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A. A. 2011- 2012 – Semestre primaverile Corso monografico di letteratura moderna: Lettura dell' Allegria di Ungaretti

A. A. 2011- 2012 – Semestre primaverile Corso monografico di letteratura moderna: Lettura dell' Allegria di Ungaretti. Calendario delle lezioni. Merc. 22 febbraio 17:15 – 19:00 MIS 3028 Gio . 1 marzo 17:15 – 19:00 MIS 3028 Merc. 7 marzo 17:15 – 19:00 MIS 3028

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Presentation Transcript


  1. A. A. 2011- 2012 – Semestre primaverile Corso monografico di letteratura moderna: Lettura dell'Allegria di Ungaretti

  2. Calendario delle lezioni Merc. 22 febbraio 17:15 – 19:00 MIS 3028 Gio. 1 marzo 17:15 – 19:00 MIS 3028 Merc. 7 marzo 17:15 – 19:00 MIS 3028 Merc. 14 marzo 17:15 – 19:00 MIS 3028 Merc. 21 marzo 17:15 – 19:00 MIS 3028 Gio. 22 marzo 17:15 – 19:00 MIS 3023 Merc. 28 marzo 17:15 – 19:00 MIS 3028 Merc. 4 aprile 17:15 – 19:00 MIS 3028 Merc. 25 aprile 17:15 – 19:00 MIS 3028 Merc. 2 maggio 17:15 – 19:00 MIS 3028 Merc. 9 maggio 17:15 – 19:00 MIS 3028 Merc. 15 maggio 17:15 – 19:00 MIS 3028 Merc. 23 maggio 17:15 – 19:00 MIS 3028 Merc. 30 maggio 17:15 – 19:00 MIS 3028 Annullate: 29 febbraio 2012 18 aprile 2012

  3. Bibliografia L’edizione critica dell’Allegria, a cura di Cristiana Maggi Romano, è apparsa nel 1982 (Milano, Fondazione Mondadori). La raccolta con il relativo apparato di varianti si legge inoltre in G. Ungaretti, Vita d’un uomo. Tutte le poesie, a cura di L. Piccioni, Milano, Mondadori, 1969 (ristampata successivamente anche in veste economica); e (con commento) in G. Ungaretti, Vita d’un uomo. Tutte le poesie, a cura di Carlo Ossola, Milano, Mondadori, 2009. Si segnala, inoltre, G. Ungaretti, Il Porto Sepolto, a cura di C. Ossola, Venezia, Marsilio, 1990. La bibliografia su Ungaretti e su L’Allegria è vastissima. Si segnalano qui le voci ‘storicamente’ più importanti, utilmente fruibili nella preparazione dell’esame: Luciano Rebay, Le origini della poesia di Giuseppe Ungaretti, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1962; Leone Piccioni, Ungarettiana, Firenze, Vallecchi, 1980; C. Ossola, Giuseppe Ungaretti, Milano, Mursia, 1982; Mario Barenghi, Ungaretti, Modena, Mucchi, 1999. Su lingua e stile, poi, si ricorda Pietro Spezzani, Per una storia del linguaggio di Ungaretti fino a «Sentimento del Tempo», nel vol. misc. Ricerche sulla lingua poetica contemporanea, Padova, Liviana, 1966, pp. 91-160. Tra i contributi più recenti: Paolo Briganti, Tra inquiete muse. L’Ungaretti dell’Allegria, Milano, Unicopli, 2008; e (con un taglio decisamente introduttivo) Daniela Baroncini, Ungaretti, Bologna, Il Mulino, 2010.

  4. Commiato < PS 16 PoesiaLocvizza il 2 ottobre 1916 Gentile Ettore Serra poesia è il mondo l’umanità la propria vita 5 fioriti dalla parola la limpida meraviglia < PS16 è la limpida meraviglia di un delirante fermento Quando trovo < PS16 Quando io trovo in questo mio silenzio 10 una parola scavata è nella mia vita come un abisso

  5. Gen|ti |le 3 Et|to|re | Ser|ra 5 po|e|si|a 4 è il | mon|do | l’u|ma|ni|tà 8 la | pro|pria | vi|ta 5 fio|ri|ti | dal|la | pa|ro|la 8 la | lim|pi|da | me|ra|vi|glia 8 di un | de|li|ran|te | fer|men|to 8 Quan|dO | trO|vO 4 in | que|stO | mi|O | si|len|ziO 8 u|nA | pA|ro|lA 5 scA|vA|tA è | nel|lA | mi|A |vi|tA 9 co|me un | a|bis|so 5

