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La disabilità nella Scuola: prevenzione primaria, riconoscimento precoce, prevenzione secondaria

La disabilità nella Scuola: prevenzione primaria, riconoscimento precoce, prevenzione secondaria. Roberta Penge Neuropsichiatra Infantile Sapienza Università di Roma.

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La disabilità nella Scuola: prevenzione primaria, riconoscimento precoce, prevenzione secondaria

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Presentation Transcript


  1. La disabilità nella Scuola: prevenzione primaria, riconoscimento precoce, prevenzione secondaria Roberta Penge Neuropsichiatra Infantile Sapienza Università di Roma

  2. qualsiasi limitazione o perdita (conseguente a menomazione) della capacità di compiere un’attività nel modo o nell’ampiezza considerati normali per un essere umano condizione di svantaggio conseguente a una menomazione o a una disabilità che in un certo soggetto limita o impedisce l’adempimento del ruolo normale per tale soggetto in relazione all’età, al sesso e ai fattori socioculturali Disabilità Handicap (ICDH, 1980)

  3. ICF, 1999 Strutture Funzioni Attività Partecipazione

  4. Disabilità a Scuola e Disabilità Scolastica • Quasi tutti i disturbi che provocano una seria compromissione dello sviluppo (globale o settoriale) di un bambino comportano anche una disabilità a Scuola (una riduzione della partecipazione) • Alcuni di questi disturbi compromettono anche le possibilità di apprendimento scolastico (una riduzione di attività -> disabilità scolastica) • Alcuni disturbi dello sviluppo determinano una disabilità solo scolastica (una riduzione di attività)

  5. Per tutti questi disturbi è necessario un intervento che riduca le restrizioni nelle attività e nella partecipazione Per alcuni è possibile anche attuare un intervento che ne impedisca l’instaurarsi

  6. PREVENZIONE Il complesso di interventi tecnici, sociali e sanitari studiati ed elaborati dalla medicina preventiva per annullare o quanto meno consentire un controllo (prima ancora che abbia potuto arrecare danno) di qualsivoglia fattore che possa minacciare lo stato di benessere psicofisico di un individuo o della collettività.

  7. Obiettivi della prevenzione • Primaria • Riduzione della prevalenza di un disturbo attraverso un’azione sui fattori etiopatogentici • Su popolazione generale o a rischio • Secondaria • Riduzione degli effetti negativi prodotti da un disturbo attraverso la sua cura tempestiva • Su popolazione clinica (a rischio)

  8. Prevenzione nella Scuola • Interventi volti ad annullare o a controllare i fattori/disturbi che possono ridurre le possibilità di un alunno di usufruire appieno delle opportunità offerte dalla Scuola • Formazione degli Insegnanti; • Collaborazione con i Servizi Sanitari; • Individuazione degli indici di rischio; • Individuazione dei segnali precoci; • Attivazione di interventi mirati

  9. La prevenzione della disabilità nella scuola L’esempio delle difficoltà di apprendimento

  10. Una difficoltà di apprendimento • Può essere la conseguenza di uno “svantaggio” • Può far parte di un quadro clinico più ampio • Disturbo sensoriale • Disturbo motorio • Disturbo cognitivo • Disturbo Generalizzato dello Sviluppo • Disturbo Psicopatologico • Può essere la conseguenza di un disturbo non risolto • Disturbo Specifico di Linguaggio • Disturbo della Coordinazione motoria • Può costituire un disturbo settoriale • Disturbo Specifico di Apprendimento (Lettura, Scrittura, Calcolo, misto)

  11. Competenze attentive e mnestiche Competenze simboliche Competenze cognitive Competenze linguistiche Competenze linguistiche Competenze senso-motorie Competenze senso-motorie Competenze metalinguistiche Competenze visuo-grafiche Competenze visuo-grafiche

  12. La prevenzione primaria delle disabilità di apprendimento • E’ possibile evidenziare in anticipo i soggetti che (non avendo già un Disturbo di Sviluppo) presenteranno una Difficoltà di Apprendimento? • Un intervento precoce sui fattori di rischio è in grado di ridurre l’incidenza delle DA?

  13. Dai dati della letteratura internazionale e dalle esperienze italiane: • Attraverso progetti di screening mirati è possibile individuare gruppi di soggetti a rischio per lo sviluppo delle abilità scolastiche; • Gli stessi screening non sono però efficaci nell’individuare i singoli soggetti che presenteranno un disturbo negli anni successivi

  14. Gli screening per le difficoltà di sviluppo permettono: • di individuare le abilità più fragili all’interno di un gruppo classe; • di programmare ed attivare interventi mirati per i gruppi a rischio; • di oggettivare le impressioni degli insegnanti; • di monitorare l’evoluzione dei singoli e dei gruppi; • di segnalare le aree di fragilità agli ordini di scuola successivi

