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ECONOMIA DEI TRASPORTI E DEI SISTEMI LOGISTICI TERMINALI MARITTIMI DISTRETTI LOGISTICI

ECONOMIA DEI TRASPORTI E DEI SISTEMI LOGISTICI TERMINALI MARITTIMI DISTRETTI LOGISTICI. LEZIONE N.14 Mettersi insieme è un inizio, rimanere insieme è un progresso, lavorare insieme è un successo. Henry Ford Anno Accademico 2011 -2012. IL RUOLO DEI TERMINALI MARITTIMI.

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ECONOMIA DEI TRASPORTI E DEI SISTEMI LOGISTICI TERMINALI MARITTIMI DISTRETTI LOGISTICI

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Presentation Transcript


  1. ECONOMIA DEI TRASPORTI E DEI SISTEMI LOGISTICITERMINALI MARITTIMI DISTRETTI LOGISTICI LEZIONE N.14 Mettersi insieme è un inizio, rimanere insieme è un progresso, lavorare insieme è un successo. Henry Ford Anno Accademico 2011 -2012

  2. IL RUOLO DEI TERMINALI MARITTIMI Per il trasporto terrestre la UE ha compiuto sforzi non comuni che hanno prodotto vari documenti finalizzati a definire linee d’intervento. Non altrettanto è stato fatto per il trasporto marittimo malgrado il suo peso rilevante. • 90% dei traffici con il resto del mondo; • 35% dei traffici intracomunitari. I porti sono stati considerati quali luoghi di transito obbligato delle merci, quali punti di rottura di carico/ trasporto piuttosto che come infrastrutture complesse ad elevato contenuto logistico.

  3. IL NORTHERN RANGE Il grande sviluppo dei porti del Northern Range è da ascrivere a scelte politiche di ampie vedute ed anche a scelte imprenditoriali coraggiose; essi godono di una situazione di grande intermodalità e di un retroterra in cui insistono importanti insediamenti industriali, infrastrutture, una rete fluviale e canali navigabili. La concezione affermatasi nel N.R. non è quella di servizio pubblico tal quale ma consiste in unsistema porto-impresa orientato alla collaborazione strategicacon grandi gruppi internazionali di trasporto.

  4. IL RUOLO DELLA MANO PUBBLICA • LePORT AUTHORITY sono state concepite per attivare una “comunità portuale” in cui insistono diversi operatori che sono coordinati dal soggetto pubblico ed operano con la finalità di offrire servizi di qualità secondo i noti principi dellacustomer satisfaction. • Il ruolo della Pubblica Amministrazione è stato determinante nel diffondere la percezione che la comunità portuale è un importante fattore generativo di ricchezza; ma i fattori di tale successo possono così sintetizzarsi:

  5. FATTORI DI SUCCESSO DEI PORTI DEL NORTHERN RANGE • Politiche di portafoglio del porto per tipologie merceologiche, traffici serviti e servizi accessori; • Politiche di marketing di promozione delle attività del porto attraverso rappresentanze nei porti esteri e la partecipazione a fiere e manifestazioni; • Politiche di formazione e qualificazione professionale delle risorse umane impiegate nel porto; • Politiche d’investimento finalizzate al conseguimento di vantaggi competitivi quali: sistemi di trasmissione dati, carrelli AGV automatizzati guidati via laser, miglioramento dei collegamenti con l’entroterra; • Politiche sociali di coinvolgimento con gli operatori, di integrazione e di focusing dell’opinione pubblica sulle problematiche portuali e della sua comunità; • Politiche di coordinamento delle azioni e delle strategie degli operatori logistici insediati.

  6. CONSEGUENZE • In sostanza si è creata, attraverso la pianificazione a medio-lungo termine, la capacità di essere pronti ad affrontare i mutamenti del mercato. • Punti di forza sono: • Intermodalità ed accessibilità delle reti; • Penetrazione nell’entroterra. • I porti del N. R. hanno inoltre goduto di una particolare rendita di posizione rappresentata dal fatto di essere localizzati in adiacenza ad un’importantissima rete di fiumi e canali atti alla navigazione interna.