  6. C. Baudelaire, Le Gouffre [1862], trad. it. di G. Raboni Pascal avait son gouffre, avec lui se mouvant. - Hélas ! tout est abîme, - action, désir, rêve, Parole ! et sur mon poil qui tout droit se relève Mainte fois de la Peur je sens passer le vent. En haut, en bas, partout, la profondeur, la grève Le silence, l’espace affreux et captivant… Sur le fond de mes nuits Dieu de son doigt savant Dessine un cauchemar multiforme et sans trêve. J’ai peur du sommeil comme on a peur d’un grand trou, Tout plein de vague horreur, menant on ne sait où; Je ne vois qu’infini par toutes les fenêtres, Et mon esprit, toujours du vertige hanté, Jalouse du néant l’insensibilité. - Ah ! ne jamais sortir des Nombres et des Êtres ! Pascal aveva il proprio abisso, e sempre se lo portava dietro. – Abisso è tutto: l’atto e il desiderio, il sogno e la parola. - Quante volte, sfiorato dalla brezza della Paura, sento che mi si rizzano i capelli! Da ogni parte – su, giù – la riva, il vuoto, il silenzio, lo spazio che affascina e spaventa… Sul nero delle notti, col suo dito sapiente, Dio mi disegna un incubo multiforme e accanito. Mi fa paura il sonno, buco immenso, vago e orrendo, che porta chissà dove; da ogni vetro non vedo che infinito, e la mia mente, in preda al capogiro, invidia al Nulla il nulla. – Ah, non uscire, non uscire mai dai Numeri e dagli Esseri!

  7. Mappa cronologica: 1916 e dintorni 1912, D’Annunzio, quarto libro delle Laudi Marinetti, Manifesto della lett. futurista Slataper, Il mio Carso 1913, Pirandello, I vecchi e i giovani Papini, Un uomo finito Rebora, Frammenti lirici 1914, Campana, Canti Orfici Palazzeschi, Il controdolore Sbarbaro, Pianissimo 1915, Govoni, Rarefazioni e parole in libertà

  8. E. Montale, Meriggiare pallido e assorto, 1916 Meriggiare pallido e assorto presso un rovente muro d’orto, ascoltare tra i pruni e gli sterpi schiocchi di merli, frusci di serpi. Nelle crepe del suolo o su la veccia 5 spiar le file di rosse formiche ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano a sommo di minuscole biche. Osservare tra frondi il palpitare lontano di scaglie di mare 10 mentre si levano tremuli scricchi di cicale dai calvi picchi. E andando nel sole che abbaglia sentire con triste meraviglia com’è tutta la vita e il suo travaglio 15 in questo seguitare una muraglia che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.

  9. E. Montale, Non chiederci la parola… Non chiederci la parola che squadri da ogni lato l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco lo dichiari e risplenda come un croco perduto in mezzo a un doloroso prato. Ah l’uomo che se ne va sicuro, 5 agli altri ed a se stesso amico, e l’ombra sua non cura che la canicola stampa sopra uno scalcinato muro! Non domandarci la formula che mondi possa aprirti, sì qualche storta sillaba e secca come un ramo. 10 Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

  10. Camillo Sbarbaro, Taci, anima stanca di godere, 1913, poi in Pianissimo, 1914 Taci, anima stanca di godere e di soffrire (all'uno e all'altro vai rassegnata). Nessuna voce tua odo se ascolto: non di rimpianto per la miserabile 5 giovinezza, non d'ira o di speranza, e neppure di tedio.                      Giaci come il corpo, ammutolita, tutta piena d'una rassegnazione disperata. 10                      Noi non ci stupiremmo, non è vero, mia anima, se il cuore si fermasse, sospeso se ci fosse il fiato... Invece camminiamo. 15 camminiamo io e te come sonnambuli. E gli alberi son alberi, le case sono case, le donne che passano son donne, e tutto è quello che è, soltanto quel che è. 20 La vicenda di gioia e di dolore non ci tocca. Perduta ha la sua voce la sirena del mondo, e il mondo è un grande deserto.                  Nel deserto 25 io guardo con asciutti occhi me stesso.

