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Docente: Avv. Massimo Ragazzo Avvocato Amministrativista in Roma Studio Sciumé & Associati

Docente: Avv. Massimo Ragazzo Avvocato Amministrativista in Roma Studio Sciumé & Associati . Corso di formazione ANEV LE FONTI ENERGETICHE RINNOVABILI: PROFILI PROCEDIMENTALI E TITOLI ABILITATIVI Roma, 7 giugno 2012 .

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  1. Docente: Avv. Massimo Ragazzo Avvocato Amministrativista in RomaStudio Sciumé & Associati Corso di formazione ANEVLE FONTI ENERGETICHE RINNOVABILI:PROFILI PROCEDIMENTALI E TITOLI ABILITATIVIRoma, 7 giugno 2012

  2. LE FONTI ENERGETICHE RINNOVABILI PROFILI PROCEDIMENTALI E TITOLI ABILITATIVI Indice: 1. Introduzione alla normativa in materia di autorizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili. Panoramica delle principali disposizioni comunitarie, nazionali e regionali. 2. La Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003 e gli interventi chiarificatori della Corte Costituzionale: verso un modello autorizzatorio puro. 3. Gli interventi chiarificatori della Corte Costituzionale (le sentenze della Corte Costituzionale n. 124/2010, n. 344/2010 e n. 107/2011). 4. Il d.m. del 10 settembre 2010 (le “linee guida” nazionali per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili): titoli abilitativi e disciplina del procedimento; criteri per l’inserimento degli impianti sul paesaggio e nel territorio. 5. Il recepimento delle Linee guida da parte delle Regioni. In particolare, l’individuazione delle aree e dei siti del territorio regionale non idonei all’installazione di impianti. Il decreto 15 marzo 2012 sul c.d. “Burden sharing”. 6. La Direttiva n. 2009/28/CE. 7. Il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, di recepimento della direttiva 2009/28/CE: nuovi obiettivi e novità procedimentali. L’autorizzazione unica La Pas (Procedura abilitativa semplificata) La comunicazione relativa alle attività in edilizia libera

  3. Introduzione Il quadro normativo può dirsi oggi composto nel senso che il legislatore nazionale 1) ha introdotto, con l’articolo 12 del D.lgs. 387/2003, in ossequio alle prescrizioni comunitarie, una procedura amministrativa semplificata per gli impianti energetici alimentati da FER 2) ha affidato ad un atto di natura sostanzialmente regolamentare, e cioè alle linee guida nazionali approvate in sede di Conferenza Unificata Stato-Regioni, (a) la puntuale regolamentazione di tale procedura e (b) la contestuale fissazione di criteri “generali” (o meglio nazionali), quali, ad esempio, quelli volti ad assicurare il corretto inserimento nel paesaggio degli impianti eolici; 3) infine, ha recepito la direttiva 2009/28/C (che ha disposto la modifica e l’abrogazione delle precedenti direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE) con il recente d.lgs. 3 marzo 2011 n. 28, a completamento dell’ambito autorizzatorio di riferimento, così definendo il preciso regime normativo fondato su tre diversi titoli abilitativi, ovvero: - autorizzazione unica; - procedura abilitativa semplificata (PAS); - comunicazione d’inizio lavori.

  4. Le politiche comunitarie in campo energetico Le politiche comunitarie in campo energetico hanno sempre risentito della mancanza di una chiara competenza dei Trattati in materia (Trattati CECA del 1952 ed EURATOM del 1957). Una vera e propria strategia europea nel settore energetico venne a delinearsi solo a seguito della crisi petrolifera del 1973, limitatamente al problema delle scorte petrolifere. Di conseguenza, l’Unione europea manca di mezzi di negoziazione e pressione e soffre attualmente di un’assenza di competenze e di coesione comunitaria nel settore energetico Con il Trattato di Maastricht del 1992 sull’Unione Europea l’art. 3 del TCE venne modificato e venne per la prima volta previsto che la Comunità potesse adottare “misure in materia di energia”, come oggetto di azione comunitaria, senza tuttavia che venisse attribuita una specifica competenza alle Istituzioni. 4

  5. Le politiche comunitarie in campo energetico Il Libro Verde ed il Libro Bianco del 1994. Nel 1994, la Commissione elabora dapprima un Libro Verde, intitolato “Per una Politica energetica dell’Unione Europea” e, nel dicembre dello stesso anno, pubblica un Libro Bianco dal titolo: “Una Politica Energetica per l’Unione Europea”. Così, la Commissione presenta un vero e proprio programma d’azione, della durata di cinque anni, con i seguenti obiettivi: 1. integrazione del mercato interno dell’energia, che tenga conto delle differenze attuali in tema di domanda e di offerta esistenti all’interno dei diversi Stati. 2. la gestione della dipendenza energetica e la sicurezza negli approvvigionamenti; 3. la promozione dello sviluppo sostenibile e la diversificazione delle fonti di energia. 4. la tutela e il rispetto dell’ambiente. 

