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Sociologia dei processi culturali e comunicativi

Sociologia dei processi culturali e comunicativi. C orso di laurea triennale in sociologia a.a. 2012/13. Il concetto di cultura Cultura termine polisemico.

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Sociologia dei processi culturali e comunicativi

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Presentation Transcript


  1. Sociologia dei processi culturali e comunicativi Corso di laurea triennale in sociologia a.a. 2012/13

  2. Il concetto di cultura Cultura termine polisemico. In linea generale, ci si riferisce alle dimensioni dell’agire umano che hanno carattere simbolico e appreso (linguaggio, religione, usi e costumi…). Spartiacque tra mondo umano e non umano.

  3. Le diverse famiglie di significati del termine 1. Cultura in senso specializzato: oggetto delle discipline umanistiche, regno della dimensione spirituale e intellettuale (‘coltivazione’ dello spirito) • Ciò che di meglio è stato detto e scritto. • La sociologia dell’arte

  4. 2. Cultura come modi di vita di un gruppo o di una società (accezione descrittiva) Vedi la tradizione antropologica. Perché questa accezione può difficilmente essere applicata oggi. La complessità culturale

  5. 3. Cultura come rete di significati incontrati e creati dagli esseri umani. Il concetto semiotico di cultura (Geertz, Interpretazione di culture). Semiotica: scienza generale dei segni

  6. La cultura permette agli esseri umani non solo di adattarsi all’ambiente, ma di adattare l’ambiente a se stessi. • Sulla relazione ‘natura’ versus ‘cultura’ Ciò che è ‘naturale è sempre interpretato culturalmente dagli esseri umani

  7. La diversità tra gli esseri umani è legata alla cultura. Gli esseri umani apprendono attraverso strumenti culturali. Cultura come ciò che viene appreso e ciò che consente di apprendere.

  8. La cultura mette a disposizione significati e sistemi di credenze • * La cultura mette a disposizione regole per l’azione sociale. Senza queste regole sarebbe impossibile per gli esseri umani comprendersi reciprocamente

  9. La falsa antitesi idealismo versus materialismo • Visione idealista: centralità delle norme e dei valori (Parsons) • Visione materialista: centralità degli interessi materiali (Marx). La riflessione sulle ideologie come ‘veli’ che coprono la realtà.

  10. M. Santoro e R. Sassatelli, Studiare la cultura, il Mulino • Passaggio dall’idea di cultura come coltivazione dello spirito a cultura come insieme dei valori, delle norme, delle rappresentazioni all’interno di un contesto culturale dato

  11. Visione della cultura come insieme di pratiche e di atteggiamenti che diamo per scontati nella nostra vita quotidiana. Cultura come pratica: forma di azione quotidiana. Alla sua base ci sono i significati (e le norme, credenze, le visioni del mondo, i valori… a cui essi rinviano)

  12. Ann Swidler (1986). “Cultura in azione: simboli e strategie” (in Santoro e Sassatelli, 2009) • Cultura come ‘cassetta degli attrezzi’ (tool-kit): abitudini, stili, competenze. Non contano i valori ultimi, ma queste competenze nell’influenzare l’azione.

  13. Domande generali: • E’ possibile separare cultura e società? • Come studiare la cultura?

  14. Lo stesso concetto di cultura è figlio di una data ‘concezione culturale’ (vedi la sociologia della conoscenza, K. Mannheim) • La concezione illuministica di cultura. Visione ottimista: la cultura si incarica di disperdere le tenebre dell’ignoranza e della superstizione. Equivalenza di cultura e ragione.

  15. Cultura sinonimo, qui, di ‘civiltà’ e ‘civilizzazione’. Universalismo del concetto di cultura. • In seguito contrapposizione tra ‘cultura alta’ (prodotti dell’élite intellettuale) e ‘cultura bassa’ (cultura popolare).

  16. Il romanticismo tedesco (fine Settecento, Ottocento): legame tra cultura e nazione. La centralità dell’idea di tradizione; specificità, sotto questo profilo, di una nazione. Nasce in questo contesto il concetto di Kultur come unicità (contro l’universalismo illuminista).

  17. L’antitesi tedesca fra ‘cultura’ e ‘civilizzazione’. L’ analisi di Norbert Elias (‘Il processo di civilizzazione’, 1936). Cultura rimanda qui all’unicità e specificità delle singole culture contro la ‘civilizzazione’ che richiama la civiltà di corte (aristocrazia). • Cultura come strumento per prendere le distanze dall’aristocrazia da parte della borghesia tedesca.

