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Corso di formazione “Protezione Civile e tecniche di evacuazione”

Corso di formazione “Protezione Civile e tecniche di evacuazione” Le attività di previsione e prevenzione del rischio. Le attività di monitoraggio del territorio, la rilevazione delle criticità dei fenomeni. L’allerta Meteo Airola (BN) 17 – 18 aprile 2013 Docente: Mario Barbani

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Presentation Transcript


  1. Corso di formazione “Protezione Civile e tecniche di evacuazione” Le attività di previsione e prevenzione del rischio. Le attività di monitoraggio del territorio, la rilevazione delle criticità dei fenomeni. L’allerta Meteo Airola (BN) 17 – 18 aprile 2013 Docente: Mario Barbani mario.barbani@protezionecivile.it

  2. CENNI SULLA NORMATIVA ITALIANA SULLA DIFESA DEL SUOLO Dopo la seconda metà degli anni 60 lo sviluppo della società e delle attività antropiche cominciano a diventare sempre più numerose e diversificate ponendo il territorio a situazioni di rischio sempre più elevato. Si stima che l’80 % delle costruzioni situate nelle aree a rischio esondazione fluviale siano state realizzate negli ultimi 50 anni ed ancora oggi è difficile ostacolare l’edificabilità pur esistendo oggi vincoli ben precisi.

  3. Legge 765/1967 Emanata per frenare l’edificabilità selvaggia dopo fenomeni franosi che avevano colpito Agrigento nella valle dei Templi dopo speculazioni edilizie Questa legge dettava principi e regole per una rispettosa pianificazione urbanistica Provocò l’effetto contrario a causa di un articolo che derogava di un anno la sua applicazione (per rilanciare l’economia). Risultato al 1974 furono costruiti 7 milioni di vani ponendo il territorio italiana in una situazione fortemente compromessa. Situazione peggiorata anche a causa del susseguirsi di condoni edilizi

  4. Legge 632/1967 Venne emanata dopo l’alluvione del 4 novembre 1966 Prevedeva una commissione con a capo De Marchi (da qui il nome “Commissione De Marchi”) al fine di individuare strategie per la difesa dalle alluvioni. Per la prima volta furono introdotti 2 concetti importanti per la salvaguardia del rischio idraulico ed idrogeologico: Il “Bacino Idrografico” individato come ambito fisico di riferimento per gli interventi legati alla conservazione e la difesa del suolo; Il “Piano di Bacino” definito come lo strumento entro il quale dovevano essere inquadrati. Bisognerà aspettare il 1989 con la legge 183 “Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo” per confermare il Bacino idrografico definitivamente come ambito territoriale per la difesa del suolo.

  5. Legge 183/1989 “Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo” Articolo 1 • Assicura la difesa del suolo, il risanamento delle acque, a fruizione e la gestionedel patrimonio idrico per gli usi di razionale sviluppo economico e sociale, la tutela degli aspetti ambientali ad essi connessi. • La pubblica amministrazione svolge ogni opportuna azione di carattere conoscitivo, di programmazione e pianificazione degli interventi, di loro esecuzione. Articolo 2 Specificata l’attività conoscitiva: “azioni di: raccolta, elaborazione, archiviazione e diffusione dei dati; accertamento, sperimentazione, ricerca e studio degli elementi dell'ambiente fisico e delle condizioni generali di rischio; formazione ed aggiornamento delle carte tematiche del territorio; valutazione e studio degli effetti conseguenti alla esecuzione dei piani, dei programmi e dei progetti di opere previsti dalla presente legge; attuazione di ogni iniziativa carattere conoscitivo ritenuta necessaria per il conseguimento delle finalità di cui all'articolo 1.”

