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III. LE FUNZIONI DEI SERVIZI DI RETE I parte

III. LE FUNZIONI DEI SERVIZI DI RETE I parte. INDICE. III.1 Le funzioni di base in una rete mobile III.2 Controllo di accesso al mezzo III.3 Controlli di errore e di flusso. III.1 Le funzioni di base in una rete mobile. Aldo Roveri, “Fondamenti di reti”

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III. LE FUNZIONI DEI SERVIZI DI RETE I parte

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Presentation Transcript


  1. III. LE FUNZIONI DEI SERVIZI DI RETEI parte

  2. INDICE • III.1 Le funzioni di base in una rete mobile • III.2 Controllo di accesso al mezzo • III.3 Controlli di errore e di flusso

  3. III.1 Le funzioni di base in una rete mobile Aldo Roveri, “Fondamenti di reti” Univ. di Roma “La Sapienza” - a.a. 2009-2010

  4. CONTENUTI III.1.1 La strategia cellulare III.1.2 Funzioni di base in una rete mobile cellulare

  5. III.1 LE FUNZIONI DI BASE IN UNA RETE MOBILE III.1.1 La strategia cellulare

  6. Strategia cellulare (1/2) • Lo sviluppo delle comunicazioni mobili è stato per lungo tempo frenato da problemi di costo e di mancanza di banda. • L’introduzione della strategia cellulare ha modifi-cato la situazione offrendo una efficienza tale da consentire l’adeguata diffusione del servizio e la riduzione dei costi.

  7. Strategia cellulare (2/2) • Circa la strategia cellulare occorre considerare che: • la potenza emessa dai terminali mobili deve essere limitata per ridurre il loro peso/ingombro e per aumentarne l’autonomia; • l’attenuazione delle onde radio in ambiente urbano e a livello stradale aumenta tipicamente con la quarta potenza della distanza.

  8. Che cosa è una cella (1/4) • Non è quindi possibile coprire vaste estensioni territoriali con un unico ricetrasmettitore fisso. • Si deve invece suddividere l’area di servizio in sub-aree, che si sovrappongono solo parzialmente: in ognuna delle sub-aree la copertura elettromagne-tica è assicurata da un apposito ricetrasmettitore (stazione radiobase).

  9. Che cosa è una cella (2/4) • Queste sub-aree, chiamate celle, assumono, nella realtà della propagazione delle onde radio, forme geometriche largamente irregolari; • la linea di demarcazione tra una cella e un’altra rappresenta la transizione dalla copertura elettro-magnetica di un ricetrasmettitore a quella di un altro ricetrasmettitore.

  10. Che cosa è una cella (3/4) • Nella suddivisione dell’area di servizio in celle, spesso si fa riferimento a forme poligonali regolari, ad esempio a celle di forma esagonale,senza sovrapposizione (come in Fig. III.1): queste costitui-scono però solo una schematizzazione teorica di una realtà decisamente più complessa.

  11. 7 6 3 6 3 4 2 1 4 2 2 1 5 7 6 5 7 4 7 6 3 3 4 2 Che cosa è una cella (4/4) Fig. III.1

  12. Simboli (1/2) • Con riferimento a un’area di servizio As ,indichiamo con • Q il numero di celle in cui è divisa l’area As; • N il numero totale di utenti contemporanea- mente attivi da servire; • M il numero totale massimo di utenti contempo-raneamente attivi da servire;

  13. Simboli (2/2) • R il ritmo binario (in bit/s) richiesto da una singola comunicazione; • W la larghezza di banda radio che è resa disponibile per il servizio; • W0 la larghezza di banda equivalente richie sta per sostenere il ritmo R; • C la potenza media della portante radio, • I la potenza media degli interferenti.

  14. Dimensionamento delle celle (1/2) • Nel dimensionamento delle celle, occorre tener conto di due obiettivi fondamentali: • il rispetto di una soglia minima nel rapporto C/I , tra la potenza media C della portante radio e quella I degli interferenti; • il conseguimento di una adeguata efficienza spettrale definita da

  15. Dimensionamento delle celle (2/2) • Il primo obiettivo deriva dalla qualità di servizio che deve essere assicurata ad ogni comunicazione; • il secondo obiettivo è invece legato all’esigenza di un contenimento del costo per offrire il servizio (rappresentato dalla banda W), costo che è posto in relazione con il beneficio (rappresentato dal prodotto NR) che il servizio offre.