  6. Le politiche comunitarie in campo energetico Il Protocollo di Kyoto Con il termine “Protocollo di Kyoto” s’intende l’accordo internazionale sottoscritto il 7 dicembre 1997 da oltre 160 paesi partecipanti alla terza sessione della Conferenza delle Parti della convenzione sui cambiamenti climatici. Oggetto del Protocollo è uno degli aspetti del cambiamento climatico: la riduzione, attraverso un’azione concordata a livello internazionale, delle emissioni di gas serra. I paesi industrializzati (elencati nell’Annex I del Protocollo) s’impegnano a ridurre le proprie emissioni entro il 2012. il Protocollo di Kyoto non prevede vincoli alle emissioni per tutti i paesi firmatari, ma solo per quelli compresi nell’elenco riportato nell’Annex I: una lista di 39 paesi che include i paesi OCSE e quelli con economie in transizione verso il mercato. Tale scelta è stata operata in attuazione del principio di “responsabilità comune ma differenziata”, secondo il quale, nel controllo delle emissioni, i paesi industrializzati si fanno carico di maggiori responsabilità, in considerazione dei bisogni dei paesi in via di sviluppo. Per quanto riguarda l’Italia, la ratifica del protocollo di Kyoto è avvenuta con la legge 1° giugno 2002, n. 120, la quale reca anche una serie di disposizioni finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra.

  7. Le politiche comunitarie in campo energetico Il Libro Bianco e il piano d’azione della Comunità del 1997. Gli incentivi alle FER. Nel 1997, la Commissione aveva elaborato un Libro Bianco e un piano d’azione della Comunità sulle fonti energetiche rinnovabili in cui si faceva esplicito riferimento alle problematiche connesse ai cambiamenti climatici. La Commissione riconosceva peraltro che, in assenza di iniziative coordinate dell’Unione, le energie rinnovabili sarebbero emerse solo lentamente dagli attuali mercati di nicchia, per diventare pienamente competitive in termini di costo verso il 2020, mentre la piena penetrazione di mercato si sarebbe fatta probabilmente attendere ancora per anni. Il piano di azione mirava a fornire nuove possibilità di mercato per le energie rinnovabili, senza oneri finanziari eccessivi. In particolare, venivano proposte delle misure relative al mercato interno, consistenti: a) nell’accesso delle rinnovabili al mercato dell’elettricità a prezzi equi; b) nella predisposizione di specifiche misure fiscali e finanziarie (tariffe verdi); c) nella promozione di biocombustibili; d) nella razionalizzazione dei consumi di energia nell’edilizia e nel terziario.

  8. Le politiche comunitarie in campo energetico La Commissione, al momento della pubblicazione del Libro Bianco del 1997, riteneva che la priorità conferita alle energie rinnovabili nelle politiche della Comunità fosse in genere molto bassa e che fosse necessario un ulteriore sforzo per far conoscere meglio il potenziale delle energie rinnovabili. In tale prospettiva, la Commissione riteneva che il conseguimento nel 2010 dell’obiettivo indicativo del 12% avrebbe potuto aumentare il mercato per l’industria europea, creando nuovi posti di lavoro. Nell’ambito delle politiche sulla concorrenza e degli aiuti di Stato, la Commissione sottolineava che per rendere le rinnovabili più competitive, doveva essere data priorità a formule che lasciassero agire le forze di mercato per ridurre i costi di produzione dell’energia rinnovabile il più rapidamente possibile.

  9. Le politiche comunitarie in campo energetico Nel 2000 vede la luce un importante documento della Commissione volto a delineare una nuova politica energetica: il “Libro Verde verso una strategia europea di sicurezza dell’approvvigionamento”, finalizzato a ridurre al massimo i rischi derivanti dalla dipendenza dall’estero del fabbisogno energetico dell’UE. La Commissione sviluppa una strategia basata sul controllo dell’aumento della domanda,incoraggiando profondi cambiamenti nel comportamento dei consumatori, tramite diversi strumenti tra cui la fiscalità. In particolare, per l’energia eolica, la Commissione riteneva che questa potesse diventare competitiva e fare concorrenza alle energie convenzionali (cfr. Libro Verde “Verso una strategia europea di sicurezza dell'’approvvigionamento”, p. 44). In particolare, si ricordava come negli ultimi anni l’energia eolica avesse innegabilmente conquistato il suo spazio sui mercati, a differenza dall’energia fotovoltaica, che ‑ seppur promettente - era ancora lungi dall’aver raggiunto un livello di buona competitività commerciale.