  6. Legge 183/1989 Articolo 3 • Si definiscono le attività di pianificazione, di programmazione e di attuazione. a. la sistemazione, la conservazione ed il recupero del suolo nei bacini idrografici, con interventi idrogeologici, idraulici, idraulico-forestali, idraulico-agrari, silvo – pastorali, di forestazione e di bonifica, anche attraverso processi di recupero naturalistico, botanico e faunistico; b. la difesa, la sistemazione e la regolazione dei corsi d'acqua, dei rami terminali dei fiumi e delle loro foci nel mare, nonché delle zone umide; c. la moderazione delle piene, anche mediante serbatoi di invaso, vasche di laminazione, casse di espansione, scaricatori, scolmatori, diversivi o altro, per la difesa dalle inondazioni e dagli allagamenti; d. la disciplina delle attività estrattive, al fine di prevenire il dissesto del territorio, inclusi erosione ed abbassamento degli alvei e delle coste; e. la difesa e il consolidamento dei versanti e delle aree instabili, nonché la difesa degli abitati e delle infrastrutture contro i movimenti franosi, le valanghe e altri fenomeni di dissesto; f. il contenimento dei fenomeni di subsidenza dei suoli e di risalita delle acque marine lungo i fiumi e nelle falde idriche, anche mediante operazioni di ristabilimento delle preesistenti condizioni di equilibrio e delle falde sotterranee; g. la protezione delle coste e degli abitati dall'invasione e dall'erosione delle acque marine ed il ripascimento degli arenili, anche mediante opere di ricostituzione dei cordoni dunosi; h. il risanamento delle acque superficiali e sotterranee allo scopo di fermarne il degrado e, rendendole conformi alle normative comunitarie e nazionali, assicurarne la razionale utilizzazione per le esigenze della alimentazione, degli usi produttivi, del tempo libero, della ricreazione e del turismo, mediante opere di depurazione degli effluenti urbani, industriali ed agricoli, e la definizione di provvedimenti per la trasformazione dei cicli produttivi industriali ed il razionale impiego di concimi e pesticidi in agricoltura; i. la razionale utilizzazione delle risorse idriche superficiali e profonde, con una efficiente rete idraulica, irrigua ed idrica, garantendo, comunque, che l'insieme delle derivazioni non pregiudichi il minimo deflusso costante vitale negli alvei sottesi nonché la polizia delle acque; l. lo svolgimento funzionale dei servizi di polizia idraulica, di navigazione interna, di piena e di pronto intervento idraulico, nonché della gestione degli impianti; m. la manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere e degli impianti nel settore e la conservazione dei beni; n. la regolamentazione dei territori interessati dagli interventi di cui alle lettere precedenti ai fini della loro tutela ambientale, anche mediante la determinazione di criteri per la salvaguardia e la conservazione delle aree demaniali e la costituzione di parchi fluviali e lacuali e di aree protette;

  7. Legge 183/1989 Le Autorità di Bacino (AdB) • Sono organi politico – tecnici di pianificazione che hanno il compito di elaborare ed approvare il Piano di Bacino Il piano di Bacino È lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d'uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo e la corretta utilizzazione della acque, sulla base delle caratteristiche fisiche ed ambientali del territorio interessato.

  8. Modifiche alla Legge 183/1989 • Dopo il “decreto Bassanini” 112/1998 ,che fornisce maggiori competenze alle Regioni, viene affidata a quest’ultime la delega per i piani stralcio “Piani di Tutela delle Acque”; • Obbligo da parte delle Autorità di Bacino di elaborare i PAI “Piani d’Assetto Idrogeologico” relativi al rischio idraulico ed alle frane (legge 180/1998 dopo Sarno). • Modifica della procedura di approvazione dei Piani di Assetto Idrogeologico introducendo le conferenze programmatiche al fine di accrescere la partecipazione pubblica (279/2000).

  9. DIRETTIVA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 27 febbraio 2004 “Indirizzi operativi per la gestione organizzativa e funzionale del sistema di allertamento nazionale, statale e regionale per il rischio idrogeologico ed idraulico ai fini di protezione civile.” • Finalità Individuare le autorità a cui compete la decisione e la responsabilità di allertare il sistema della protezione civile; Definire i soggetti istituzionali e gli organi territoriali coinvolti nelle attività di previsione e prevenzione del rischio e di gestione dell'emergenza; Stabilire gli strumenti e le modalità con cui le informazioni relative all'insorgenza ed evoluzione del rischio idrogeologico ed idraulico…devono essere raccolte, analizzate e rese disponibili alle autorità, ai soggetti istituzionali ed agli organi territoriali individuati e coinvolti nel sistema e nelle attività di protezione civile; Sancire i rapporti funzionali e le relazioni di leale collaborazione tra il sistema della protezione civile, sia nazionale che regionale, e le altre autorità, i soggetti istituzionali e gli organi territoriali, preposti alla valutazione e mitigazione del rischio in materia; Organizzare il sistema di allerta nazionale distribuito;