  11. C. Rebora, Sciorinati giorni dispersi, in FL, 1913 Sciorinati giorni dispersi, cenci all'aria insaziabile: prementi ore senza uscita, fanghiglia d'acqua sorgiva: torpor d’àttimi lascivi 5 fra lo spirito e il senso; forsennato voler che a libertà si lancia e ricade, inseguita locusta tra sterpi; e superbo disprezzo 10 e fatica e rimorso e vano intendere: e rigirìo sul luogo come cane, per invilire poi, fuggendo il lezzo, la verità lontano in pigro scorno; e ritorno, uguale ritorno 15 dell'indifferente vita, mentr'echeggia la via consueti fragori e nelle corti s'amplian faccende in conosciute voci, e bello intorno il mondo, par dileggio 20 all'inarrivabile gloria al piacer che non so, e immemore di me epico armeggio verso conquiste ch'io non griderò. Oh per l'umano divenir possente 25 certezza ineluttabile del vero, ordisci, ordisci de’ tuoi fili il panno che saldamente nel tessuto è storia e nel disegno eternamente è Dio: ma così, cieco e ignavo, 30 tra morte e morte vil ritmo fuggente, anch'io t'avrò fatto; anch'io.

  12. F. T. Marinetti, L’immaginazione senza filie le parole in libertà, “Lacerba” 1913 Il Futurismo si fonda sul completo rinnovamento della sensibilità umana avvenuto per effetto delle grandi scoperte scientifiche. […] Il lirismo è la facoltà rarissima di inebbriarsi della vita e di inebbriarla di noi stessi. […] [Il poeta lirico] comincerà col distruggere brutalmente la sintassi […]. Non perderà tempo a costruire i periodi. S’infischierà della punteggiatura e dell’aggettivazione. Disprezzerà cesellature e sfumature di linguaggio e in fretta vi getterà affannosamente nei nervi le sue sensazioni visive, auditive, olfattive, secondo la loro corrente incalzante. L’irruenza del vapore-emozione farà saltare il tubo del periodo, le valvole della punteggiatura e i bulloni regolari dell’aggettivazione. Manate di parole essenziali senza alcun ordine convenzionale. Unica preoccupazione, rendere tutte le vibrazioni del suo io. […] E per dare il valore esatto e le proporzioni della vita che ha vissuta, lancierà delle immense reti di analogie sul mondo. […] Io inizio una rivoluzione tipografica diretta contro la bestiale e nauseante concezione del libro di versi passatista e dannunziana. […] La mia rivoluzione è diretta contro la così detta armonia tipografica della pagina. […] Combatto l’estetica decorativa e preziosa di Mallarmé e le sue ricerche della parola rara, dell’aggettivo unico insostituibile, elegante, suggestivo, squisito. Non voglio suggerire un’idea o una sensazione con delle grazie o delle leziosaggini passatiste: voglio anzi affermarle brutalmente e scagliarle in pieno petto al lettore. […] La nostra ebrietà lirica deve liberamente deformare, riplasmare le parole, tagliandole, allungandone, rinforzandone il centro o le estremità. […] Avremo così la nuova ortografia che io chiamo libera espressiva. Questa deformazione istintiva delle parole corrisponde alla nostra tendenza naturale verso l’onomatopea.

  13. Ungaretti ‘egiziano’: 1888-1912 • Nasce ad Alessandria d’Egitto nel 1888 da Antonio e Maria Lunardini • Frequenta fino al 1906 l’EcoleSuisseJacot • Legge il “Mercure de France” • Frequenta il circolo anarchico della ‘Baracca Rossa’ fondato da Enrico Pea, insieme all’amico Mohammed Sceab

  14. In memoria [Il Porto Sepolto] - Locvizza il 30 settembre 1916 Si chiamava Moammed Sceab Discendente di emiri di nomadi 5 suicida perché non aveva più Patria Amò la Francia e mutò nome PS16 e mutò nome in Marcel 10 Fu Marcel ma non era Francese e non sapeva più vivere nella tenda dei suoi 15 dove si ascolta la cantilena del Corano gustando un caffè E non sapeva sciogliere 20 il canto del suo abbandono L’ho accompagnato insieme alla padrona dell’albergo dove abitavamo 25 a Parigi dal numero 5 della rue des Carmes appassito vicolo in discesa Riposa nel camposanto d’Ivry 30 sobborgo che pare sempre PS16 continuamente in una giornata di una decomposta fiera 35 E forse io solo so ancora che visse PS16 Saprò / fino al mio turno / di morire