  16. Efficienza spettrale (1/4) • L’efficienza spettrale  può essere anche così espressa in cui f = R / W0è l’efficienza nella frequenza; s = N / M è l’efficienza nello spazio.

  17. Efficienza spettrale (2/4) • L’efficienza nella frequenza f [misurata in (bit/s)/ Hz] dipende dalla capacità del metodo di mo-demodulazione di compattare la larghezza di banda del segnale trasmesso a parità di ritmo binario R della comunica-zione. • L’efficienza nello spazios dipende invece dalla capacità dello spazio stesso di resistere alle interferenze, fissato che sia il filtraggio spaziale (ad es. mediante un’accorta progettazione delle antenne) che esiste nel territorio.

  18. Efficienza spettrale (3/4) • Se gli utenti attivi sono distribuiti uniformemente sull’area di servizio, in ogni cella si ha lo stesso numero NQ di utenti attivi e quindi N = NQ Q • Se, a parità di area di servizio, si diminuisce la dimensione delle celle, Q aumenta. • Allora aumenta anche N se si tiene invariato il numero NQ di utenti (e quindi di canali) attivi per cella.

  19. Efficienza spettrale (4/4) • Si conclude che, con la suddivisione in celle e nei limiti di validità delle ipotesi precedente-mente effettuate, si può avere un numero N senza limitazioni con una larghezza di banda W finita.

  20. Raggio minimo di cella (1/3) • A correggere questa conclusione interviene però la mobilità degli utenti, che determina il cambio di cella durante una comunicazione e che richiede quindi lo svolgimento della procedura di handover.

  21. Raggio minimo di cella (2/3) • La procedura di handover diviene sempre più critica (per lo scambio di informazioni di controllo da essa richiesto tra gli organi di rete) via via che le celle si riducono di raggio. • Per contenere l’entità qualitativa e quantitativa di questo scambio si giunge a un valore minimo di raggio di cella sulla base del quale si consegue l’efficienza massima.

  22. Raggio minimo di cella (3/3) • In ogni sistema di grande capacità, i raggi minimi delle celle sono sempre tali che, anche con ridotte potenze a disposizione, l’effetto disturbante del rumore di fondo ( rumore termico o altro disturbo esterno al sistema) è trascurabile. • Non avviene così per le interferenze di altri utenti attivi che diventano la causa limitante prima della capacità del sistema. • Nelle valutazioni di efficienza è dunque ragionevole riferirsi all’efficienza limite che si ottiene trascurando l’effetto del rumore di fondo.

  23. Settorizzazione delle celle • La capacità di un sistema cellulare, a parità del numero di stazioni radio-base (SRB) che coprono il territorio di servizio, può essere aumentata con la settorizzazione delle celle, ad esempio con la divisione di una cella di forma esagonale in tre o in sei settori. • Ogni settore è servito da un’antenna settoriale; in tal modo il numero delle celle è moltiplicato per tre o per sei, come lo è il numero delle antenne SRB. • Tuttavia il numero delle localizzazioni delle SRB è rimasto lo stesso, in quanto le antenne settoriali hanno la stessa localizzazione.

  24. III.1 LE FUNZIONI DI BASE INUNA RETE MOBILE III.1.2 Funzioni di base in una rete mobile cellulare

  25. Funzioni di base (1/4) • Una rete mobile (MN - Mobile Network), qualunque sia la sua tecnica realizzativa, comprende sempre una sezione di accesso in cui • i legamenti di utente utilizzano il mezzo radio come supporto trasmissivo; • una opportuna funzione di accesso rende disponibile un canale radio all'utente in movimento quando questi ne ha necessita' per chiamare o per essere chiamato.

  26. Funzioni di base (2/4) • Oltre alla funzione di accesso, una rete mobile deve essere in grado di svolgere altre tre funzioni fondamentali, e cioè: • l'identificazione dell'utente e la sua autenticazione, ossia la possibilità di individuare univocamente l'apparecchio terminale a cui fa capo l'utente mobile, quando questi richiede un accesso.