  18. La concezione antropologica di cultura • La concezione antropologica di cultura (fine Ottocento): cultura come specificità di un popolo • Dimensione descrittiva. Relazione con le imprese coloniali, e i cosiddetti ‘grandi viaggi’. I resoconti della vita delle popolazioni ‘altre’.

  19. La cultura diventa dimensione collettiva. La centralità dei costumi. • La diversità tra le culture

  20. E. Tylor (1871): cultura come insieme di conoscenze, credenze, arte, morale, diritto, costume e “qualsiasi altra capacità e abitudine acquisita dall’uomo come membro di una società”. Ogni cultura racchiude al proprio una pluralità di dimensioni.

  21. Tre dimensioni centrali dell’universo culturale nella visione antropologica: a) il mondo delle norme e credenze (pensiero) b) il mondo delle azioni quotidiane (costumi) c) i prodotti del lavoro umano (cultura materiale)

  22. Quali sono i caratteri centrali della cultura nella visione dell’antropologia? 1. La cultura è appresa. 2. La cultura rappresenta la totalità dell’ambiente sociale e fisico. Cultura e società finiscono in questo caso per sovrapporsi. 3. La cultura è condivisa. La cultura è uniformemente distribuita all’interno della società. I problemi posti da questa visione nella società contemporanea.

  23. Il relativismo culturale al centro di questa visione di cultura – rifiuto della gerarchizzazione delle culture. • Influenza di questa visione sulla sociologia – ma la sociologia, in quanto ‘scienza della società’ deve guardare ai processi di mutamento e analizzarne le dinamiche.

  24. In che modo tre importanti scuole sociologiche - la scuola americana (Scuola di Chicago); la scuola francese (Durkheim); la tradizione di pensiero tedesca (Weber e Simmel) – interagiscono con la visione della cultura ereditata dall’antropologia.

  25. 1. La Scuola di Chicago • Stati Uniti, prima metà del Novecento. Il metodo etnografico applicato alle realtà delle metropoli americane. Forti fenomeni migratori, coesistenza di culture diverse; comunità culturali che convivono, ma separate territorialmente. • Principali autori di riferimento: Thomas e Znaniecki, Park, Robert e Helen Lynd

  26. Perché conta la dimensione culturale in questo scenario: quali sono le interpretazioni soggettive che i nuovi immigrati danno della situazione in cui si trovano a vivere. La ‘definizione della situazione’ di Thomas.

  27. A differenza dell’antropologia: centralità della costruzione sociale delle visioni culturali di cui i soggetti/i gruppi sono portatori. • Park e ‘l’uomo marginale’: a cavallo tra più sistemi culturali. Rapporto tra definizione dell’identità e dinamiche culturali (specificità dello sguardo sociologico sul tema)

  28. Park (The City) applica gli strumenti dell’antropologia culturale allo studio dell’organizzazione culturale complessa della città. Coesistenza di diversi gruppi: si base etnica, professionale, eccetera. • Viene anticipato da Park il concetto di ‘subcultura’, che diventerà centrale per la sociologia del Novecento. La “città dentro la città”.

  29. Attraverso la complessità culturale della metropoli si accentuano aspetti come la differenziazione simbolica, l’individualizzazione, la pluralità degli stimoli e delle relazioni. Crescono le relazioni secondarie rispetto a quelle primarie. La lezione di Simmel (La metropoli e la vita dello spirito, 1903) e la sua influenza su Park.

  30. 2. La scuola francese (Durkheim) Le analisi dell’antropologia culturale sono utilizzate per formulare una teoria generale (vedi Durkheim, Le forme elementari della vita religiosa, 1912). Obiettivo: formulare leggi generali di funzionamento del mondo sociale.

  31. Per Durkheim: importante cogliere le dimensioni stabili nel tempo delle forme religiose, non la loro variabilità a seconda delle culture (diversità rispetto al programma dell’antropologia culturale). • Carattere simbolico della vita sociale: la dimensione simbolica è al centro della vita sociale; consente la comunicazione; attiva forme di solidarietà pre-contrattuali. La polemica con l’utilitarismo di Spencer.

  32. Le rappresentazioni collettive (visioni del mondo, credenze, miti, valori, norme): dimensione istituzionale e oggettiva della cultura. Rappresentazioni collettive come fatti sociali. • Cultura come dimensione cruciale per garantire l’ordine e la coesione sociale.

  33. 3. La tradizione di pensiero tedesca (Weber e Simmel) • Il dibattito metodologico (Methodenstreit) di fine Ottocento. La posizione di Max Weber. • Esseri umani come esseri culturali: la centralità del significato che si annette all’azione.