  15. G. Ungaretti, Lezioni su Leopardi, 1945-46 “In quanto a Baudelaire e a Mallarmé, essi davano occasione a un litigio senza fine tra me e il mio più caro compagno d’allora, quel MoammedSceab a cui ho dedicato il mio Porto Sepolto. Uscivamo di scuola accesi nella lite e, spinti dal diverbio, invece di tornare a casa si andava verso il lungomare ch’era a due passi. Saltavamo sul parapetto del molo, e andando in su e giù sbracciandoci e gridando, chissà come a uno di noi non sia accaduto mai di cascare nell’acqua, che a diversi metri giù si spezzava contro gli scogli. Sceab era un positivo e sottile argomentatore, come sanno esserlo gli Arabi, e difatti, purtroppo, doveva finire suicida per motivi filosofici. Non ero un loico, non lo sono mai stato, ma un poeta, un invasato, e non trovavo se non repliche immaginose e passionali. Sceab, per darmi il colpo di grazia, non diceva di non capire Mallarmé; per dirlo avrebbe dovuto essere meno pazzo d’orgoglio; ma diceva: è un poeta bello all’orecchio”.

  16. G. Ungaretti, Nota introduttiva, 1969 Baudelaire era l’argomento di discussioni interminabili con uno dei miei compagni, che un giorno trovarono morto, perché in nessun paese si poteva accasare, in una stanza dello stesso albergo che abitavamo, in rue desCarmes a Parigi: MoammedSceab. A lui è dedicata la poesia che apre Il Porto Sepolto. Era un ragazzo dalle idee chiare e prediligeva Baudelaire. Non dico che Baudelaire sia uno scrittore chiaro; è uno scrittore che ama aggirarsi nelle sue caverne, ed è difficile esser chiari e introspettivi nello stesso tempo, ama è di sicuro più chiaro di Mallarmé, è insomma uno scrittore che può affrontarsi subito senza tirocinio. L’altro suo autore era Nietzsche, che lo aveva addirittura soggiogato. I suoi autori erano Baudelaire e Nietzsche; io rimanevo fedele a Mallarmé e a Leopardi, a Mallarmé che sentivo anche se non tutto capivo, a Leopardi che capivo un po’ di più benché anche lui abbia, nel punto sublime, la necessaria sostanza ermetica.

  17. Anche le tombe sono scomparse Spazio nero infinito calato da questo balcone al cimitero Mi è venuto a ritrovare il mio compagno arabo che s’è ucciso l’altra sera Rifà giorno Tornano le tombe appiattate nel verde tetro delle ultime oscurità nel verde torbido del primo chiaro Nota d’autore: Osservando dall’alto il Cimitero Monumentale di Milano è evocato per analogia il camposanto d’Ivry, dove riposa Moammed Sceab. G. Ungaretti, Chiaroscuro

  18. G. Ungaretti, Chiaroscuro, red. « Lacerba » aprile 1915 Il bianco spazio delle tombe se lo è sorbito la notte Spazio nero infinito calato da questo balcone al cimitero Mi è venuto a ritrovare il mio compagno arabo che si è suicidato che quando m’incontrava negli occhi parlandomi con quelle sue frasi pure e frastagliate era un cupo navigare nel mansueto blu È stato sotterrato a Ivry con gli splendidi suoi sogni e ne porto l’ombra

  19. Rifà giorno Le tombe ricompariscono appiattate nel verde tetro delle ultime oscurità nel verde torbido del primo chiaro Le annate dopo le annate trovatelle a passeggio in uniforme accompagnate da suore di carità. Ma ora mi reggo tra le braccia le nuvole che il mio sole mantiene e all’alba non voglio sapere di più.

  20. Ungaretti commenta Ungaretti, 1963 “In memoria, rievocazione del suicidio del mio compagno MoammedSceab, è il simbolo di una crisi delle società e degli individui che ancora perdura, derivata dall’incontro e scontro di civiltà diverse e dall’urto e conseguenti sconvolgimenti tra le tradizioni politiche e il fatale evolversi storico dell’umanità”.

  21. G. Ungaretti, Ragioni d’una poesia, 1969 “Soltanto la poesia, l’ho imparato terribilmente, lo so, la poesia sola può recuperare l’uomo, persino quando ogni occhio s’accorge, per l’accumularsi delle disgrazie, che la natura domina la ragione e che l’uomo è molto meno regolato dalla propria opera che non sia alla mercé dell’Elemento”.

