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LA COMUNICAZIONE

LA COMUNICAZIONE. LA COMUNICAZIONE È LO STRUMENTO PRINCIPALE DI RELAZIONE CHE L’UOMO HA A DISPOSIZIONE PER CREARE E MANTENERE L’INTERAZIONE CON I SUOI SIMILI. Quadrio, Venini, 1997. LA COMUNICAZIONE. COMUNICAZIONE = RENDERE COMUNE. TRASMISSIONE DI INFORMAZIONI. STABILIRE LA QUALITA’

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LA COMUNICAZIONE

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Presentation Transcript


  1. LA COMUNICAZIONE LA COMUNICAZIONE È LO STRUMENTO PRINCIPALE DI RELAZIONE CHE L’UOMO HA A DISPOSIZIONE PER CREARE E MANTENERE L’INTERAZIONE CON I SUOI SIMILI Quadrio, Venini, 1997

  2. LA COMUNICAZIONE COMUNICAZIONE = RENDERE COMUNE TRASMISSIONE DI INFORMAZIONI STABILIRE LA QUALITA’ DELLE RELAZIONE

  3. LA COMUNICAZIONE LA COMUNICAZIONE UMANA SI AVVALE DELL’USO SIMULTANEO DI DIFFERENTI CANALI VERBALE NON VERBALE IL LINGUAGGIO È STRETTAMENTE INTRECCIATO AGLI ASPETTI DELLA COMUNICAZIONE NON VERBALE non tutto si può esprimere in modo adeguato con le parole

  4. LA COMUNICAZIONE Affinché si abbia comunicazione SONO NECESSARI 5 ELEMENTI EMITTENTE RICEVENTE CODICE CANALE MESSAGGIO il compito può sembrare semplice ma capita spesso che le comunicazioni falliscano

  5. LA COMUNICAZIONE colui che invia il messaggio EMITTENTE colui al quale il messaggio è destinato o comunque perviene RICEVENTE insieme di regole che consentono di decodificare il significato di un messaggio CODICE

  6. LA COMUNICAZIONE modalità di trasmissione del messaggio (vocale o non vocale) CANALE ciò che l’emittente mette in comune con il ricevente, con o senza intenzionalità MESSAGGIO

  7. MODELLO EMITTENTE – MESSAGGIO - RICEVENTE In questa prospettiva viene considerato l’aspetto formale della comunicazione, ricondotta ad un trasferimento quantificabile di informazioni RUMORE CANALE EMITTENTE Codifica RICEVENTE Decodifica TRASMISSIONE

  8. MODELLO INTERATTIVO Lo schema di base rimane quello del precedente modello, l’unica variazione è la CONSIDERAZIONE DEL FEEDBACK DEL RICEVENTE (monitoraggio di tutta una serie di segnali verbali e non emessi dal ricevente), che consente all’emittente di capire se il proprio messaggio è stato più o meno accolto e di apportarvi se necessario delle modifiche FEED-BACK Rumore EMITTENTE Codificazione (CANALE) RICEVENTE Decodificazione trasmissione FEED-BACK

  9. LA COMUNICAZIONE NON VERBALE È IL COSIDETTO LINGUAGGIO DEL CORPO E SI MANIFESTA OGNI VOLTA CHE UNA PERSONA TRASMETTE INFORMAZIONI AD UN’ALTRA ATTRAVERSO LO SGUARDO, I GESTI, LA VOCE, UTILIZZANDO UNO O PIÙ INDICATORI NON VERBALI CONTEMPORANEAMENTE “La comunicazione non verbale lascia filtrare contenuti profondi e parla come il linguaggio non sa parlare” (G. Gulotta, 1991)

  10. LA COMUNICAZIONE NON VERBALE I SEGNALI NON VERBALI SONO MOLTO FREQUENTI CONNATURATI NEL COMPORTAMENTO COMUNICATIVO NON SEMPRE È FACILE RICONOSCERNE IL SIGNIFICATO E AVERNE LA CONSAPEVOLEZZA