  10. Le politiche comunitarie in campo energetico La Commissione passava quindi in rassegna i principali ostacoli allo sviluppo delle energie rinnovabili. Questi consistevano in ostacoli di ordine strutturale e finanziario. La Commissione sottolineava che alcune energie rinnovabili richiedono investimenti iniziali importanti, così come del resto era avvenuto in passato con altre energie (carbone, petrolio e nucleare). A questo scopo, veniva individuata una possibilità di finanziamento delle energie rinnovabili, consistente nell’applicazione alle fonti energetiche più redditizie (nucleare, petrolio, gas) di una forma di contributo allo sviluppo delle energie rinnovabili.

  11. Le politiche comunitarie in campo energetico Va qui rammentato, per inciso, che: La legge 9 gennaio 1991, n. 10 (recante “Norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell'energia,di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia”), all’articolo 1, ha inoltre definito l’utilizzazione delle fonti di energia rinnovabile di pubblico interesse ed utilità, disponendo altresì che le opere relative venissero equiparate alle opere dichiarate indifferibili e urgenti ai fini dell'applicazione delle leggi sulle opere pubbliche. Successivamente, con d.P.R. 12 aprile 1996, integrato dal d.P.C.M. 3 settembre 1999, è stato demandato alle Regioni il compito di stabilire se talune tipologie impiantistiche riguardanti le fonti rinnovabili, per le loro caratteristiche, e sulla base di elementi di valutazione preventivamente decisi, richiedessero lo svolgimento della procedura di valutazione d’impatto ambientale. Procedura, invece, sempre prevista per gli impianti ricadenti, anche parzialmente, all’interno di aree naturali protette.

  12. Le politiche comunitarie in campo energetico In virtù del d.l.vo 31 marzo 1998, n. 112, recante il “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del Capo I della L. 5 marzo 1997, n. 59”, artt. 29 e 31, il quadro legislativo è stato parzialmente mutato, in quanto le funzioni amministrative concernenti la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e da rifiuti sono state trasferite agli enti locali. La legge costituzionale n. 3/2001 ha poi ulteriormente rafforzato il ruolo affidato alle Regioni in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, attribuendo a queste la potestà legislativa, fatta eccezione per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione statale.

  13. Le politiche comunitarie in campo energetico La Direttiva 2001/77/CE sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità del 27 settembre 2001. Nel mese di settembre del 2001 veniva adottata la Direttiva 2001/77/CE sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili (FER) nel mercato interno dell’elettricità. La Direttiva 2001/77/CE mira a rafforzare il contributo delle fonti rinnovabili alla produzione di energia elettrica e a creare le basi per un quadro di riferimento più completo per il futuro. La Direttiva copre cinque settori: 1. l’indicazione di obiettivi nazionali per il consumo di energia elettrica verde; 2. la valutazione dei regimi nazionali di sostegno ai produttori di energia elettrica verde; 3. le misure necessarie a garantire la trasparenza delle norme e un equo trattamento per i produttori di FER che richiedono la connessione alla rete elettrica nazionale; 4. l’istituzione di garanzie di origine reciprocamente riconosciute per l’energia elettrica verde; 5. lo snellimento delle procedure amministrative per i nuovi produttori.

  14. Le politiche comunitarie in campo energetico L’art. 6 della Direttiva 2001/77 prende specificatamente in considerazione il problema dello snellimento delle procedure amministrative. Va, infatti, ricordato come, tradizionalmente, la produzione di energia elettrica si concentra in un numero esiguo di grandi impianti centralizzati. Tuttavia, gli impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili sono generalmente più piccoli e diffusi sul territorio. La Commissione ha, quindi, ritenuto necessario che le norme e le procedure esistenti venissero modificate, al fine di favorire un rapido sviluppo di dette fonti. Pertanto, la Direttiva invita gli Stati membri a rivalutare la normativa nazionale e a introdurre le regolamentazioni necessarie alla costituzione e alla gestione di impianti di produzione di elettricità verde.

  15. Le politiche comunitarie in campo energetico In ottemperanza agli obblighi derivanti dall’appartenenza all’UE, l’Italia ha recepito la Direttiva europea 2001/77/CE con il d.l.vo 29 dicembre 2003, n. 387, emanato in attuazione della delega al Governo contenuta nell’articolo 43 della legge 1 marzo 2002, n. 39 (legge comunitaria 2001). Per ciò che qui più rileva, va evidenziato che, in ossequio agli obblighi delineati nella direttiva 2001/77/CE verso gli Stati membri, il provvedimento contiene 1) disposizioni specifiche relative alle singole fonti energetiche, 2)norme di semplificazione e di razionalizzazione dei procedimenti autorizzativi 3) la previsione di una campagna di informazione e comunicazione a favore delle predette fonti, nonché 4) l’inclusione dei rifiuti tra le fonti energetiche ammesse a beneficiare del regime riservato alle fonti rinnovabili.