  22. Ungaretti a Parigi: 1912-1921 • Conosce gli scrittori raccolti intorno ai “Cahiers de la Quinzaine” di Charles Péguy • Frequenta artisti come Picasso, Braque, Modigliani, o altri italiani residenti a Parigi (De Chirico, Savinio, Palazzeschi) • Si lega di profonda amicizia a Papini e Soffici, fondatori della rivista “Lacerba” • Conosce Guillaume Apollinaire • Frequenta le lezioni di Henri Bergsonal Collège de France (→ L’estetica di Bergson e Lo stile di Bergson, “Lo Spettatore italiano”, 1924)

  23. G. Ungaretti, Nota introduttiva, 1969 “Fra Apollinaire e me era avvenuto un avvicinamento insolito. Sentivamo in noi il medesimo carattere composito e quella difficoltà che l’animo nostro aveva di trovare la via di assomigliare a se stesso, di costituire la propria unità. Quell’unità non l’avremmo mai trovata altrove se non ricorrendo alla poesia. Era la ricerca, era il ritrovamento di un linguaggio liberatore se riusciva a manifestare l’angosciosa ricerca di sé”.

  24. G. Apollinaire, Lesfiançailles, da Alcools Je n’ai plus mêmepitié de moi Et ne puisexprimermontourment de silence Tout lesmotsquej’avais à dire se sontchangés en étoiles […] Jadislesmortssontrevenus pour m’adorer Etj’espérais la fin du monde Mais la miennearrive en sifflantcomme un ouragan J’ai eu le courage de regarder en arrière Lescadavresde mesjours Marquentmarouteetjeles pleure […]

  25. H. Bergson, L’evoluzione creatrice: la memoria La memoria non consiste nella facoltà di ordinare i ricordi come in cassetti o di iscriverli in un registro […] perché una facoltà opera in modo intermittente, quando vuole o può, mentre invece l’accumulo del passato sul passato prosegue senza soste. In realtà il passato si conserva da sé solo, automaticamente e, certo, ci segue tutt’intero costantemente. […] Anche se non ne abbiamo un’idea distinta, sentiamo pur sempre vagamente che il nostro passato ci rimane presente: infatti, che cosa siamo, che cos’è il nostro carattere, se non la storia condensata di quanto abbiamo vissuto? […] Certo, noi pensiamo soltanto con una piccola parte del nostro passato, ed è invece con tutt’intero il nostro passato, ivi compresa la particolare curvatura della nostra anima all’origine, che desideriamo, vogliamo ed agiamo.

  26. H. Bergson, L’evoluzione creatrice: la personalità La nostra personalità, che ad ogni istante cresce con l’accumularsi dell’esperienza, muta continuamente e, mutando, impedisce che uno stato, apparentemente identico ad un altro in superficie, ne sia davvero, in profondità, una ripetizione: pertanto la nostra durata è irreversibile, né potremmo riviverne la benché minima parte, perché bisognerebbe cominciare col cancellare il ricordo di tutto quanto è venuto poi. […] La nostra personalità, in tal modo, spunta, cresce, matura senza posa, ed ogni suo momento è un elemento nuovo che va ad aggiungersi a quanto essa era prima: meglio ancora, non solo nuovo, ma imprevedibile.

  27. C. Ossola, Ungaretti, p. 119: sul rapporto con Bergson In Bergson è racchiusa l’ideologia, l’episteme se si vuole, che sta alla base di Allegria di naufragi: negare significa prospettare, sopra la realtà che si giudica insufficiente o insoddisfacente, una “realitéinconnue” invocata a sostituire il presente: ma questa possibilità non è profezia alternativa allo stato di cose attuale, non è promessa d’apocalissi […]. La negazione insomma s’inflette su se stessa e sogna l’assenza, la mera disparizione, non offre e non attende “remplaçant”, non si proietta sul futuro, s’involge sul passato. La sostituzione è sempre ciò che si lascia, mai ciò che si potrebbe prendere.