  27. Funzioni di base (3/4) • l'aggiornamento della posizione dell'utente (localiz-zazione), ossia la possibilità di aggiornare, in modo continuo ed automatico, in un'appropriata banca di dati, la posizione dell'apparecchio terminale a cui fa capo l'utente mobile: ciò nonostante gli spostamenti di quest’ultimo in un'area anche molto estesa, purché nei limiti della regione di copertura della rete mobile.

  28. Funzioni di base (4/4) • l’handover dei canali radio, ossia la possibilità per l'utente mobile di mantenere il legamento con la MN pur nella necessita' di cambiare il canale radio che lo connette alla rete; questa necessita' può manife-starsi, ad esempio: • nel passaggio da un'area ad un'altra adiacente che e' caratterizzata da una differente copertura radio; • nella degradazione della qualità del canale radio che e' stato precedentemente assegnato.

  29. Reti mobile e fissa • Circa il legame tra reti mobili e reti fisse, finora queste due reti si sono sviluppate come strutture separate tra le quali sussistono solo i rapporti di inter-lavoro necessari per consentire le comunicazioni tra due utenti facenti capo alle due reti. • E’ però prevedibile a breve termine l'integrazione tra rete fissa (rete POTS o Internet) e rete mobile. • Requisito di tale integrazione e' il reciproco beneficio in termini di efficienza e di flessibilità nella fornitura di nuovi servizi con elevate prestazioni.

  30. III.2 Controllo di accesso al mezzo Aldo Roveri, “Fondamenti di reti” Univ. di Roma “La Sapienza” - a.a. 2009-2010

  31. CONTENUTI • III.2.1: Mezzi multiaccesso • III.2.2: Tecniche di accesso multiplo • III.2.3: Modello di accesso perfetto • III.2.4: Accesso casuale • III.2.5: Accesso casuale in ambiente radio (Wireless) • III.2.6: Accesso controllato

  32. III.2 CONTROLLO DI ACCESSO AL MEZZO (MAC) III.2.1 Mezzimultiaccesso

  33. Mezzo trasmissivo (1/3) • Consente il trasferimento dell’informazione tra due o più punti topologicamente a distanza. • Supporta per questo scopo la via fisica (canale trasmissivo) su cui si propagano i segnali informativi.

  34. Mezzo trasmissivo (2/3) • E’ punto - punto quando consente trasferimenti da una sola estremità emittente ad una sola ricevente (mezzo mono-accesso); • in questo caso il segnale ricevuto dipende unicamente dal segnale trasmesso e dal disturbo su quel canale trasmissivo. • Esempio: il doppino di rame tra la borchia telefonica dell’utente e l’attacco di utente in centrale

  35. Mezzo trasmissivo (3/3) • E’ multi-accesso quando comprende due o più punti distinti che sono sorgenti e/o collettori di informazione (stazioni); • in questo caso il segnale ricevuto in una stazione dipende dal segnale trasmesso da due o più tra le altre stazioni ed è la somma delle versioni attenuate di questi segnali, corrotti da disturbi e da ritardi. • Esempio: il mezzo radio intorno ai 900 MHz per la trasmissione di segnali tra terminali GSM e il loro punto di accesso alla rete fissa (BTS)

  36. III.2 CONTROLLO DI ACCESSO AL MEZZO (MAC) III.2.2 Tecniche di accesso multiplo

  37. Accesso multiplo (1/2) • Se il mezzo trasmissivo è condiviso (LAN, radio) occorrono funzioni per la gestione dell’accesso multiplo. • Queste sono realizzate mediante una tecnica di multiplazione dell’informazione ed eventualmente un protocollo MAC (Medium Access Control). • La caratteristica distintiva dell’accesso multiplo è la condivisione della capacità di un mezzo multiaccesso da parte di un insieme di stazioni, mediante una multiplazione distribuita.

  38. Accesso multiplo (2/2) • Aspetti fondamentali dell’accesso multiplo che permettono una classificazione delle relative procedure sono • una allocazione statica o dinamica • una decisione centralizzata o distribuita.

  39. Allocazione statica o dinamica (1/3) • I due tipi di allocazione riguardano la modalità secondo cui la capacità del mezzo multi-accesso viene resa disponibile alle varie stazioni che al mezzo fanno capo.