  16. La Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003 e gli interventi chiarificatori della Corte Costituzionale: verso un modello autorizzatorio puro. Dal complesso delle disposizioni normative comunitarie, nazionali e regionali vigenti nella materia de qua, la realizzazione e la gestione di impianti alimentati da F.E.R. rientra tra le attività di impresa pienamente liberalizzate; essa, a scopo di semplificazione burocratica e in ossequio ai principi comunitari, è sottoposta ad autorizzazione unica regionale, previa conferenza di servizi.

  17. La Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003 e gli interventi chiarificatori della Corte Costituzionale: verso un modello autorizzatorio puro. È dalla Direttiva 1996/92/CE che si è andata affermando a livello comunitario la progressiva liberalizzazione del mercato dell’energia, attraverso il superamento del regime di monopolio pubblico sulla produzione, sulla distribuzione e sulla vendita. Tuttavia, già l’articolo 1 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, aveva disposto che, al fine di migliorare i processi di trasformazione dell'energia, di ridurre i consumi di energia e di migliorare le condizioni di compatibilità ambientale dell'utilizzo dell’energia a parità di servizio reso e di qualità della vita, la normativa vigente in materia avrebbe dovuto porsi l’obiettivo di favorire ed incentivare, in accordo con la politica energetica della Comunità economica europea, l'uso razionale dell’energia, il contenimento dei consumi di energia nella produzione e nell'utilizzo di manufatti, l’utilizzazione delle fonti rinnovabili di energia, la riduzione dei consumi specifici di energia nei processi produttivi, una più rapida sostituzione degli impianti, in particolare nei settori a più elevata intensità energetica.

  18. La Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003 e gli interventi chiarificatori della Corte Costituzionale: verso un modello autorizzatorio puro. Successivamente, il d.lgs. n. 79/1999, in attuazione della citata direttiva 1996/92, ha recepito i principi di liberalizzazione ed apertura del mercato dell’energia, disponendo che le attività di produzione, importazione, esportazione, acquisto e vendita di energia elettrica sono libere, nel rispetto dei soli obblighi di servizio pubblico (art. 1); le attività di trasmissione, dispacciamento e distribuzione sono invece svolte in regime di concessione, sotto la vigilanza dell’Autorità di settore (artt. 3 e ss. e 9 del decreto).

  19. La Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003 e gli interventi chiarificatori della Corte Costituzionale: verso un modello autorizzatorio puro. Il legislatore italiano ha, dunque, optato per il modello autorizzatorio puro in relazione all’attività di “produzione” di energia elettrica, ripudiando il sistema della gara d’appalto (così, Cons. Stato, Sez. V, 26 febbraio 2010, n. 1139, nonché Cons. Stato, Sez. III, parere n. 8249 del 14 ottobre 2008). La netta opzione del legislatore italiano per il sistema autorizzatorio, quanto all’attività di produzione di energia elettrica, è stata confermata con la l. n. 239/2004 (cfr. art. 1, comma 4).

  20. La Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003 e gli interventi chiarificatori della Corte Costituzionale: verso un modello autorizzatorio puro. La cornice comunitaria non è sostanzialmente mutata con la nuova direttiva 2003/54/CE (nota come II “Direttiva Elettrica”). A livello internazionale, il citato Protocollo di Kyoto, sottoscritto il 7 dicembre 1997 dai partecipanti alla conferenza sui cambiamenti climatici, ratificato dall’Unione europea con decisione 4 marzo 2002, n. 6871, e dall’Italia con la l. 1 giugno 2002, n. 120, prevede, tra le misure volte a limitare e ridurre le emissioni di gas ad effetto serra, anche il miglioramento dell’efficacia energetica. A livello europeo, risulta fondamentale la direttiva 2001/77/CE del Parlamento e del Consiglio 27 settembre 2001, sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità, la quale rileva il sottoutilizzo di tali fonti nell’UE, sia rispetto al potenziale uso, sia per il raggiungimento degli obiettivi di Kyoto. Le principali misure cui si accenna nella direttiva sono: adozione di regimi di sostegno per i produttori di elettricità da fonti rinnovabili; semplificazione delle procedure amministrative; agevolazione dell’accesso alla rete.

  21. La Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003 e gli interventi chiarificatori della Corte Costituzionale: verso un modello autorizzatorio puro. il recepimento della direttiva era fissato per il 27 ottobre 2003. In Italia, è avvenuto con il d.lgs n. 387 del 29 dicembre 2003. Per ciò che concerne il regime autorizzatorio degli impianti, la direttiva prevede, all’art. 6, afferente alle procedure amministrative, che gli Stati membri o gli organismi competenti designati dagli Stati membri valutano l’attuale quadro legislativo e regolamentare esistente delle procedure di autorizzazione o delle altre procedure di cui all’art. 4 della direttiva 96/92/CE (concernente norme comuni per il mercato interno dell’elettricità), il quale dispone che “per la costruzione di nuovi impianti di generazione gli Stati membri possono scegliere tra un sistema di autorizzazioni e/o una procedura di gara di appalto applicabili agli impianti per la produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili allo scopo di: ridurre gli ostacoli normativi e di altro tipo all’aumento della produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili; razionalizzare e accelerare le procedure all’opportuno livello amministrativo; garantire che le norme siano oggettive, trasparenti e non discriminatorie e tengano pienamente conto delle particolarità delle varie tecnologie per le fonti energetiche rinnovabili”.