  10. D.P.C.M. del 27 febbraio 2004 I responsabili del sistema di allertamento le Presidenze delle Giunte regionali attraverso Soggetti e strutture a tal fine individuati e/o delegati La Presidenza del Consiglio dei Ministri attraverso il Dipartimento della Protezione Civile I responsabili gestiscono il Sistema di Allerta Nazionale attraverso Rete dei Centri Funzionali e Centri di Competenza Centro Funzionale Centrale Centri Funzionali Decentrati

  11. D.P.C.M. del 27 febbraio 2004 Il sistema di allerta nazionale si articola in 2 fasi: Fase previsionale: costituita dalla valutazione, sostenuta da una adeguata modellistica numerica, della situazione meteorologica, nivologica, idrologica, idraulica e geomorfologica attesa, nonché degli effetti che tale situazione può determinare sull'integrità della vita, dei beni, degli insediamenti e dell'ambiente; Fase di monitoraggio e sorveglianza: articolata in: i) osservazione qualitativa e quantitativa, diretta e strumentale, dell'evento meteoidrologico ed idrogeologico in atto; ii) previsione a breve dei relativi effetti attraverso il now casting meteorologico e/o modelli afflussi-deflussi inizializzati da misure raccolte in tempo reale.

  12. D.P.C.M. del 27 febbraio 2004 Le Zone d’Allerta “ambiti territoriali significativamente omogenei per l'atteso manifestarsi nel tempo reale della tipologia e della severità degli eventi meteo idrologici intensi e dei relativi effetti.” 2001 Convenzione tra l’ARPA Piemonte ed il Dipartimento della Protezione Civile per l’assistenza alla gestione delle situazioni di rischio idro – meteorologico sul territorio nazionale Individuazione di Aree Omogenee “Ambiti territoriali ottimali caratterizzati da risposta meteorologica e/o idrologica omogenea in occasione dell’insorgenza del rischio”

  13. Le Zone d’Allerta Criteri di perimetrazione Climatici : Individuazione di aree con regime pluviometrico omogeneo (VAPI) Idrografici : (considerando i confini di bacino) Meteorologici : (in base alle dimensioni caratteristiche delle previsioni meteo) Orografici Amministrativi

  14. Acquisizione dei tematismi Vettoriali Raster Idrografia; Bacini; Limiti amministrativi; Modello digitale del terreno; GRID dei coefficienti di crescita e dell’altezza di pioggia dal VAPI; Varie Carte tematiche (temperatura, Precipitazione Media Annua ecc..)

  15. Zonazioni Esistenti

  16. Prima ipotesi di zonazione del Territorio Nazionale in AREE D’ALLERTAMENTO 102 aree

  17. Questa prima zonazione garantisce l’unitarietà di bacino ma crea problemi di competenza per le emissioni delle allerte (le aree ricadono in più Regioni) Alcune Regioni, in base al conoscenza del proprio territorio e delle esigenze amministrative hanno formulato nuove aree Seconda ipotesi di zonazione del Territorio Nazionale in Zone d’Allerta

  18. Situazione Attuale: 134 Zone d’Allerta

  19. Ad ogni Zona d’Allerta è stata associata una SOGLIA PLUVIOMETRICA (indicatore quantitativo dello stato pluviometrico che può favorire l’insorgenza di un determinato livello di rischio) Una prima classificazione delle soglie viene fatta secondo la valenza spaziale Soglie puntuali Soglie areali Metodo di determinazione delle SP • Utilizzo di modelli di distribuzione di probabilità che forniscono i valori di pioggia di assegnato tempo di ritorno (considerato come il parametro di taratura). • Analisi dei dati di eventi storici in termini di causa – effetto.