  28. Il Porto SepoltoMariano il 29 giugno 1916 Vi arriva il poeta e poi torna alla luce con i suoi canti e li disperde Di questa poesia mi resta 5 quel nulla d’inesauribile segreto

  29. Il Porto SepoltoMariano il 29 giugno 1916 Vi arriva il poeta e poi tornaalla luce con i suoi canti e li disperde Di questapoesia mi resta 5 quel nulla d’inesauribile segreto

  30. G. Ungaretti, Nota introduttiva, 1969 “Si vuole sapere perché la mia prima raccoltina s’intitolasse Il porto sepolto. Verso i sedici, diciassette anni, forse più tardi, ho conosciuto due giovani ingegneri francesi, i fratelli Thuile. Entrambi scrivevano. [...] Quegli amici avevano ereditato dal padre una biblioteca raccolta con precisione di curiosità e di gusto, una biblioteca romantica ch’essi avevano arricchita con opere dei poeti e degli scrittori contemporanei. [...] Abitavano fuori d’Alessandria, in mezzo al deserto. Mi parlavano d’un porto, d’un porto sommerso, che doveva precedere l’epoca tolemaica, provando che Alessandria era un porto già prima di Alessandro, che già prima d’Alessandro era una città. […] Non se ne sa nulla, non ne rimane altro segno che quel porto custodito in fondo al mare, unico documento tramandatoci d’ogni era d’Alessandria. Il titolo del mio primo libro deriva da quel porto”.

  31. Il Porto SepoltoMariano il 29 giugno 1916 Vi arriva il poeta e poi torna alla luce con i suoi canti e li disperde Di questa poesia mi resta 5 quel nulla d’inesauribile segreto

  32. Quel nulla / d’inesauribile segreto (I) • Ung AL, Eterno: Tra un fiore colto e l’altro donato / l’inesprimibile nulla. • Rebora FL, Cielo, per albe e meriggi e tramonti: Ma qui fra nebbie andiamo, e a chi non vede / sterile nulla è il cielo (vv. 10-11). • Montale OS, Ma dove cercare la tomba: Tra quelle cerca un fregio primordiale / che sappia pel ricordo che ne avanza / trarre l’anima rude / per vie di dolci esigli: / un nulla, un girasole che si schiude / ed intorno una danza di conigli (vv. 17-22). • Montale OS, Forse un mattino: Forse un mattino andando in un’aria di vetro, / arida, rivolgendomi, vedrò compiersi il miracolo: il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro (vv. 1-3).

  33. Quel nulla / d’inesauribile segreto (II) • Zanzotto V, Da un’altezza nuova: Il ricchissimo nihil, / che incombe ed esalta, dove / beatificanti fiori e venti gelidi / s’aprono dopo il terrore. • Zanzotto V, Esistere psichicamente: Da tutto questo che non è nulla / ed è tutto ciò ch’io sono: / tale la verità geme a se stessa. • Zanzotto P, Codicillo: No nessun nume né umano allontaniamo / grazie sono i certami con lui-ciascuno / perché ciascuno infinitamente / ci avvezzò ci svezzò / al lucore di questo nostro insieme / e del niente.

  34. Quel nulla / d’inesauribile segreto (III) • Leopardi Z 85 (gennaio 1820): Io era spaventato nel trovarmi in mezzo al nulla, un nulla io medesimo. Io mi sentiva come soffocare considerando e sentendo che tutto è nulla, solido nulla. • Leopardi L a Giordani (6 marzo 1820): Questa è la miserabile condizione dell’uomo, e il barbaro insegnamento della ragione, che i piaceri e i dolori umani essendo meri inganni, quel travaglio che deriva dalla certezza della nullità delle cose, sia sempre e solamente giusto e vero. E se bene regolando tutta quanta la nostra vita secondo il sentimento di questa nullità, finirebbe il mondo e giustamente saremmo chiamati pazzi, in ogni modo è formalmente certo che questa sarebbe una pazzia ragionevole per ogni verso, anzi che a petto suo tutte le saviezze sarebbero pazzie, giacché tutto a questo mondo si fa per la semplice e continua dimenticanza di quella verità universale, che tutto è nulla.