  22. La Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003 e gli interventi chiarificatori della Corte Costituzionale: verso un modello autorizzatorio puro. La norma fondamentale in materia di titoli edilizi è indubbiamente l’articolo 12 del decreto legislativo n. 387/2003, rubricato “razionalizzazione e semplificazione delle procedure autorizzative”. Si tratta di una disposizione che nel corso degli anni ha subito alcuni aggiustamenti, soprattutto per mano della legge n. 244/2007 e della legge n. 99/2009. In particolare, il comma 1 dell’articolo 12 inquadra le opere di realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili nonché le opere e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e al funzionamento delle stesse come “opere di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti”.

  23. La Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003 e gli interventi chiarificatori della Corte Costituzionale: verso un modello autorizzatorio puro. La procedura di realizzazione di dette opere è inoltre improntata a principi di celerità e snellezza amministrativa. Infatti, il comma 3 dell’articolo 12 prevede l’istituto dell’autorizzazione unica. Il testo della disposizione così recita: “(…) la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla Regione o dalle Province delegate, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico. A tal fine, la Conferenza di servizi è convocata dalla Regione entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione”.

  24. La Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003 e gli interventi chiarificatori della Corte Costituzionale: verso un modello autorizzatorio puro. Il comma 3 va letto in combinato disposto con il successivo comma 4 che, a sua volta, prevede che l’autorizzazione unica sia “(…) rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni. Il rilascio dell'autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercitare l'impianto in conformità al progetto approvato e deve contenere l'obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell'impianto o, per gli impianti idroelettrici, l'obbligo alla esecuzione di misure di reinserimento e recupero ambientale”. Prosegue il comma in esame, disponendo che: Il termine massimo per la conclusione del procedimento di cui al presente comma non può comunque essere superiore a centottanta giorni (…)”. Termine che la la giurisprudenza amministrativa ha sempre definito come perentorio (Tar Puglia, Bari, Sez. I, 8 gennaio 2010, n. 2; Tar Puglia, Lecce, Sez. I, 21 luglio 2010, n. 1799; Tar Puglia, Bari, Sez. I, 18 gennaio 2011, n. 101; Tar Sardegna, 14 gennaio 2011, n. 37; Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, Sez. I, 4 novembre 2010, n. 1368; Tar Molise, Sez. I, 8 marzo 2011, n. 98: Tar Puglia, Bari, Sez. I, 3 marzo 2011, n. 366; Tar Sicilia, Palermo, Sez. II, 28 luglio 2010, n. 9042 e Tar Emilia Romagna, Parma, sez. I, 31 dicembre 2010, n. 584).

  25. La Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003 e gli interventi chiarificatori della Corte Costituzionale: verso un modello autorizzatorio puro. A causa della disarticolata legislazione regionale, la Corte Costituzionale è più volte dovuta intervenire allo scopo di garantire una uniformità legislativa sull’intero territorio nazionale. Infatti, diverse Regioni, soprattutto del Sud Italia, hanno inteso in senso estensivo le norme contenute nel d.l.vo n. 387/2003, andando ben oltre i limiti previsti dalle disposizioni in esso contenute. Come noto, la materia della “produzione di energia da fonti rinnovabili”, coinvolgendo sia profili connessi alla “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali” (affidati dall’art. 117 Cost., comma 2, lett. s alla legislazione esclusiva dello Stato) che alla “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia” (che ricade, invece, tra le materie di legislazione concorrente ex art. 117 Cost., comma 3), è stata oggetto di diversi conflitti di attribuzione tra Stato e Regioni, con le ovvie ripercussioni sulla semplificazione e celerità delle procedure amministrative in materia.

  26. La Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003 e gli interventi chiarificatori della Corte Costituzionale: verso un modello autorizzatorio puro. L’avvio a soluzione di tali problemi muove dalla giurisprudenza costituzionale chiamata a dirimere tali conflitti e, in particolare, dalla sentenza n. 383 del 14 ottobre 2005 nella quale si è precisato che la disciplina degli insediamenti per la produzione di energie rinnovabili è affidata alla legislazione concorrente, inquanto rientrante nella materia di “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia” ex art. 117, comma 3, Cost. Successive e più nette precisazioni si trovano, poi, nella sentenza 30 dicembre 2009 n. 339, laddove, nel ripercorrere le principali tappe di tale evoluzione giurisprudenziale, si afferma che “l’espressione utilizzata nel terzo comma dell’art. 117 Cost. (“produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”; n.d.r.) deve ritenersi corrispondere alla nozione di “settore energetico” di cui alla legge n. 239 del 2004”.