  20. Linee Segnalatrici di Probabilità Pluviometrica Sono stati utilizzati i risultati dei rapporti del VAPI (VAlutazione delle Piene in Italia) del GNDCI (Gruppo Nazionale di Difesa delle Catastrofi Idrogeologiche) Questi rapporti forniscono una base statistica (mediante l’utilizzo di un modello probabilistico) che consente l’individuazione dei tempi di ritorno associati alle altezze di precipitazione di durata pari ad 1, 3 , 6, 12 , 24 ore su tutto il Territorio Nazionale. Nei Rapporti del VAPI si utilizza, nella maggior parte dei casi, la distribuzione di probabilità TCEV (TwoComponentExtremeValue) che tiene conto degli eventi non elevati ma frequenti (componente Base) e degli eventi rilevanti ma rari (componente straordinaria) Soglie puntuali Kt m(d) L’altezza di pioggia cumulata è legata al fattore di crescita Kt e m(d) che è il valore atteso dell’altezza di pioggia massima annuale caduta in d ore consecutive. HP(d) = m(d) ·Kt

  21. Soglie areali Per le piogge areali è stato preso in considerazione un fattore di ragguaglio r (Fattore di Riduzione Areale) HA(d) = m(d) ·Kt ·r

  22. Reperimento dati I dati reperiti per la realizzazione delle SP sono stati: Dati sugli effetti al suolo riscontrati in alcune Regioni pilota (Calabria, Emilia Romagna, Piemonte e Valle d’Aosta) negli anni 1990 – 2002 Dati di pioggia a scala oraria per gli eventi suddetti. Lievi Per il reperimento dati su frane ed esondazioni è stato utilizzato il Progetto AVI(Aree Vulnerate Italiane da frane ed inondazioni) che a livello nazionale risulta il lavoro di archiviazione più completo riguardante danni idrogeologici ed idraulici DANNI Gravi

  23. Confronto Sono state confrontate le piogge (espresse in tempi di ritorno) con i danni Definiamo MANCATO ALLARME (MA) il non superamento della SP a fronte di un danno Definiamo FALSO ALLARME (FA) Il superamento della soglia pluviometrica senza che si siano verificati danni Sono stati conteggiati tutti i MA e FA per ogni durata (1, 3, 6, 12, 24) ed ogni tempo di ritorno (2, 5, 10, 20).

  24. Funzione Obiettivo I conteggi sono stati inseriti in una funzione obiettivo La scelta dei pesi P1 e P2 assume un aspetto delicato in quanto è legata a valutazioni di natura sociale; è logico comunque ipotizzare P1 > P2 in quanto un mancato allarme comporta ripercussioni più pesanti rispetto ad un falso allarme. Lo scopo è di avere come TR ottimale quello per il quale la funzione obiettivo assume il valore minimo.

  25. Indicatore dello stato idrologico Per tenere conto della dipendenza dei processi idrologici dallo stato del sistema (grado di saturazione dei suoli) si è fatto riferimento ad un indice indiretto I che tiene conto della precipitazione avvenuta nei giorni precedenti all’evento. La formula empirica utilizzata è la Cancelli – Nova D è la durata in ore ed N è un fattore di normalizzazione espresso come il rapporto tra la pioggia media annua dell’area in esame e quella dell’area in cui è stata ottenuta la relazione. Dall’esperienza è stato stabilito che bisogna verificare la pioggia cumulata dei 15 giorni precedenti per calcolare la stabilità del suolo

  26. La formula Cancelli e Nova stabilisce un confine di stabilità. Se la pioggia cumulata nei 15 giorni precedenti ricade al di sopra della linea di stabilità la pioggia precedente deve essere considerata CRITICA Se la pioggia cumulata nei 15 giorni precedenti ricade al di sotto della linea di stabilità la pioggia precedente deve essere considerata NONCRITICA

  27. Risultati per le Regioni Pilota ed estensione alle altre Regioni I risultati ottenuti per le Regioni pilota risultano molto simili. Per tal motivo è stato deciso come prima istanza di estendere a tutte le altre Regioni i dati ottenuti.

  28. Soglie delle Regioni Autonome Per le Regioni con un Centro Funzionale Decentrato Autonomo, vengono prese in considerazione le soglie adottate negli “Indirizzi operativi per la gestione organizzativa e funzionale del sistema di Allertamento Nazionale e Regionale per il rischio idrogeologico ed idraulico ai fini di Protezione Civile.”