  11. IL COMPORTAMENTO NON VERBALE ASSOLVE DUE ORDINI DI FUNZIONI PRODUZIONE, ELABORAZIONE E COMPRENSIONE DEL MESSAGGIO FUNZIONI SOCIALI

  12. FUNZIONI DI PRODUZIONE, ELABORAZIONE E COMPRENSIONE DEL MESSAGGIO RIPETERE QUANTO DETTO VERBALMENTE SOSTITUIRE PARTI DEL MESSAGGIO VERBALE COMPLETARE E CHIARIRE IL MESSAGGIO VERBALE CONTRADDIRE IL MESSAGGIO VERBALE RINFORZARE IL CONTENUTO VERBALE DI UN MESSAGGIO

  13. FUNZIONI SOCIALI GESTIONE DELLA SITUAZIONE SOCIALE AUTOPRESENTAZIONE COMUNICAZIONE DI STATI EMOTIVI COMUNICAZIONE DI ATTEGGIAMENTI CONTROLLO DEL CANALE

  14. IL COMPORTAMENTO NON VERBALE PRODUZIONE, ELABORAZIONE E COMPRENSIONE DEL MESSAGGIO • Ripetere quanto viene detto verbalmente • Sostituire parti del messaggio verbale • Completare o chiarire un messaggio verbale • Contraddire il messaggio verbale • Rinforzare il contenuto verbale

  15. IL COMPORTAMENTO NON VERBALE FUNZIONISOCIALI • IDENTIFICAZIONE, FORMAZIONE E CONTROLLO DELLE IMPRESSIONI • AMBIGUITÀ E MISTIFICAZIONE(livello di accuratezza con cui il destinatario di un messaggio può scoprire l’inganno attraverso le chiavi di lettura verbali, non verbali e combinate) • STRUTTURAZIONEDELL’INTERAZIONE E CONTROLLO DELLA CONVERSAZIONE (attraverso i segnali non verbali che si usano per salutare, prendere i turni di conversazione, porre termine agli incontri)

  16. IL COMPORTAMENTO NON VERBALE esempio • Un dirigente dice ad un dipendente: “mi prepari una relazione scritta del lavoro che ha svolto nell’ultimo mese” • Il dipendente risponde:”lo faccio subito!” …….e contemporaneamenteannuisce con il movimento del capo il dipendente annuisce oltre a dire “si” con il linguaggio verbale RIPETIZIONE Spesso il non verbale migliora il livello diaccuratezza del messaggio

  17. I CODICI NON VERBALI: ASPETTO ESTERIORE • ASPETTO FISICO COMUNICA IMPORTANTI INFORMAZIONI RISPETTO AGLI INDIVIDUI E INFLUENZA LE IMPRESSIONI CHE GLI ALTRI POSSONO RIPORTARE sono diversi gli elementi non verbali che compongono l’aspetto esteriore: la conformazione fisica (altezza,peso,colore della pelle…), i tratti fisici del volto (occhi,naso,bocca…. ), gli abiti e il trucco e l’acconciatura ABBIGLIAMENTO

  18. I CODICI NON VERBALI: SISTEMA CINESICO E PROSSEMICO • CONTATTO CORPOREO • DISTANZA INTERPERSONALE • ORIENTAMENTO SPAZIALE • POSTURA • GESTUALITÀ • MIMICA FACCIALE LE ESPRESSIONI DEL VOLTO SONO IN GRAN PARTE DOMINATE DA SISTEMI DI CONTROLLO COSCIENTE; HANNO LA FONDAMENTALE FUNZIONE DI COMUNICARE LE EMOZIONI E GLI ATTEGGIAMENTI E DI FUNGERE DA RINFORZO AI SEGNALI DELLA PAROLA PARLATA

  19. I CODICI NON VERBALI: SISTEMA CINESICO E PROSSEMICO LA POSTURA È LA POSIZIONE CHE IL CORPO ASSUME DURANTE UNO SCAMBIO COMUNICATIVO rivela LO STATO EMOTIVO con cui l’interlocutore partecipa alla comunicazione Naturalmente la postura di un individuo si combina con gli atteggiamenti del volto e degli arti