  40. Allocazione statica o dinamica (2/3) • Nella modalità statica, in analogia a una multiplazione statica • la capacità del mezzo è suddivisa in canali, che sono pre-assegnatiindividualmente alle stazioni che ne fanno richiesta all’inizio della comunicazione e che li rilasciano alla sua conclusione; • i singoli canali sono pertanto assegnati e rilasciati indipendentemente da una loro effettiva utilizza-zione; • sono quindi identificabili una fase di instaurazione, una fase di trasferimento e una di rilascio.

  41. Allocazione statica o dinamica (3/3) • Nella modalità dinamica, in analogia a una multiplazione dinamica, l’intera capacità del mezzo è assegnata a domanda, tenendo quindi conto delle effettive necessità di utilizzazione da parte delle singole stazioni accedenti

  42. Decisione centralizzata o distribuita • In una decisione centralizzata, l’organo decisore è localizzato in una stazione-base che provvede a gestire le richieste di accesso al mezzo e a soddisfare queste richieste con una pre-assegnazione individuale (allocazione statica) o con una assegnazione a domanda (allocazione dinamica). • In una decisione distribuita, che trova applicazione solo nel caso di allocazione dinamica, alle stazioni accedenti è affidata la delega di coordinarsi mutuamente per consentire l’accesso al mezzo.

  43. Modalità di condivisione (1/2) • La condivisione del mezzo multi-accesso può essere attuata con tecniche che si distinguono in base ai domini che, in alternativa o in unione, sono oggetto di utilizzazione in ogni comunicazione. • I domini, che nel tempo sono stati la base per un accesso multiplo, sono quelli • della frequenza; • del tempo; • dei codici.

  44. Modalità di condivisione (2/2) • Esaminiamo queste tre alternative nel caso di accesso multiplo con allocazione statica; • nel caso invece di allocazione dinamica, ci limitere-mo a considerare il caso di accesso a divisione di tempo.

  45. Accesso multiplo Con allocazione statica Con allocazione dinamica Controllata Casuale In modo centralizzato In modo distribuito Tecniche di accesso multiplo

  46. Accesso multiplocon allocazione statica • In relazione al dominio utilizzato si distinguono accessi multipli: • a divisione di frequenza (FDMA - Frequency Division Multiple Access) o a divisione di lunghezza d’onda (WDMA – Wavelength Division Multiple Access); • a divisione di tempo (TDMA – Time Division Multiple Access); • a divisione di codice (CDMA – Code Division Multiple Access). • Sono state inoltre utilizzate tecniche miste, ad esempio del tipo FDMA/TDMA.

  47. FDMA (1/6) • Nella tecnica FDMA, la banda passante del mezzo condiviso è suddivisa in sotto-bande di frequenza aventi uguale larghezza, come in una multiplazione a divisione di frequenza. • Ad ogni coppia di stazioni tra le quali deve essere inizializzata una comunicazione, viene pre-assegnata, per tutta la durata di questa comuni-cazione, una di tali sotto-bande (banda di stazione).

  48. FDMA (2/6) • In tal modo, nell’ambito della comunicazione a cui è stata pre-assegnata una specifica banda di stazio-ne, • la stazione emittente può trasmettere • in modo tempo-continuo il segnale che è di supporto all’informazione da trasferire; • con l’utilizzazione della sola frazione della banda passante del mezzo condiviso individuata dalla banda di stazione assegnata alla comunicazione;

  49. FDMA (3/6) • la stazione ricevente può estrarre il segnale ad essa pertinente con una operazione di filtraggio passa-banda centrata sulla banda di stazione assegnata alla comunicazione. • Tra le stazioni emittente e ricevente viene in tal modo instaurato un canale che è di trasferimento per le informazioni da scambiare.

  50. FDMA (4/6) • Le bande di stazione, che sono nell’intorno di frequenze portantiequidistanziate sull’asse delle frequenze, ripartiscono la banda passante del mezzo condiviso con un inter-vallo tra due sotto-bande adiacenti; ciascuno di questi intervalli costituisce una banda di guardia e ha lo scopo di facilitare l’operazione di filtraggio in ricezione, consentendo così di contenere le interferenze tra i segnali trasferiti in bande di stazione adiacenti.

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