • Il problema del contesto geografico di riferimento: l’area di Polla e il Vallo di Diano? L’intera area attraversata dalla via Capua-Reggio? La Sicilia?

  15. I Gracchi e l’ager publicus della Lucania e del Bruzio • Anche nella nostra regione furono certamente attive le commissioni graccane dei IIIviri agris iudicandis adsignandis. • Loro compito la confisca delle quote di ager publicus occupate dai latifondisti eccedenti i 500 (o 1.000) iugeri e la redistribuzione in lotti di 30 iugeri ai proletari inurbati. • Un’azione particolarmente nota dalla documentazione epigrafica nell’area del Vallo di Diano dove la centuriazione graccana (preliminare alle assegnazioni) si imposta sull’asse della via Capua-Reggio. • Il Liber coloniarum, I, 209, ll. 8-9 Lachmann potrebbe segnalare assegnazioni graccane anche nel territorio della praefectura Grumentina: limitibus Graccanis quadratis in iugera n. CC, decimanus in oriente, kardo in meridiano. • A giudicare dagli sviluppi successivi, i tentativi graccani non sembrano aver portato nemmeno nella nostra regione a risultati duraturi.

  16. I termini graccani • La documentazione epigrafica diretta dell’attività della commissione agraria graccana. • Cippi che riportano sul lato superiore l’orientamento del decumano e del cardine nella divisione operata dalla commissione. • Sul fianco appaiono i nomi dei componenti della commissione agraria. • Nell’immagine il cippo graccano rinvenuto a Polla (CIL I2, 2933).

  17. Il termine graccano di Polla • CIL I2, 2933: [C(aius) Sempronius Ti(beri) f(ilius) / Ap(pius) Clau[dius C(ai) f(ilius)] / P(ublius) Licin[ius P(ubli) f(ilius)] / III vir(i) a(gris) i(udicandis) [a(dsi-gnandis)]. • Insieme a C. Gracco facevano parte della commissione il princeps Senatus Ap. Claudio Pulcro e il suocero di Caio, P. Licinio Crasso. • La composizione della commissio-ne consente di datare il cippo al 131 a.C.

  18. Il lato superiore di CIL I2, 2934 • Rinvenuto nel territorio di Abellinum: d(ecumanus) III / k(ardo) II. • Il cippo era posto all’incrocio tra il terzo decumano e il secondo cardine della centuriazione graccana dell’area. • Le linee riproducevano l’orientamento dei decumani e dei cardini. • A differenza del precedente, non riportava sul lato i nomi dei commissari agrari.

  19. La discussa colonizzazione graccana Alcuni indizi hanno fatto ipotizzare una ripresa dei progetti coloniari nel Bruzio da parte di Caio Gracco (Clampetia, Consentia, Scolacium). Nell’ager Clampetinus il Liber Coloniarum I, 209, ll. 21-22 Lachmann registra una divisione dell’ager Clampetinuslimitibus Graccanis. Per Consentia il Liber Coloniarium I, 209, ll. 16-18 Lachmann ricorda che ager Consentinus ab imp. Augusto est adsignatus limitibus Graccanis. A Scolacium l’esplicita testimonianza di Velleio Patercolo, Storia romana, I, 15, 4: et, post annum, Scolacium Minervia, Tarentum Neptunia, Carthagoque in Africa, prima, ut praediximus, extra Italiam colonia condita est (“Un anno dopo [ovvero nel 123 a.C.] furono fondate le colonie di Minervia a Scolacium, di Neptunia a Taranto e di Cartagine in Africa che, come abbiamo detto, fu la prima fuori d’Italia”).