  20. I CODICI NON VERBALI: SISTEMA CINESICO E PROSSEMICO LO SGUARDO ELEMENTI DI TIPO FISIOLOGICO E INVOLONTARIO ELEMENTI DI TIPO CONSAPEVOLE i movimenti e le espressioni degli occhi dilatazione delle pupille o battito delle palpebre un eccellentestrumento di comunicazione non verbale che può trasmettere innumerevoli messaggi di ogni tipo: sicurezza, disinteresse, critica, distacco…

  21. I CODICI NON VERBALI: SISTEMA PARALINGUISTICO • Altezza, ritmo, volume e tono del linguaggio • Accento • Qualità della voce • Piangere, sbadigliare, ridere, ecc. SPESSO IL “NON VERBALE” RACCONTA MOLTO PIÙ DELLE PAROLE CHE DICIAMO Se il comportamento non verbale contraddice le parole, il messaggio non passa o passa solo parzialmente mentre l’effetto è massimo quando ciò che si trasmette con il “verbale” coincide con ciò che si trasmette con il “non verbale”

  22. GLI ASSIOMI DELLA COMUNICAZIONE Watzlawick, Beavin e Jackson, hanno postulato l’esistenza di alcune proprietà fondamentali della comunicazione umana Tali proprietà vengono chiamate dagli autori ASSIOMI, vengono presi come base di partenza per la costruzione di successive teorie e non necessitano di una dimostrazione ma vengono assunti come veri

  23. GLI ASSIOMI DELLA COMUNICAZIONE le caratteristiche del funzionamento della comunicazione umana RAPPRESENTANO dunque LE PROPRIETÀ FONDAMENTALI DELLA COMUNICAZIONE UMANA E SPIEGANO … gli errori che portano al fallimento della comunicazione

  24. GLI ASSIOMI DELLA COMUNICAZIONE Alcune semplici proprietà della comunicazione che HANNO FONDAMENTALI IMPLICAZIONI INTERPERSONALI “PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE” un individuo non comunica (trasmette) ma partecipa ad una comunicazione

  25. 1° ASSIOMA QUALSIASI COMPORTAMENTO –parole, silenzi, attività o inattività – HA VALORE DI MESSAGGIO E INFLUENZA GLI ALTRI INTERLOCUTORI CHE NON POSSONO NON RISPONDERE A QUESTE COMUNICAZIONI “NON SI PUÒ NON COMUNICARE”

  26. 1° ASSIOMA È IMPOSSIBILE NON COMUNICARE Il comportamento non ha un suo opposto Non esiste qualcosa che sia un non comportamento o meglio non è possibile non avere un non comportamento OGNI COMPORTAMENTO è COMUNICAZIONE Intendiamoci non comunicare è impossibile, infatti lo facciamo non solo con le parole, ma con i gesti, lo sguardo, il modo stesso in cui vestiamo non importa dunque che stiamo in silenzio, la non comunicazione non esiste perché non esiste il non comportamento

  27. 1° ASSIOMA: esempio Il passeggero di un treno guarda fisso davanti a sé STA COMUNICANDO? Si! Sta comunicando che non vuole comunicare, … ... e i vicini di solito “afferrano il messaggio” e rispondono in modo adeguato lasciandolo in pace QUESTO È PROPRIO UNO SCAMBIO DI COMUNICAZIONE NELLA STESSA MISURA IN CUI LO È UNA DISCUSSIONE ANIMATA

  28. L’IMPOSSIBILITÀ DI NON COMUNICARE COSA SUCCEDE NELL’INCONTRO TRA DUE ESTRANEI DI CUI UNO VUOLE COMUNICARE MENTRE L’ALTRO NON LO VUOLE? ESEMPIO 2 passeggeri in aereo siedono uno accanto all’altro, mettiamo che A non voglia parlare … SONO 2 LE COSE CHE NON PUÒ FARE NON PUÒ ANDARSENE NON PUÒ NON COMUNICARE