  7. PUNTI DI FORZA INTERMODALITÀ ED ACCESSIBILITÀ DELLE RETI; PENETRAZIONE NELL’ENTROTERRA I porti del N. R. godono inoltre di una particolare rendita di posizione rappresentata dal fatto di essere localizzati in adiacenza ad un’importantissima rete di fiumi e canali atti alla navigazione interna.

  8. VALUTAZIONE DEI SERVIZI PORTUALI GRADO DI ARTICOLAZIONE DEI PORTAFOGLIO PRODOTTI: • Numero e articolazioni dei terminal operators presenti; • Frequenze delle linee di navigazione; • Collegamenti ferroviari; • Servizi portuali specializzati. Nota: I porti del N. R. dispongono dei requisiti elencati e sono quelli in cui è presente la più vasta rappresentanza dei terminal operators; su un totale di 333 Rotterdam, Amburgo e Anversa ne ospitano ben 254.

  9. VALUTAZIONE SERVIZI PORTUALI (2) CAPACITÀ COMMERCIALE E GESTIONALE: • Numero degli armatori liner che scalano; • Numero dei porti toccati. Infatti maggiore è il numero delle linee, della frequenza delle partenze, dei porti scalati e delle toccate oltremare più alta la capacità di competizione di un porto.

  10. VALUTAZIONE SERVIZI PORTUALI (3) • A giocare un ruolo non secondario è inoltre l’esistenza di una rete di relazioni commerciali e di flussi di traffico che le Autorità Portuali sono in grado di canalizzare. • Gli operatori sono inoltre attratti dalla presenza di imprenditori della logistica cui affidare in outsourcing parte delle proprie attività. • I porti del N. R. dispongono di servizi ferroviari con programmi d’esercizio frequenti e regolari. • In virtù di quanto sinora esaminato i porti del N. R. sono in condizione di captare i maggiori flussi da e per l’Europa.

  11. PERFORMANCE DEL NR • Nel 1996 i porti del northern range hanno movimentato oltre 700 milioni di tonnellate di merci su un totale di 4.800 milioni di tonnellate, di queste il 50% è ascrivibile ai soli pori di Rotterdam e Anversa. • Nei porti in esame fluiscono sempre più prodotti finiti e semilavorati a maggior valore aggiunto e sempre meno materie prime.

  12. PERFORMANCE DEL NR (2)

  13. PERFORMANCE DEL NR (3)

  14. NR e Mediterraneo occidentale: i ritardi logistici

  15. IL MODELLO ORGANIZZATIVO • Uno dei fattori del successo dei porti del N. R. è indubbiamente individuabile nel modello istituzionale /organizzativoin quanto, nelle attività imprenditoriali, il fattore gestionale rappresenta la chiave del successo dell’impresa. • Trovandosi in presenza di un rilevante numero di operatori che interagiscono contemporaneamente all’interno della comunità portuale è necessario che le loro azioni siano coordinate al fine di raggiungere una buona cooperazione unitamente alle relative assunzioni di responsabilità secondo il noto principio di“chi fa che cosa”. In particolare si rende necessaria la ripartizione dei ruoli e delle funzioni tra la Port Authority, che fa parte del comparto pubblico, e gli operatori privati.

  16. MODELLO ORGANIZZATIVO (2) • L’Ente pubblico definisce le politiche di investimento e di intervento a livello locale; • La Port Authority è una struttura non operativa la cui mission riguarda l funzioni di pianificazione, la gestione delle aree ( si pensi che il bacino industriale di Rotterdam ha una superficie di 5.000 ettari di cui 3.900 occupati da imprese private con contratti di concessione dei suoli), quella del marketing e la formazione delle risorse umane. • I soggetti privati perseguono una mission che consiste nell’operare con trasparenza alla ricerca di elevati standard di efficienza e qualità impiegando le infrastrutture messe loro a disposizione favorendo l'innovazione tecnologica.