  20. La discussa colonizzazione graccana • A Scolacium le intense ricerche archeologiche al momento non sembrano mostrare significative evidenze di età repubblicana. • Il nome Minervia della colonia è tuttavia confermato da CIL X, 103: Imp(erator) Caesar T(itus) Aelius Hadri/anus Antoninus Aug(ustus) Pius, pontif(ex) / maxim(us), trib(unicia) potest(ate) VI, co(n)s(ul) III, p(ater) p(atriae), imp(erator) II, / coloniae Minerviae Nerviae Aug(ustae) / Scolacio aquam dat. • Ancora insufficienti le ricerche a Consentia, ostacolate dalla continuità di insediamento. • Il riferimento del Liber coloniarium pare alludere ad assegnazioni di età augustea, condotte in base ad una centuriazione di tipo graccano. • Discussa la localizzazione di Clampetia, che doveva sorgere sulle coste del medio Tirreno, tra S. Lucido e Amantea. • Interessante l’ipotesi di identificazione con S. Lucido (G.F. La Torre): ma al momento il sito ha restituito solo materiali di un insediamento bruzio e tracce di ville romane. • In sé il dato del Liber coloniarum non è molto significativo (come nel caso di Consentia), contro la definizione di Plinio il Vecchio, Storia naturale, III, 72: locus Clampetia.

  21. L’economia della villa: i caratteri essenziali • Un modo di organizzazione e sfruttamento del territorio caratteristico dei Romani (pur con debiti dalla Grecia e da Cartagine). • Un’azienda agricola finalizzata alla produzione di un surplus, che deve contare dunque su un’adeguata estensione di terre coltivabili. • Un’estensione che richiede una notevole forza lavoro, assicurata soprattutto da schiavi, ma anche da braccianti stagionali. • Tutte le attività dei campi sono coordinate da un fattore (vilicus), anch’esso schiavo, e dalla sua compagna (vilica), che si occupa dei lavori che avvengono entro gli edifici (per esempio la trasformazione e conservazione dei prodotti agricoli). • La presenza di questi lavoratori rende necessario riservare parte delle coltivazioni al loro sostentamento.

  22. L’economia della villa: i caratteri essenziali • La necessità di godere di buone comunicazioni, per la vendita dei prodotti agricoli. • La disponibilità dei capitali necessari ad avviare un’azienda agricola di queste proporzioni, assicurata dal grande afflusso di ricchezze a Roma a seguito della conquista di un Impero nel II sec. a.C. • Un orientamento verso le redditizie colture della vite e dell’ulivo, applicando tecniche agricole scientifiche greche e cartaginesi.

  23. La classificazione delle villae secondo Varrone • Una classificazione in base alla destinazione degli edifici: • Ville rustiche • Ville con pars rustica (nella quale si distingue una pars fructuaria, dove si lavorano e conservano i prodotti) e pars urbana, dove risiede il dominus. • Le tipologie di attività condotte nella villa: • Agri cultura • Pastio agrestis (allevamento di ovini, suini e bovini) • Pastio villatica (allevamento di pollame, volatili, pesci).

  24. Lo schema della villa rustica di età repubblicana • Inizialmente un edificio di dimensioni piuttosto modeste, organizzato in genere intorno ad un cortile centrale.

  25. La villa di Settefinestre • Una villa di età tardorepubblicana nel territorio di Cosa (Ansedonia), divenuta modello di questi impianti produttivi a seguito degli accurati scavi di Andrea Carandini (1976-1981)

  26. La villa nella Lucania e nel Bruzio Il passaggio all’economia della villa nella nostra regione è piuttosto graduale, concretizzandosi dalla seconda metà del II sec. a.C., con un certo ritardo rispetto ad altre aree dell’Italia tirrenica. Un passaggio favorito dal fatto che le tipiche colture della villa, vite e ulivo, trovavano in alcune aree nella nostra regione condizioni ambientali ottimali. La necessità di contare su estensioni di terreno piuttosto vaste, affinché la villa risulti produttiva, porta ad un processo di concentrazione della terra. Un processo che vanifica in alcune aree lo sviluppo della proprietà terriera medio-piccola, che era predominante nella regione prima della conquista romana e che era stata rivitalizzata dalla colonizzazione del II sec. a.C. e dall’azione dei Gracchi.