  29. D.P.C.M. del 27 febbraio 2004 Situazione Attuale

  30. D.P.C.M. del 27 febbraio 2004 Lo scenario di evento L'evoluzione nello spazio e nel tempo del solo evento prefigurato, atteso e/o in atto, pur nella sua completezza e complessità. Lo scenario di rischio L'evoluzione nello spazio e nel tempo dell'evento e dei suoi effetti, cioè della distribuzione degli esposti stimati e della loro vulnerabilità anche a seguito di azioni di contrasto.

  31. D.P.C.M. del 27 febbraio 2004 Il Sistema di soglie articolato almeno sui due livelli: moderata ed elevata criticità un livello base di situazione ordinaria, in cui le criticità possibili sono ritenute comunemente ed usualmente accettabili dalle popolazioni. Poiché lo scenario d'evento previsto, monitorato e sorvegliato nel tempo reale potrebbe manifestarsi in modo ben differente da quanto descritto dal relativo prefigurato scenario d'evento, i valori assunti nel sistema di soglie, nonché i relativi livelli di criticità, devono precauzionalmente ed adeguatamente includere una quota di "non conoscenza", cioè di incertezza nella valutazione dei prefigurati scenari di rischio, da associare alle stime fatte in tale ambito valutativo. Per le precipitazioni, sulla base dello studio precedente, i livelli del sistema di soglie si basano sul tempo di ritorno: Ordinaria criticità Moderata criticità Elevata criticità Tempo di ritorno piogge previste > 2 anni Tempo di ritorno piogge previste > 5 anni Tempo di ritorno piogge previste > 20 anni

  32. D.P.C.M. del 27 febbraio 2004 Le previsioni a scala sinottica e valutazioni meteo

  33. D.P.C.M. del 27 febbraio 2004 Il Bollettino di Vigilanza Meteo Nazionale • Viene emesso quotidianamente ed è a fini di protezione civile.

  34. D.P.C.M. del 27 febbraio 2004 I Bollettini previsionali Le criticità vengono inserite attraverso la piattaforma webalert

  35. D.P.C.M. del 27 febbraio 2004 La piattaforma webalert

  36. D.P.C.M. del 27 febbraio 2004 I Centri di Competenza Enti, Agenzie, Dipartimenti universitari, Istituti e Centri di Ricerca, soggetti privati preposti a produrre servizi, sviluppo tecnologico, prodotti operativi ed approfondimento delle conoscenze attraverso un’attività di ricerca applicata

  37. D.P.C.M. del 27 febbraio 2004 Gli Avvisi Meteo

  38. D.P.C.M. del 27 febbraio 2004 Gli Avvisi di Criticità

  39. D.P.C.M. del 27 febbraio 2004 Le allerte di Protezione Civile

  40. D.P.C.M. del 27 febbraio 2004 L’attività di monitoraggio articolata in 2 fasi: i) osservazione qualitativa e quantitativa, diretta e strumentale, dell'evento meteoidrologico ed idrogeologico in atto; ii) previsione a breve dei relativi effetti attraverso il now casting meteorologico e/o modelli afflussi-deflussi inizializzati da misure raccolte in tempo reale.

  41. Il monitoraggio idro - pluviometrico 4290 stazioni e più di 6000 sensori

  42. Il monitoraggio idro - pluviometrico La rete di monitoraggio è prevalentemente costituita da pluviometri ed idrometri ma ci sono anche altri sensori (anemometri, termometri, nivometri ecc..).

  43. La rete radar Nazionale

  44. Il monitoraggio da radar I prodotti utilizzati sono principalmente 3: SRI (SurfaceRainfallIntensity) che fornisce la stima di precipitazione in prossimità del suolo (riferita all’istante di scansione del radar ed è una intensità definita in mm/h). SRT (SurfaceRainfull Total) che fornisce una stima di precipitazione cumulata in un periodo di tempo. CAPPI (ConstantAltitudePlan Position Indicator) restituisce un immagine della sezione orizzontale della quota fissata

  45. Il Nowcasting

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