  15. I fattori di rischio per la comparsa di una Difficoltà di Apprendimento • Ritardo nelle acquisizioni linguistiche • anche solo a livello fonologico • anche se apparentemente risolte • Ritardo nelle competenze metafonologiche • Ritardo nelle acquisizioni prassiche più complesse • Nodo • Costruzioni • Pedalare • Ritardo o difficoltà nelle competenze grafico-rappresentative • disegno narrativo

  16. La prevenzione secondaria delle Difficoltà di Apprendimento

  17. Prevenzione secondaria delle Difficoltà di Apprendimento 1 • I DSL e le Disprassie oltre ad aver bisogno di un intervento in età pre-scolare • sono un fattore di rischio per la comparsa di una DA • Per oltre la metà dei bambini con questi disturbi • Spesso anche quando sembrano averli risolti nell'ultimo anno di Scuola dell'Infanzia

  18. Prevenzione secondaria nelle Difficoltà di Apprendimento 2 • I DSA vengono riconosciuti spesso oltre la III elementare • aumento di gravità e • maggior impatto sull'apprendimento. • comparsa di disturbi secondari • psicopatologici, • sociali • cognitivi

  19. Prevenzione secondaria nelle Difficoltà di Apprendimento 3 • Il RML ed i Disturbi Borderline Cognitivi vengono riconosciuti spesso all’ingresso in scuola elementare: • maggiori dissociazioni tra le competenze; • maggior rischio di falsi apprendimenti; • comparsa di disturbi secondari • psicopatologici, • sociali

  20. Come riconoscere tempestivamente una Difficoltà di Apprendimento? Quando un rallentamento rischia di diventare un disturbo?

  21. Caratteristiche del DA nel I ciclo elementare • Acquisizione lenta e/o non automatizzazione della corrispondenza grafema-fonema • Errori frequenti di transcodifica o di previsione semantica • Difficoltà nella comprensione della lettura • Difficoltà nella comprensione del compito

  22. E’ necessario segnalare un bambino che a metà della I elementare: • Non legge e non scrive autonomamente parole bisillabiche piane; • Compie errori che deformano completamente la parole • Non controlla il rapporto numero quantità

  23. E’ necessario segnalare un bambino che alla fine della I elementare: • Legge e scrive sillabando anche parole comuni; • Compie errori che deformano la parola; • Non legge o scrive autonomamente frasi; • Non opera per scritto entro il 10;

  24. E’ necessario segnalare un bambino che alla fine della II elementare: • Legge ancora per parole; • Compie errori fonologici in lettura e scrittura; • Non sa staccare correttamente le parole; • Non sa ripetere quello che ha letto; • Non padroneggia gli algoritmi del contare e dei calcoli più semplici.

  25. E’ necessario segnalare un bambino che nel secondo ciclo elementare: • Legge in modo poco fluido; • Compie errori nelle parole poco note; • Compie molti errori ortografici in scrittura; • Non controlla le regole del linguaggio scritto; • Non sa ripetere quello che ha letto • Non sa risolvere semplici problemi.

  26. I rischi secondari per le difficoltà di apprendimento Disabilità Cognitive e Disturbi Specifici di Apprendimento

  27. Fino a quando dovrò andare a Scuola? Da grande voglio fare il veterinario Voglio essere come gli altri Da solo non so fare Quando leggo io capisco e gli altri no Non mi piace leggere Mi secca essere aiutata Non voglio fare i compiti Non so se sono io o è il mio problema..

  28. Nel RM il rallentamento dello sviluppo delle diverse competenze • Riduce il parallelismo tra fattori biologici, culturali ed ambientali • Rende difficili o impossibili i normali appuntamenti evolutivi • Rende difficile il coping con gli stimoli ambientali tarati sull’età cronologica

  29. Il rischio psicopatologico nel RM • È 3-4 volte superiore a quello della popolazione generale • Un disturbo psicopatologico è presente circa nel 40% dei soggetti con RM in età evolutiva • E’ possibile una sottostima o una diagnosi psichiatrica errata in relazione al livello di gravità del RM

  30. La sintomatologia del disturbo psicopatologico • Varia con il livello di gravità • Appare poco caratterizzata • Presenta numerose fluttuazioni • Mescola caratteristiche diverse • Si esprime in situazioni cliniche spesso più sfumate • E’ quindi meno riconoscibile

  31. Il 40% dei DSA non risente significativamente del disturbo; Il 30% presenta segnali di disagio o sofferenza non strutturati e/o temporanei; Il 30% manifesta disturbi psicopatologici conclamati; I problemi più frequenti sono Ansia, Depressione, ADHD e Disturbi del Comportamento; Il tipo di disturbo può variare in relazione all’età Il rischio psicopatologico nei DSA

  32. Relazioni tra DSA e disturbi psicopatologici: • Un DSA con associato disturbo dell’attenzione/iperattività è a maggior rischio per disturbi oppositivo-provocatori e della condotta; • Un DSA non riconosciuto o non adeguatamente trattato determina la comparsa di disturbi ansiosi e depressivi