  27. La villa nella Lucania e nel Bruzio • Un modello di sfruttamento economico del territorio che indubbiamente incontra una certa fortuna: • Secondo il censimento di Simona Accardo nel territorio bruzio sono note almeno 240 villae (anche se non tutte iniziarono l’attività già in età tardorepubblicana). • Una distribuzione che si concentra sulle coste, nella piana di Sibari, nel Marchesato e sull’altopiano del Poro, in corrispondenza dei territori più fertili della regione. • Per la Lucania non disponiamo di sintesi recenti, ma pare che vi fosse una buona concentrazione di villae anche sulle coste ioniche della Lucania (nel Metapontino con appezzamenti che sembrano andare dai 100 ai 500 iugeri). • Qualche esempio anche nel territorio di Buxentum, nella Lucania tirrenica, in terreni a mezza costa ben irrigati. • Più sporadica la presenza di villae nella Lucania interna, dove almeno per l’età repubblicana prevalgono ancora le fattorie di modeste dimensioni.

  28. La distribuzione delle villae nel territorio del Bruzio

  29. La concentrazione delle villae nella piana di Sibari • Trova giustificazione nella grande fertilità del territorio, che assicurava buoni profitti a queste imprese agricole. • Varrone, De re rustica, I, 44, 1-2: Quare observabis, quantum in ea regione consuetudo erit serendi, ut tantum facias, quod tantum valet regio ac genus terrae, ut ex eodem semine aliubi cum decimo redeat, aliubi cum quinto decimo, ut in Etruria locis aliquot. In Italia in Subaritano dicunt etiam cum centesimo redire solitum, in Syria ad Gadara et in Africa ad Byzacium item ex modio nasci centum (“Avrai cura di seminare in una regione la quantità che vi è abituale, poiché la regione e la qualità della terra hanno tanta importanza che una stessa quantità di semente frutterà in alcuni luoghi 10 volte tanto, in altre 15 volte, come in certe località dell’Etruria. Si dice che in Italia, nel territorio di Sibari, il rapporto si eleva a 100 a 1 e che parimenti a Gadara in Siria e in Africa, nella Bizacena, un moggio ne dà 100”).

  30. I caratteri della villa nella Lucania e nel Bruzio • Spesso il complesso abitato era costruito, in forme compatte, su una collina o a mezza costa, previo terrazzamento dell’area. • Gli edifici delle villae nelle aree pianeggianti e costiere avevano uno sviluppo più sparso. • Spesso organizzate intorno ad un cortile centrale, secondo il modello descritto da Vitruvio, De architectura, VI, 6, 6.

  31. La villa di località Camerelle (Castrovillari) • Già nota agli inizi del XX sec., è stata oggetto di scavi nel 1963, su una superficie di 5.000 m2, a poca distanza dal percorso della via Capua-Reggio. • Una lunga occupazione, dalla metà del I sec. a.C. fino al IV sec. d.C. e forse oltre. • Un complesso costruito su un terrazzamento, organizzato intorno ad un peristilio centrale. • Il settore meridionale era occupato dall’abitazione del dominus. • Nel settore settentrionale si trovavano gli impianti produttivi: in particolare l’ambiente L aveva un rialzo circolare sul quale forse si impostava una pressa per la spremitura dell’uva o delle olive. • L’identificazione è confermata dalle due vicine vasche, che accoglievano il frutto della spremitura.

  32. La villa di Camerelle: la pianta

  33. La villa di Camerelle: l’ambiente del torcularium e le vasche

  34. La villa di Camerelle: un ambiente con pavimentazione in opus spicatum

  35. La villa di località Calderazzo (Rosarno) • Un interessante esempio di continuità di occupazione di una sito rurale: la villa romana si sovrappone ad una fattoria di età ellenistica. • Una occupazione tra il I sec. a.C. e il II sec. d.C. • Di particolare interesse il rinvenimento di un grande dolium interrato, destinato alla conservazione di prodotti agricoli.

  36. La villa di Calderazzo: il dolium

  37. Le colture tipiche della villa: viticoltura • Catone, De agri cultura, 6, 4 ricorda due vitigni dell’Italia meridionale: • Il Lucanum, adatto a terre grasse e nebbiose. • L’Aminnium, adatto ai versanti esposti al sole (è l’Aminaios di cui conosciamo l’introduzione in Italia con la colonizzazione greca).