  35. Quel nulla / d’inesauribile segreto (IV) • Tolstoj, Racconti autobiografici, Adolescenza, cap. 19: Da nessuna corrente filosofica fui affascinato come dallo scetticismo, che ad un certo momento mi portò ad uno stato vicino alla follia. Immaginavo che fuori di me nessuno e nulla esistesse in tutto il mondo, che gli oggetti non fossero oggetti, ma immagini, le quali mi apparivano solo quando vi fissavo l’attenzione, e che appena cessavo di pensarci quelle immagini subito svanissero. In una parola mi trovavo d’accordo con Schlegel nel ritenere che esistono non gli oggetti ma il nostro rapporto con essi. C’erano momenti, quando sotto l’influenza di questa idea fissa arrivavo a rasentare la follia, al punto che rapidamente mi voltavo dalla parte opposta, sperando di sorprendere il vuoto/il nulla là dov’io non ero.

  36. G. Ungaretti, Ragioni d’una poesia, 1969 “Nessuno sente più dell’artista, se si tratta d’un vero artista, la pena che la sua parola rimanga indecifrabile a tanta parte degli uomini, come se la sua arte fosse opera straordinaria per la sua specie: la sua arte stessa porta la ferita sanguinante d’un’impotenza così ingiusta. [...] La vera poesia si presenta innanzi tutto a noi nella sua segretezza. È sempre accaduto così. Più giungiamo a trasferire la nostra emozione e la novità delle nostre visioni nei vocaboli, e più i vocaboli giungono a velarsi d’una musica che sarà la prima rivelazione della loro profondità poetica oltre ogni limite di significato”.

  37. Maurice de Guérin, Journal, 28.IX.1834 Si je m’âbimedansvotresein, vaguesmystérieuses, m’arrivera-t-ilcomme à ceschevaliers qui, entraînésaufonddeslacs, y recontraient de merveilleuxpalais, ou, comme ce pêcheur de la fable, en tombantdans la merdeviendrai-je un dieu?

  38. Il paesaggio d’Alessandria d’Egitto, “Lacerba” 7 febbr. 1915, poi in Poesie disperse La verdura estenuata dal sole. Il bove bendato prosegue il suo giro Accompagna il congegno tondo stridente. Si ferma alle pause regolari. L’acqua mesciuta si distende barcollante. Si risotterra durante il viaggio. Le gocciole attimo di gioia trattenuto Brillano sulla verdura rasserenata. Il fellà è accoccolato nell’antro Del sicomoro ritto sulle proboscidi Che escono di terra come vermi mostruosi Col moto uguale di anelli in su e giù. Stese verso terra come le braccia di Gesù. Il fellà canta Gorgoglio di passione di piccione innamorato Nenia noiosa delizia • Anatra vieni. • E chi se ne frega. - Al letto di seta colore di sfumature di poesia. • E chi se ne frega. • T’insegnerò la frescura di tramonto delle astuzie. • E chi se ne frega. • Lo possiedo duro grande e grosso. • E chi se ne frega. Il mio silenzio di vagabondo indolente

  39. Giuseppe Ungaretti, L’Allegria Storia della raccolta 1916, Il Porto Sepolto, Udine, STU (32 testi) 1919, Allegria di Naufragi, Firenze, Vallecchi (105 testi, alcuni in francese); struttura molto articolata: 11 sezioni con al centro PS 1923, Il Porto sepolto, La Spezia, St. Apuana (67 testi) Divisione in 4 sezioni: Sirene+Elegie e madrigali+AN+PS Pref. di B. Mussolini: “Una testimonianza profonda della poesia fatta di sensibilità, di tormento, di ricerca, di passione e di mistero” 1931, L’Allegria, Milano, Preda (74 testi)

  40. Ungaretti, L’Allegria, 1931: Premessa Questo vecchio libro è un diario. L’autore non ha altra ambizione, e crede che anche i grandi poeti non ne avessero altre, se non quella di lasciare una sua bella biografia. Le sue poesie rappresentano dunque i suoi tormenti formali, ma vorrebbe si riconoscesse una buona volta che la forma lo tormenta solo perché la esige aderente alle variazioni del suo animo, e, se qualche progresso ha fatto come artista, vorrebbe che indicasse anche qualche perfezione raggiunta come uomo.