  17. IN SINTESI I PUNTI DI FORZA DEI PORTI DEL NR SONO • Condizioni naturali favorevoli (insediamenti industriali, reti fluviali e di canali navigabili, reti ferroviarie, situazione geografica); • Notevole capacità di penetrazione dei flussi di merci nel centro Europa; • Elevato interesse della Port Authority per i programmi di sviluppo e rafforzamento dell’importanza del porto sia sotto il profilo economico che quello sociale;

  18. SINTESI PUNTI DI FORZA (2) • Realizzazione di strutture moderne; • Politica degli investimenti orientata al miglioramento dei livelli di produttività e sicurezza del porto secondo principi di work in progress; • Grande attenzione all’innovazione tecnologica sia sotto il profilo dell’informatica che quello del movimento delle merci;

  19. SINTESI PUNTI DI FORZA (3) • Ampio portafoglio di prodotti; • Vasta gamma di servizi agli operatori sia in termini di numero che di articolazioni; • Marketing particolarmente aggressivo realizzato con operatori residenti nelle zone ritenute importanti;

  20. SINTESI PUNTI DI FORZA (4) • Importanza annessa ai programmi di formazione delle risorse umane facenti parte della comunità portuale cui viene riconosciuto il ruolo di fattore importante per il conseguimento di obiettivi competitivi; • Modello Istituzionale/organizzativo orientato alla chiara ripartizione delle responsabilità tra la Port Authority e gli operatori privati.

  21. I DISTRETTI LOGISTICI

  22. I DISTRETTI INDUSTRIALI DEFINIZIONELA FASE MARSHALLIANA Il distretto industriale può essere definito come "un'entità socio-economica-territoriale caratterizzata dalla compresenza attiva, in un' area territoriale circoscritta, naturalisticamente e storicamente determinata, di una comunità di persone e di una popolazione di imprese industriali". La comunità di persone ha come caratteristica principale il fatto di incorporare un sistema omogeneo di valori che "si esprime in termini di etica del lavoro e dell'attività, della famiglia, della reciprocità, del cambiamento". La popolazione di imprese appartiene ad uno stesso settore industriale, in senso ampio, e ciascuna è specializzata in una o più fasi del processo produttivo tipico del distretto.

  23. IDENTIFICAZIONE DEI DISTRETTI • L’identificazione dei distretti industriali si deve all’economista Alfred Marshall (1842- 1924) che coniò il concetto di distretto industriale osservando alcune realtà presenti in Gran Bretagna. • In Italia la riscoperta della teoria dei distretti si deve a Becattini e alla scuola di Firenze. • Dai suoi studi sulla realtà anglosassone il Marshall derivò che esistono più itinerari che conducono all’industrializzazione: - grandi imprese integrate verticalmente; - concentrazioni di piccole unità produttive specializzate nelle diverse fasi di un unico processo produttivo stanziate in una data località.

  24. IDENTIFICAZIONE (2) La localizzazione si verifica in considerazione dell'esigen-za dei produttori di essere vicini alle risorse naturali per cui essa è dovuta a condizioni fisiche (clima, risorse naturali, accesso al mare); un' altra causa della localizzazione semplice è il patrocinio di una corte (beni di alta qualità; un’ulteriore causa è la presenza di una città (centro smercio, mercato). Vi è infine un’ulteriore spiegazione di carattere economico, ascrivibile all'alto costo della rendita urbana, che ha espulso dalle città le attività produttive che richiedono impianti di maggiori dimensioni spostandole in luoghi dove la rendita è minore.

  25. REQUISITI • Per poter parlare e di distretto è necessario che la localizzazione permanga per un tempo lungo; tale condizione temporale è quindi destinata a generare importanti vantaggi: specializzazioni ereditarie, formazione di un certo numero di industrie sussidiarie, impiego di macchinari altamente specializzati, presenza sul mercato locale di lavoro specializzato • Questi sono gli aspetti che contraddistinguono il distretto industriale e costituiscono la sintesi dell'idea che Marshall realizzò osservando i centri di Sheffield e Solingen in cui avvertì quella industrial atmosphere che li distingueva dai preesistenti centers of specialized skill.

  26. REQUISITI (2) • Tale idea pone in evidenza il valore del significato che l’economista attribuiva al fattore umano per cui delineò la situazione che era in grado di infondere un dinamismo tale da far competere i distretti con le grandi imprese. • Il fattore umano insediato sul territorio che viene riscoperto come valore sono le principali chiavi interpretative dei distretti.

  27. Ma cosa spiega questa vivacità? Tra le diverse caratteristiche già enunciate? Il fatto più rilevante sembra dovuto alla localizzazione temporale che ha liberato una serie di conoscenze e di energie che hanno permesso al distretto di allignare permettendogli di raggiungere importanti obiettivi.