  38. Le colture tipiche della villa: la frutticoltura • Varrone, De re rustica, I, 7, 6: Propter eandem causam multa sunt bifera, ut vitis apud mare Zmyrnae, malus in agro Consentino (“Per la stessa ragione [ovvero per il fatto che alcune aree sono particolarmente appropriate per certe coltivazioni] molte colture danno un doppio raccolto, come la vite sulle coste di Smirne, come i meli nel territorio di Cosenza”).

  39. La villa e le attività manifatturiere • Nell’Italia romana non è rara la presenza di fornaci nei pressi di una villa: • Si poteva così sfruttare un’altra risorsa della proprietà, i giacimenti di argilla. • Oltre che per la produzione di laterizi da costruzione, le fornaci potevano fornire i contenitori nei quali esportare i prodotti agricoli della villa. • Nel Bruzio tardorepubblicano spiccano alcune situazioni recentemente messe in luce sulla costa ionica, tra Crotone e Scolacium.

  40. Anfore vinarie dalla villa di località Basilicata (Cropani) • La fornace della villa ha restituito numerosi esemplari di anfore Dressel 1, vinarie, bollate Lusi. • La villa ha restituito un ambiente che probabilmente ospitava il torchio, oltre al lacus, la vasca dove si raccoglieva il succo d’uva. • Un rapporto con altre anfore vinarie posteriori, le Dressel 2-4, e con laterizi da costruzioni rinvenuti nell’arco ionico (Copia, Taranto), con bolli che rimandano sempre alla gens Lusia. • Forse un rapporto con Trebios Loisios, produttore di anfore vinarie di fine III sec. a.C.? • Una produzione generalmente ritenuta campana, ma che C. Vandermersch ha ascritto, almeno parzialmente, a fornaci collocate a sud del Sele.

  41. I ritrovamenti di località Chiaro (Sellìa Marina) • I lavori per la posa di tubature nel 2006 hanno rivelato un grande getto di materiali ceramici, operato forse nella seconda metà del I sec. a.C. a scopo di bonifica. • Prevalgono numericamente le anfore, anche con scarti di cottura, con caratteristiche degli impasti simili a quelle di Cropani: se ne suppone dunque una fabbricazione locale, forse nella villa di contrada Uria. • Molto numerose le vinarie Dressel 1, nella variante A (fine II - I sec. a.C.) con nomi che rimandano all’antroponimia greca (in greco o in traslitterazione latina). • Piuttosto numerosi anche gli esemplari tipologicamente affini a quelli che, dall’iscrizione, sappiamo contenevano la pix bruttia.

  42. Una Dressel 1A da Sellìa Marina • Il collo di un’anfora vinaria Dressel 1A rinvenuta nello scarico di località Chiaro. • L’anfora presenta un bollo in greco: Diwn[---].

  43. Un bollo latino su Dressel 1A a Sellìa Marina • Un nome che appare più volte nelle anfore di località Chiaro: Diodorus.

  44. Le esportazioni delle villae lucane e bruzie • Il problema delle aree verso cui si indirizzava l’esportazione pare ancora aperto. • Un indizio viene dalla diffusione dei laterizi a bollo Lusi nel Golfo di Taranto: anche i vini dello stesso produttore erano esportati verso la stessa area? • Il ritrovamento di anfore vinarie Dressel 1 nel sito del Castro Pretorio, a Roma, con l’iscrizione dipinta vinum rheginum (CIL XV, 4590-4591). • Un problema da studiare meglio, soprattutto attraverso l’analisi della diffusione delle anfore bollate ascrivibili a produttori lucani e bruzi.