  29. L’IMPOSSIBILITÀ DI NON COMUNICARE LE REAZIONI POSSIBILI SONO: RIFIUTO DELLA COMUNICAZIONE ACCETTAZIONE DELLA COMUNICAZIONE SQUALIFICA DELLA COMUNICAZIONE IL SINTOMO COME COMUNICAZIONE

  30. L’IMPOSSIBILITÀ DI NON COMUNICARE RIFIUTO DELLA COMUNICAZIONE In modo più o meno gentile A può far capire a B che non ha voglia di conversare Ma per le regole della buona educazione questo è un modo di agire riprovevole che provocherà un silenzio imbarazzato e piuttosto teso in questo modo A non è certo riuscito ad evitare, come voleva, una relazione con B

  31. L’IMPOSSIBILITÀ DI NON COMUNICARE ACCETTAZIONE DELLA COMUNICAZIONE Il passeggero A si rassegna a comunicare con B

  32. L’IMPOSSIBILITÀ DI NON COMUNICARE SQUALIFICA DELLA COMUNICAZIONE A per difendersi può comunicare in modo da invalidare le proprie comunicazioni o quelle dell’altro con varie tecniche: contraddirsi, cambiare argomento, dire frasi incoerenti o incomplete, ricorrere a uno stile oscuro o usare manierismi, fraintendere, etc..

  33. L’IMPOSSIBILITÀ DI NON COMUNICARE IL SINTOMO COME COMUNICAZIONE SINTOMO COME MESSAGGIO NON VERBALE Il passeggero A può far finta di avere sonno, di essere sordo o ubriaco, di non conoscere la lingua, o può simulare qualunque stato di incapacità o difetto che giustifichino l’impossibilità di comunicare

  34. SE NON SI PUÒ NON COMUNICARE ALLORA OCCORRE SEMPRE COMUNICARE E cioè preoccuparsi di …. • DEFINIRE UNA STRATEGIA DI COMUNICAZIONE • B) PROGRAMMARE • C) ORGANIZZARE IL PROCESSO DI COMUNICAZIONE • D) ATTUARE • E) CONTROLLARE

  35. 2° ASSIOMA Ciò significa che il contenuto di un messaggio va interpretato alla luce della relazione esistente tra i soggetti che interagiscono “OGNI COMUNICAZIONE HA UN ASPETTO DI CONTENUTO E UN ASPETTO DI RELAZIONE, IN MODO CHE IL SECONDO CLASSIFICA IL PRIMO, ED È QUINDI METACOMUNICAZIONE”

  36. 2° ASSIOMA aspetto di CONTENUTO aspetto di RELAZIONE COME LO SI DICE COSA SI DICE L'ASPETTO DI RELAZIONE CHIARISCE IL SIGNIFICATO DEL CONTENUTO

  37. 2° ASSIOMA OGNI ATTO COMUNICATIVO NON SOLTANTO TRASMETTE INFORMAZIONI, MA AL TEMPO STESSO IMPONE UN COMPORTAMENTO NOTIZIA COMANDO modo in cui deve essere assunto un preciso messaggio diverso a seconda della relazione esistente tra le due persone contenuto dell’informazione

  38. 2° ASSIOMA: esempio “Vorrei che mi facessi subito questo lavoro perché …” “Fammi subito questo lavoro” relazione di dominio- sottomissione relazione di partecipazione- collaborazione Le risonanze emotive e le risposte comportamentali che provocano questi due messaggi sono molto diverse Hanno lo stesso contenuto, ma definiscono relazioni molto diverse

  39. 2° ASSIOMA: ESEMPIO “FAI ATTENZIONE” MINACCIA ORDINE INTERCALARE PREGHIERA RACCOMANDAZIONE RELAZIONE NOTIZIA contenuto

  40. 2° ASSIOMA: ESEMPIO I CLIENTI CHE CREDONO CHE I NOSTRI CAMERIERI SIANO SCORTESI DOVREBBERO VEDERE IL DIRETTORE

  41. 2° ASSIOMA A LIVELLO DIRELAZIONEGLI INDIVIDUI NON COMUNICANO SUFATTI ESTERNI ALLA RELAZIONE, MADEFINISCONO LA RELAZIONE E IMPLICITAMENTE SE STESSI possibili reazioni da parte di O P dà la definizione di sé ad O Hai ragione CONFERMA Ecco come mi vedo Hai torto RIFIUTO Tu non esisti DISCONFERMA