  34. La definizione weberiana di cultura (1922): “ sezione finita dell’infinità priva di senso del divenire del mondo, alla quale è attribuito senso e significato dal punto di vista dell’uomo”. • Le ricadute metodologiche di questa visione. • Il condizionamento reciproco tra economia e cultura (Weber, L’etica protestante e lo spirito del capitalismo).

  35. L’analisi di Simmel della ‘cultura oggettiva’ e l’impossibilità del soggetto, nel mondo moderno, di appropriarsene, traformandola in ‘cultura soggettiva’. Nasce qui, per Simmel, la ‘tragedia della cultura’ moderna. L’analisi di Simmel ne ‘La metropoli e la vita dello spirito’ (1903)

  36. I complessi problemi della relazione fra società e cultura oggi: le diseguaglianze e le differenze; la ‘deterritorializzazione’ della cultura; l’individuo ‘slegato’ dalle appartenenze culturali nell’universo globalizzato. Al tempo stesso, queste appartenenze si trasformano e possono generare identità non integrabili.

  37. I valori Nel linguaggio comune i valori sono intesi come gli ideali verso i quali si tende. Due significati specifici nel linguaggio sociologico: • Dimensioni ritenute soggettivamente/ oggettivamente rilevanti • Criteri di valutazione dell’importanza di queste dimensioni

  38. Le diverse dimensioni dei valori • Affettiva • Cognitiva • Selettiva • Normativa

  39. Nel discorso pubblico contemporaneo è entrato fortemente il tema della ‘crisi dei valori’. In realtà, non sono ‘i’ valori ad essere in crisi, ma alcuni specifici valori. La variabilità storica dei valori. Nuovi valori possono via via orientare l’azione.

  40. Un esempio del mutamento dei valori: un valore tradizionale: l’ʻonore’; un valore contemporaneo: l’autorealizzazione (Inglehart) e l’emancipazione personale Gli ‘indignati’ e la lotta intorno a nuovi valori. Il ruolo dei movimenti collettivi.

  41. Durkheim e i valori • La distinzione fra morale – ideali normativi e valori - e mores - condotte abitudinarie, costumi. I valori non possono essere ricondotti al comportamento. La dimensione valoriale è centrale per la vita sociale ( la coesione sociale)

  42. Parsons e i valori • T. Parsons sviluppa la visione durkheimiana dei valori: centralità del concetto di interiorizzazione dei valori nel corso del processo di socializzazione. • I valori entrano a far parte della struttura motivazionale della persona. Importanza strategica dei valori per l’integrazione sociale (ma i valori dividono tanto quanto uniscono – v. Weber)

  43. Il meccanismo di acquisizione dei valori secondo questa prospettiva teorica: il bambino/la bambina apprendendo i ruoli si familiarizza e apprende i valori e le norme sociali ad essi collegate.

  44. Weber e i valori • Comprendere significato e funzione dei valori per comprendere l’azione sociale (valori come guida e orientamento delle scelte). • Politeismo dei valori: non solo numerosità dei sistemi di valore, ma loro inconciliabilità. I conflitti che possono nascere.

  45. Marx e i valori • Le idee e i valori dominanti in una società sono i valori della classe dominante. • Sono le ‘attività materiali’ ad ispirare i valori, e non viceversa. • I valori vanno compresi nel contesto di un’analisi sull’ideologia.

  46. Falsità dell’universalismo di valori quali libertà, uguaglianza, fraternità (i valori dell’Illuminismo). • Mascheramento, attraverso i valori, di interessi particolari. • Affinità fra la visione marxiana dei valori e quella utilitarista (accettazione dei valori in base all’interesse dell’attore sociale).

  47. I valori e l’azione sociale in linea generale va sottolineato come l’azione sociale risulti orientata non solo da valori, ma anche da interessi, consuetudini e, più in generale, aspirazioni. • Una questione teorica (e empirica) aperta: in che misura i valori influenzano effettivamente i comportamenti?

  48. Valori e norme sociali • Importanza della distinzione fra valori e norme (anche se i due termini vengono talvolta usati in modo indifferente). • Valori come principi generali, norme come dimensione vincolante che dai valori discende. Divieti e sanzioni come espressione delle norme.

  49. I valori garantiscono riferimenti generali per l’azione; le norme regolano l’agire in contesti specifici (regole pratiche). • Quando vengono apprese le norme? A differenza dei valori, interiorizzati nel corso della socializzazione primaria, le norme hanno un orizzonte di apprendimento aperto. • Diffusione delle norme in tutti gli ambiti della vita sociale

  50. La distinzione fra comportamenti ‘regolari’ (routine, tradizione, senso comune) e comportamenti ‘regolati’, cioè normati (se la norma è violata esistono sanzioni).

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