  27. La Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003 e gli interventi chiarificatori della Corte Costituzionale: verso un modello autorizzatorio puro. In altri termini, la Corte Costituzionale, pur non trascurando la rilevanza che, in relazione agli impianti in esame, riveste la tutela dell’ambiente e del paesaggio (sentt. nn. 124, 138, 332 e 366 del 2010) sembra attribuire, in questo momento storico, un ruolo soffertamente accentuato, pur nella doverosa concertazione, alla gestione delle fonti energetiche in vista di un efficiente approvvigionamento nei diversi ambiti territoriali (in questi termini sembra porsi pure la recente sentenza n. 192 del 2011 della stessa Corte). Ad esempio, sembra essere richiesta in giurisprudenza una puntuale e precisa – oltre ciò che sarebbe sufficiente in altri casi – indicazione delle ragioni “paesaggistiche” che si dovessero porre nei singoli casi come ostative al rilascio dell’autorizzazione unica.

  28. La Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003 e gli interventi chiarificatori della Corte Costituzionale: verso un modello autorizzatorio puro. I casi delle Regioni Puglia e Calabria sono emblematici. Con riguardo alla Puglia è dovuto intervenire d’urgenza il legislatore, in sede di conversione del d.l. n. 105/2010, per “salvare” le procedure avviate e concluse in quella Regione con semplice denuncia di inizio attività per realizzare impianti fino a 1MW, sulla base delle norme dichiarate costituzionalmente illegittime dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 119 del 26 marzo 2010. Successivamente, la Consulta è intervenuta anche con riferimento alle norme della legge della Regione Toscana n. 71/2009, con la sentenza n. 313 dell’11 novembre 2010. Il testo di legge in parola, sull’esempio della Regione Puglia, aveva previsto la DIA (al posto dell'Autorizzazione unica) per impianti fotovoltaici fino a 200 kW, (mentre il limite posto dal d.l.vo n. 387/2003 era di 20 kW), e per impianti eolici fino a 100 kW (mentre il limite nazionale è di 60 kW). Anche in questo caso, i giudici costituzionali hanno dichiarato che la Regione ha superato i limiti previsti dalla tabella allegata al d.l.vo n. 387/2003, violando l'articolo 117, comma 3, della Costituzione che ripartisce tra Stato e Regioni i poteri in ambito energetico.

  29. La Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003 e gli interventi chiarificatori della Corte Costituzionale: verso un modello autorizzatorio puro. Ma la Corte si è trovata ad affrontare una questione nuova, costituita proprio dall’intervento del legislatore a seguito della pronuncia n. 119/10. Infatti, il caso "salva DIA" o, più prosaicamente, “salva Puglia”, è stato richiamato dalla Regione Toscana davanti alla Corte al fine di dimostrare l’avvenuta sanatoria degli impianti in conseguenza della legge n. 129/2010, di conversione del d.l. n. 105/2010. Secondo la Regione Toscana, gli impianti non a norma sarebbero ricaduti sotto l’ombrello della legge n. 129/2010 e, pertanto, sarebbero stati “a norma”. La Corte Costituzionale, invece, è stata di diverso avviso. I giudici, infatti, hanno ricordato alla Toscana che la norma "salva DIA" è nata per sanare una situazione straordinaria e temporanea. Infatti, gli impianti "sanati" dovevano entrare in esercizio entro il 16 gennaio 2011.

  30. La Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003 e gli interventi chiarificatori della Corte Costituzionale: verso un modello autorizzatorio puro. Con la sentenza n. 124 dell’1 aprile 2010, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 2 della legge regionale n. 42 del 2008, della Regione Calabria, nella parte in cui questa individuava, nelle more dell’aggiornamento del “Piano energetico ambientale regionale” (Pear), taluni limiti alle potenze totali autorizzabili su base regionale per ciascuna fonte rinnovabile (eolica 3.000 MW; fotovoltaica/termodinamica 400 MW; idraulica 400 MW; biomassa 300 MW). La Corte ha osservato che la normativa statale prevede che la procedura della DIA non è sufficiente in caso di superamento della soglie indicate alla Tabella A del d.lgs. n. 387/03 e che, in tal caso, è necessario procedere all’autorizzazione unica con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con la Conferenza unificata, senza che la Regione possa provvedervi autonomamente.