  42. CONFERMA GRAN PARTE DELLE NOSTRE COMUNICAZIONI HANNO PROPRIO LO SCOPO DI PRODURRE LA CONFERMA DEL SÉ Del tutto indipendentemente dal mero scambio di informazione, l’uomo comunica con gli altri per acquisire la consapevolezza di sé

  43. RIFIUTO IL RIFIUTO PRESUPPONE IL RICONOSCIMENTO, SIA PUR LIMITATO, DI QUANTO SI RIFIUTA E QUINDI ESSO NON NEGA NECESSARIAMENTE LA REALTÀ DEL GIUDIZIO DI P SU DI SÉ (certe forme di rifiuto possono essere costruttive)

  44. DISCONFERMA TALE COMPORTAMENTO NON SI OCCUPA PIÙ DELLA VERITÀ O FALSITÀ DELLA DEFINIZIONE CHE P HA DATO DI SÉ, MA PIUTTOSTO NEGA LA REALTÀ DI P COME EMITTENTE DI TALE DEFINIZIONE TALE COMPORTAMENTO SI OSSERVA NELLA COMUNICAZIONE PATOLOGICA

  45. DISCONFERMA: esempio Un impiegato (I) si lamenta col dirigente (D) dell’azienda in cui lavora, riferendo del rapporto col suo caporeparto Io non capisco quand’è che il mio lavoro è svolto bene … non so più quando mi critica e quando mi fa i complimenti. È raro che mi faccia delle osservazioni … è proprio raro! I Lei vuole dire che avrebbe bisogno di ricevere dal suo caporeparto qualche indicazione per sapere se è contento di quello che lei fa. D I Si!

  46. LA NATURA DI UNA RELAZIONE DIPENDE DALLA PUNTEGGIATURA DELLE SEQUENZE DI COMUNICAZIONE TRA I COMUNICANTI 3° ASSIOMA i nostri scambi comunicativi non sono casuali, una sequenza ininterrotta di scambi viene organizzata introducendo una vera e propria punteggiatura

  47. 3° ASSIOMA osservando la conversazione tra due comunicanti, si può identificare la SEQUENZA di chi parla e di chi risponde, si può definire ciò che è la CAUSA DI UN COMPORTAMENTO e ciò che è L’EFFETTO i MODI di punteggiare una sequenza di eventi sono SOGGETTIVI e possono generare dei CONFLITTI DI RELAZIONE a volte difficilmente superabili

  48. PUNTEGGIATURA DELLA SEQUENZA DI EVENTI LE DISCREPANZE SONO CASI DICOMUNICAZIONE PATOLOGICA CIRCOLI VIZIOSI CHE NON SI POSSONO INTERROMPERE A MENO CHE LA COMUNICAZIONE STESSA NON DIVENTI L’OGGETTO DELLA COMUNICAZIONE, CIOÈ FINCHÉ I COMUNICANTI NON SIANO IN GRADO DI METACOMUNICARE

  49. PUNTEGGIATURA DELLA SEQUENZA DI EVENTI LE DISCREPANZE A CAUSA- EFFETTO B MANCANZA DI INFORMAZIONI C PROFEZIA CHE SI AUTODETERMINA

  50. PUNTEGGIATURA DELLA SEQUENZA DI EVENTI LE DISCREPANZE CAUSA- EFFETTO IN QUESTI CASI SI OSSERVA UN CONFLITTO SU CIÒ CHE SI CONSIDERA LA CAUSA E SU CIÒ CHE SI CONSIDERA L’EFFETTO, QUANDO SI SA INVECE CHE NESSUNO DI QUESTI CONCETTI È APPLICABILE PER LA CIRCOLARITÀ DELL’INTERAZIONE IN CORSO

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