  28. OBIETTIVI Economie Esterne Mentre le economie internedipendono dalle singole imprese e dalla loro organizzazione e dall'efficienza della loro amministrazione delle risorse. Le economie esterne dipendono dallo sviluppo generale dell'industria. Secondo Marshall esse operano indipendentemente dalla dimensione delle imprese e si esplicano nella forma di diffusione della conoscenza. Possono essere definite forze "interindustriali" in quanto dipendono dal generale sviluppo dell'industria.

  29. OBIETTIVI Conoscenza Altro aspetto importante del distretto marshalliano rappresentato dalla sua più intrinseca qualità di essere un meccanismo propulsore della "education", della conoscenza, della circolazione delle idee. MARSHALL SCRIVE CHE I SEGRETI SONO NELL’ARIA The mysteries of the trade become no mysteries; but are as it were in the air and the children learn many of them incosciously

  30. OBIETTIVI Innovazione Il distretto, attraverso l’inclinazione e la spontaneità con cui si sviluppano i rapporti interpersonali costituisce il miglior humus per l’ innovazione ed il progresso. L'esperienza stratificata e il conseguente aumento della conoscenza fanno del distretto il luogo in cui si realiz-zano con più prontezza le risposte ai cambiamenti.

  31. OBIETTIVI Cooperazione/concorrenza Nell’ambito del distretto le diverse imprese si specializ-zano in particolari fasi di un unico processo produttivo da cui deriva che ogni fase, pur separata, non è isolata dal contesto del processo produttivo ma è funzionale alle altre svolte da altre imprese. Da ciò necessaria-mente deriva che il distretto è fortemente competitivo ma anche cooperativo dove le parti interagisco e/o cooperano attraverso un processo di interscambio.

  32. FASE POSTMODERNA • Con la crisi del fordismo o meglio del taylorismo che aveva indotto un determinismo industriale tale da eliminare al più possibile complessità la situazione si modifica. • L’organizzazione tayloristica aveva parcellizzato la produ-zione riducendola a fasi destinate a compiersi in un mondo artificiale (la fabbrica) all’interno della quale la program-mazione aveva fatto di tutto per tener fuori la complessità.

  33. FASE POST-MODERNA (2) • E’ in questa fase che la conoscenza che vive nel comportamento aggregato, che a sua volta costituisce un laboratorio di problem solving, fa sì che ognuno sperimenti quello che è stato definito un sistema adattivo complesso ed autorganizzante. • Ma il più importante fattore di successo della fase postmoderna è da individuare nella comunicazione o meglio nell’effetto rete che fa del distretto un’efficiente multinazionale. • La forza del nuovo distretto consiste nell’essere una economia di reti pur in presenza di una relativa polverizzazione di imprese.

  34. LOGISTICADISTRETTUALE Nella recente fase dell’economia, che ha visto svilupparsi l’aumento della pressione competitiva, la compressione dei tempi di recupero degli investimenti e pertanto della crescita del rischio operativo, si creano occasioni irripetibili per la logistica. L’approccio reticolare ha sovvertito i paradigmi che si erano affermati con la prima rivoluzione industriale. L’affermarsi dell’outsourcing ha consentito il processo di destrutturazione, unico in grado di assicurare la flessibilità l’efficienza richieste dai mercati. L’accesso alla rete determina però l’esigenza di ottimizzare l’impegno collettivo inteso alla collaborazione pur in un quadro di concorrenza che ha determinato i lineamenti della nuova economia B2B (business to business) che necessita dell’ampliamento di quello che è stato chiamato prodotto logisticizzato; prodotto realizzato con la tecnica just in time e distribuito door to door.

  35. LOGISTICA DISTRETTUALE (2) Le aggregazioni spaziali di imprese logistiche possono assumere connotazioni assai variegate, non facilmente tipizzabili anche se, al fine precipuo di semplificare l’analisi, può essere opportuno assumere l’analisi effettuata dal Vona, autore del testo di riferimento il quale ripartisce le tipologie secondo il numero degli operatori specializzati e secondo la gamma dei servizi offerti:

  36. TIPOLOGIE

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