  31. La Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003 e gli interventi chiarificatori della Corte Costituzionale: verso un modello autorizzatorio puro. La Corte, inoltre, compie una significativa analisi delle misure di compensazione a favore degli enti locali su cui era previsto che sorgessero gli impianti, statuite dalla legge della Regione Calabria. La legge della Regione Calabria, infatti, prevedeva che alla domanda di autorizzazione fosse allegato un atto con il quale il richiedente si impegnava a compiere una serie di operazioni tra cui: a) costituire una società di scopo con residenza fiscale nel territorio della Regione Calabria; b) sottoscrivere garanzie fideiussorie; c) favorire l’imprenditoria calabrese nella fase della realizzazione; d) facilitare l’assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato di unità lavorative per la gestione dell’impianto; e) versare a favore della Regione Calabria la somma di 50 € cent per ogni KW eolico di potenza elettrica nominale autorizzata (€ 1,5 per le altre tipologie), quali oneri per monitoraggio con relativa dotazione di antinfortunistica e per l’accertamento della regolare esecuzione delle opere.

  32. La Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003 e gli interventi chiarificatori della Corte Costituzionale: verso un modello autorizzatorio puro. Tali disposizioni sono state ritenute illegittime dalla Corte Costituzionale perché, come sarebbe poi stato esplicitato dalle linee guida nazionali, ma come in realtà poteva già evincersi dal decreto n. 387 del 2003, è vietato alle Regioni subordinare il rilascio delle autorizzazioni ad interventi compensativi in favore delle Regioni stesse. La Consulta ha rilevato che la norma nazionale, pur prevedendo astrattamente misure di compensazione, le intende quale strumento di “ristoro” per gli effetti negativi che l’impatto ambientale può determinare, con la conseguenza che chi propone l’istallazione di un determinato impianto s’impegna a devolvere all’ente locale, cui compete l’autorizzazione, determinati servizi o prestazioni. Dunque, il legislatore statale non parla di imposizione di corrispettivo, ma lascia aperta la possibilità che vengano stipulati accordi che prevedano misure di compensazione, da intendersi come misure di riequilibrio ambientale, e non certamente come misure condizionanti il rilascio dei titoli abilitativi.

  33. La Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003 e gli interventi chiarificatori della Corte Costituzionale: verso un modello autorizzatorio puro. Da ultimo, la Corte Costituzionale con la sentenza n. 344 del 26 novembre 2010 è intervenuta nuovamente a censurare la legislazione della Regione Puglia in materia di energie rinnovabili. In particolare, è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'articolo 3, comma 16, della legge regionale del 31 dicembre 2007, n. 40, contenente le Disposizioni per la formazione del bilancio previsionale 2008 e bilancio pluriennale 2008 - 2010 della Regione Puglia. La Corte ha sottolineato che l’impossibilità da parte delle Regioni di adottare una propria disciplina in ordine ai siti non idonei alla installazione degli impianti eolici prima dell’approvazione delle indicate linee guida nazionali rende, poi, irrilevante l’adozione di queste ultime, avvenuta con il D.M. 10 settembre 2010 (Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili), nelle more del presente giudizio di costituzionalità (…)”. Pertanto, le norme regionali, nella parte in cui prevedono aree non idonee all’installazione degli impianti eolici e i criteri per individuare le suddette zone, si pongono in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.

  34. La Direttiva n. 2001/77/CE, l’articolo 12 del d.lgs. n. 387/2003 e gli interventi chiarificatori della Corte Costituzionale: verso un modello autorizzatorio puro. Le stesse considerazioni si ritrovano nella sentenza 1 aprile 2011, n. 107, relativa al nuovo testo dell’Allegato A del Piano di Indirizzo Energetico Ambientale Regionale (PIEAR), parte integrante della legge della Regione Basilicata del 2010, n. 1, paragrafo 1.2.2.1., terzo capoverso, come riformulato dal paragrafo i) dell’art. 3, comma 1, della legge regionale n. 21 del 2010.

  35. Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010 Le “linee guida” nazionali per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili individuano, da un lato, i criteri procedurali per il rilascio, da parte delle Regioni, dell'autorizzazione unica per la costruzione, l'esercizio e la modifica di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili; nonché, dall’altro lato, i criteri per il corretto inserimento nel paesaggio degli impianti stessi, ed in particolare di quelli eolici. La scelta di adottare linee guida in Conferenza Unificata va ricondotta allo schema della cd. chiamata in sussidiarietà. Il legislatore statale, in questo caso, ha previsto una specifica forma di leale collaborazione che non è semplicemente ‘‘forte’’ (l’intesa) ma è addirittura ‘‘fortissima’’, dal momento che si parla non di atti statali emanati per l’appunto ‘‘di intesa’’ con Regioni ed enti locali, ma di un vero e proprio atto ‘‘congiuntamente elaborato (adottato “in Conferenza”, sia pure su proposta del Ministero dello Sviluppo Economico).