  33. Come attuare un prevenzione secondaria sulle Difficoltà di Apprendimento una volta riconosciute?

  34. Problemi generali nella didattica dei DSA • Gli apprendimenti vengono automatizzati con tempi più lunghi • Si crea uno sfasamento tra fase attraversata dal bambino e proposte didattiche • Contenuti alla portata del bambino non vengono appresi per deficit dello strumento di base • Un controllo sufficiente degli strumenti maschera un non controllo dei contenuti • Strumenti che per gli altri sono di aiuto costituiscono un ostacolo all’apprendimento

  35. Cosa non fare: • Leggere di più (dopo le fasi iniziali) non migliora l’abilità di lettura • Gli esercizi ripetitivi non provocano generalizzazione dell’apprendimento • L’uso di un compenso/dispensa non riduce le possibilità di sviluppo della competenza • Ciò che non è terminato a scuola non può essere finito a casa • La quantità di lavoro a casa deve essere compatibile con il livello raggiunto dal bambino

  36. Strategie didattiche 1. • Scomposizione del compito • Lavoro separato sulle diverse componenti • Valutazione separata delle diverse componenti • Definizioni di obiettivi compatibili con l’organizzazione del disturbo • Uso di strumenti che aggirino il disturbo (e liberino energie per l’apprendimento)

  37. Strategie didattiche 2 • Presa di coscienza della richiesta e delle caratteristiche del compito • Frazionamento del compito per capirne i vari passaggi • Guardare, scegliere, fare, verificare • Trasferimento di acquisizioni • Intermodalità • Ricordo-recupero di processi

  38. I due rischi dell’intervento per le Difficoltà di Apprendimento Non ci si aspettano variazioni evolutive Si attende che “si sblocchi” Si esercitano le competenze stabilizzate Si lavora su competenze non ancora emerse

  39. Modalità di attuazione dell’intervento • E’ necessario garantire la continuità dello sviluppo • E’ necessario consentire anche uno sviluppo “autonomo” • Esistono finestre terapeutiche sensibili • Esistono miglioramenti legati all’esperienza

  40. Grazie per l’attenzione

  41. INDAGINE NEUROPSICOLOGICA E COGNITIVA IN SCUOLA MATERNA PER L’INDIVIDUAZIONE DI UN’AREA A RISCHIO PER I DISTURBI DI APPRENDIMENTO CIRCOLI DIDATTICI 125° ROMA E MONTECOMPATRI ASL 12 TERRAFERMA VENEZIANA ASL e CIRCOLI DIDATTICI ORISTANO ASL e CIRCOLI DIDATTICI TREVIGLIO (BG) UNIVERSITA’ DI ROMA “LA SAPIENZA” 1995-2005

  42. PROGETTO LONGITUDINALE: 248 bambini della ASL 12 -Terraferma Veneziana Tempo 1: penultimo anno di scuola dell’Infanzia Tempo 2: ultimo anno di scuola dell’Infanzia Tempo 3: termine del I anno scuola primaria Il campione normativo DATI TRASVERSALI 2044 bambini • 786 di 4 anni • 799 di 5 anni • 459 di 6 anni • Provenienti dalle province di • Roma, • Venezia, • Oristano, • Bergamo

  43. Soggetti a rischio: 4 anni

  44. Soggetti a rischio: 5 anni

  45. Il gruppo dei soggetti “a rischio” a 4 anni • Mantiene prestazioni significativamente inferiori a 5 ed a 6 anni in tutte le aree esplorate; • A 6 anni mostra prestazioni significativamente inferiori in tutte le misure dell’apprendimento scolastico

  46. Implicazioni per la Scuola • Le prove utilizzate possono costituire la base per la formazione degli Insegnanti; • La batteria può essere utilizzata, nella Scuola, come strumento per la programmazione sulle aree/fasce di rischio; • La batteria può costruire uno strumento per oggettivare le motivazioni di segnalazione ai Servizi.

  47. Competenze linguistiche Magazzino lessicale-semantico Regole morfo-sintattiche Pianificazione morfosintattica e semantica Convenzioni che regolano gli atti linguistici (es. narrazione, argomentazione) Regole del linguaggio scritto Competenze cognitive Collegamento con le conoscenze precedenti Inferenze, deduzioni sulle informazioni non esplicite Riconoscimento e correzione incongruità, errori, ambiguità Competenze metacognitive Selezione modalità di lettura Monitoraggio prestazione Selezione di “ausili” Conoscenza dell’argomento Scelta del contenuto Conoscenza del tipo di compito Conoscenza delle procedure del compito Competenze coinvolte nell’apprendimento del codice scritto • Attenzione • Selettiva visiva ed uditiva • Simultanea • Memoria di lavoro • Verbale • Visiva • Cinestesica • Memoria a lungo termine • Semantica • Enciclopedica …. • Competenze visuo-percettive • Analisi e riconoscimento dei grafemi (caratteristiche distintive lettera) • Ordine sinistradestra • Competenze grafo-motorie • Rappresentazione • Programmazione motoria • Esecuzione • Monitoraggio cinestesico • Competenze metafonologiche • Analisi e Sintesi fonologica • Codifica fonologica • Codifica ortografica

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