  45. Un dominio assoluto della villa nella Lucania e nel Bruzio? • Secondo parte della critica un’affermazione generale del modello della villa, a scapito della piccola e media proprietà contadina. • Le aree meglio indagate (territorio di Buxentum, Metaponto, Crotone) mostrano tuttavia una certa persistenza di semplici fattorie, la cui produzione era destinata all’autoconsumo e dunque era orientata alla policoltura (con ampio spazio per i cereali). • Nelle aree montuose della Lucania e della Sila il modello della villa ovviamente non trova fertile terreno: continua uno sfruttamento di tipo estensivo, nelle forme della silvicoltura e dell’allevamento. • Un latifondo non è necessariamente gestito in forma unitaria: la possibilità di spezzarlo in piccoli lotti, affittati a contadini liberi.

  46. Le incertezze sulle forme di sfruttamento del territorio • Il labile confine tra una modesta villa rustica e una grande fattoria, soprattutto nei casi noti solo da indagini di superficie. • In questi casi l’assegnazione di resti archeologici a una villa piuttosto che ad una fattoria si basa essenzialmente sull’area di dispersione dei materiali. • Significativi per l’identificazione di una villa con pars urbana i ritrovamenti di pavimentazioni di lusso, colonne, intonaci dipinti.

  47. I grandi proprietari terrieri dell’età tardorepubblicana • Negli ultimi decenni della Repubblica si moltiplicano le notizie di grandi proprietà di senatori e cavalieri nella regione, prima di Silla molto rare. • Il sospetto che si tratti di un riflesso dello stato della documentazione, più che dello stato delle cose: gli ultimi decenni dell’età repubblicana sono uno dei periodi meglio documentati della storia antica (grazie soprattutto a Cicerone). • Tra i diversi personaggi esemplificativo il caso di Crasso, per modalità di acquisizione delle proprietà (nella torbida situazione delle guerre civili) e per le modalità di gestione di queste proprietà (in forme presumibilmente assenteiste). • L’energica azione di Crasso nel reprimere la rivolta di Spartaco nel 71 a.C. può essere letta anche come difesa dei suoi interessi economici nella Lucania e nel Bruzio, minacciate dai moti servili.

  48. Plutarco, Vita di Crasso, 6, 8: un grande proprietario nel Bruzio tardorepubblicano ejn de; tai'" prografai'" kai; dhmeuvsesi pavlin kakw'" h[kousen, wjnouvme-no~ te timh'" braceiva" megavla pravgmata kai; dwrea;" aijtw'n. ejn de; Brettivoi" levgetai kai; progravyai tina;" ouj Suvlla keleuvsanto", ajll j ejpi; crhmatismw/'. • Durante le proscrizioni e le confische che seguirono [la definitiva vittoria di Silla nella guerra civile, nell’82 a.C.] si procurò di nuovo cattiva fama, comprando a poco prezzo grandi proprietà e sollecitando donazioni. Si dice poi che nel Bruzio abbia proscritto alcune persone senza l’ordine di Silla, solo per impadronirsi delle loro ricchezze.

  49. La rivolta di Spartaco e l’assetto economico e sociale della regione La rivolta servile di Spartaco (73-71 a.C.) ha uno dei suoi principali teatri proprio nella Lucania e nel Bruzio. Un evento che per qualche anno fa ripiombare la regione nel clima di insicurezza del III sec. a.C., come testimoniano i numerosi tesoretti monetali nascosti in quegli anni. Un clima simile si era vissuto qualche anno prima in alcune aree della Lucania, colpite dalla Guerra Sociale. Il passaggio delle bande di Spartaco getta nuovamente la luce delle fonti letterarie sulla regione, facendoci conoscere qualche interessante dato socio-economico.

  50. La rivolta di Spartaco e l’assetto economico e sociale della regione • Di interesse per i nostri fini soprattutto la permanenza di Spartaco nel Vallo di Diano, dove l’esercito dei ribelli avrebbe raddoppiato le sue dimensioni. • Una testimonianza del massiccio impiego di manodopera servile nell’area; ma Spartaco deve anche affrontare liberi coloni. • L’appoggio a Spartaco viene soprattutto dagli schiavi pastori, che godono di una certa libertà di azione e sono in possesso di un rudimentale armamento. • Interessante anche il dato relativo a Copia, impadronitisi delle quale i ribelli riuscirono ad equipaggiarsi adeguatamente: una testimonianza delle attività artigianali nella città.

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