  41. Giuseppe Ungaretti, L’Allegria Struttura della raccolta 1931 Ultime → 12 testi Il Porto Sepolto → 33 testi = Il Porto Sepolto 1916 con varianti nei titoli, nella disposizione dei testi, e lo sdoppiamento di La notte bella > La notte bella + Universo Naufragi → 17 testi Girovago → 5 testi Prime → 7 testi

  42. G. Ungaretti, L’Allegria: Ultime (I sezione) • Eterno LA 8.V.1915 • Noia LA 8.V.’15 • Levante LA 13.III.’15 • Tappeto CM 15.III.’15 • Nasce forse LA 28.II.’15 • AgoniaCM 15.III.’15 LA “Lacerba” CM “La Critica Magistrale” • Ricordo d’AffricaCM 15.III.’15 • Casa mia CM 15.III.’15 • Notte di maggio CM 15.III.’15 • In Galleria LA 8.V.’15 • Chiaroscuro LA 17.IV.’15 • Popolo LA 8.V.’15

  43. Eterno [Ultime]da A31 poesia incipitaria della raccolta, con il titolo Eternità Tra un fiore colto e l’altro donato l’inesprimibile nulla < I red. (1915) Tra un fiore colto e l’altro donato l’inesprimibile vanità Fiore doppio nati in grembo alla madonna della gioia

  44. U. Foscolo, Alla sera, vv. 9-12 Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme Che vanno al nulla eterno; e intanto rugge Questo reo tempo, e van con lui le torme Delle cure onde meco egli si strugge. Cfr. commento di Gavazzeni (p. 406): “Il nulla eterno non è tanto entità fisica quanto la percezione del definitivo scomparire della propria identità individuale”.

  45. G. Ungaretti, L’estetica di Bergson, 1924 [Il poeta] indovina la perennità del tempo e noi in essa, parvenze fuggitive certo, ma – ci dirà Bergson teso a far della coscienza la realtà unica, a identificarla con quell’assoluto ch’egli chiama slancio vitale – incarnazione momentanea dell’eternità, per quel passato di cui siamo lo slancio, e quell’avvenire che rampollerà dal nostro passaggio. Il nostro atomo di tempo non è perduto nell’eternità, è una goccia del gran fiume.

  46. Noia [Ultime] Anche questa notte passerà Questa solitudine in giro titubante ombra dei fili tranviari sull’umido asfalto Guardo le teste dei brumisti nel mezzo sonno tentennare

  47. Noia [Ultime] < Sbadiglio (L 1915) L vv. 1-37 > AN19 vv. 1-20 > A31 vv. 1-7 AN vv. 13-20 A31/A42 Anche questa notte passerà Questa vita in giro solitudine titubante ombra dei fili tramviari sull’umido asfalto Guardo i faccioni dei brumisti tentennare A 31 i testoni…/ nel mezzo sonno / tentennare A 42 le teste Il sonno arriva così prudente a portarmi un po’ via

  48. Agonia Morire come le allodole assetate sul miraggio AN 1919 O come la quaglia < O come le quaglie passato il mare < traversato il mare nei primi cespugli < nei primi cespugli incontrati perché di volare non ha più voglia < non ne hanno più voglia Ma non vivere di lamento < Ma non morire di lamento come un cardellino accecato

  49. Il Porto Sepolto • In memoria 30 sett. 1916 • Il porto sepolto 29 giugno 1916 • Lindoro di deserto 22 dic. 1915 • Veglia 23 dic. 1915 • A riposo 27 aprile 1916 • Fase d’Oriente 27 aprile 1916 • Tramonto 20 maggio 1916 • Annientamento 21 maggio 1916 • Stasera 22 maggio 1916 • Fase 25 giugno 1916 • Silenzio 27 giugno 1916 • Peso 29 giugno 1916 • Dannazione 29 giugno 1916 • Risvegli 29 giugno 1916 • Malinconia 10 luglio 1916 • Destino 14 luglio 1916 • Fratelli 15 luglio 1916 • C’era una volta 1 agosto 1916 • Sono una creatura 5 agosto 1916 • In dormiveglia 6 agosto 1916 • I fiumi 16 agosto 1916 • Pellegrinaggio 16 agosto 1916 • Monotonia 22 agosto 1916 • La notte bella 24 agosto 1916 • Universo 24 agosto 1916 • Sonnolenza 25 agosto 1916 • San Martino del Carso 27 ag. 16 • Attrito 23 sett. 1916 • Distacco 24 sett. 1916 • Nostalgia 28 sett. 1916 • Perché 1916 • Italia 1 ott. 1916 • Commiato 2 ott. 1916

  50. Il Porto Sepolto: cronologia • Dicembre 1915 2 • Aprile 1916 2 • Maggio 1916 3 • Giugno 1916 6 • Luglio 1916 3 • Agosto 1916 10 • Settembre 1916 5 • Ottobre 1916 2

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