  36. Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010 I più significativi principi generali fissati nella Parte Prima: punto 1.1.:principi generali. L’attività di produzione di energia elettrica da F.E.R. è attività libera, nel rispetto degli obblighi di servizi pubblico punto 6.1.: trasparenza amministrativa. Regioni e Province Autonome, anche attraverso il proprio sito web, rendono informazioni circa il regime autorizzatorio di riferimento, secondo la tipologia di impianto. punto 8.: esenzione dal contributo di costruzione. Ai sensi dell’art. 17, comma 3, lett. e) d.P.R. 380/2001, il contributo di costruzione non è dovuto per i nuovi impianti, lavori, opere, modifiche, relativi a F.E.R. punto 9.: oneri istruttori. Le Regioni possono prevedere oneri istruttori a carico dei proponenti, finalizzati a coprire le spese istruttorie; essi sono determinati sulla base dei principi di ragionevolezza, proporzionalità e non discriminazione e, in ogni caso, non possono essere superiori allo 0,02% dell’investimento.

  37. Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010 Sugli oneri istruttori: È importante – sulla predeterminatezza degli oneri istruttori - la sent. T.A.R. Lecce, n. 657, resa il 14 aprile 2011, secondo cui “La L. 18 aprile 2005, n. 62 (legge comunitaria 2004), all’art. 4, stabilisce che gli oneri per prestazioni e controlli da eseguire da parte di uffici pubblici nell'attuazione delle normative comunitarie sono posti a carico dei soggetti interessati secondo tariffe “predeterminate e pubbliche”. La ratio della norma che prevede la predeterminazione del costo degli oneri istruttori è quella di assicurare che il soggetto proponente conosca l’importo degli stessi oneri nel momento in cui presenta la domanda; è quindi alla data di presentazione della domanda che deve essere individuato il momento in cui l’onere deve essere quantificabile. In caso contrario, gli oneri istruttori non potrebbero essere quantificati dai soggetti che attivano la procedura, impedendo così agli stessi di formare un piano economico consapevole (nel caso in esame, il Collegio ha messo in evidenza che la domanda di autorizzazione unica era stata presentata l’11 ottobre 2010, quindi prima della delibera della giunta regionale, del 26 ottobre 2010, che ha rideterminato il costo degli oneri istruttori, stabilendo che i maggiori importi debbono essere applicati alle domande presentate nei 180 giorni precedenti l’adozione della stessa delibera. Pertanto, la richiesta, oggetto di impugnazione, viola il principio di predeterminatezza posto dall’art. 4 della l. 62/2005, in attuazione del principio più generale di irretroattività dell’imposizione patrimoniale).

  38. Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010 I seguenti elementi sono individuati dalle linee guida come cruciali per lo sviluppo delle rinnovabili, predisponendo uno schema di riferimento che dovrebbe consentire il superamento dell’annosa questione della disomogeneità delle normative regionali: 1) chiarezza e snellezza delle procedure autorizzative; 2) definizione dei rapporti tra i diversi soggetti istituzionali; 3) pianificazione territoriale e individuazione dei siti; 4) gestione delle compensazioni.

  39. Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010 Le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché leopere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli stessi impianti, autorizzate ai sensi del comma 3, sono di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti. La chiara disposizione normativa – non toccata dal recente decreto 28/2011 - non lascia adito a dubbi circa l’attribuzione del carattere di pubblica utilità (ed anche di indifferibilità e urgenza) alle opere necessarie non solo per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, ma anche di tutte le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli stessi impianti. Quali siano le opere connesse lo chiariscono le linee guida nazionali (par. 3.1), che vi fanno rientrare i servizi ausiliari di impianto e le opere necessarie alla connessione alla rete elettrica indicate nel preventivo per la connessione ovvero individuate nella soluzione tecnica minima generale, entrambi - e cioè il preventivo e la soluzione in parola - redatti dal gestore della rete elettrica nazionale o di distribuzione ma che devono essere esplicitamente accettati dal proponente (il quale ne dovrebbe dar conto nella istanza).

  40. Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010 Va segnalato che anche gli impianti alimentati sia da fonti rinnovabili che dai tradizionali combustibili fossili (le c.d. “centrali ibride”) si giovano dell’autorizzazione unica. Le medesime linee guida (al punto 10.2) prevedono, infatti, che “le disposizioni dell’articolo 12, commi 1, 2, 3, 4 e 6, del d.lgs. 387 del 2003 si applicano alla costruzione ed esercizio di centrali ibride, inclusi gli impianti di co-combustione, di potenza termica inferiore a 300 MW, qualora il produttore fornisca documentazione atta a dimostrare che la producibilità imputabile di cui all’articolo 2, comma 1, lett. g) del medesimo d.lgs. 387 del 2003, per il quinquennio successivo alla data prevista di entrata in esercizio dell’impianto sia superiore al 50% della producibilità complessiva di energia elettrica della centrale.

  41. Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010 Viene disciplinata dalla Linee Guida la posizione dei comuni all’interno del procedimento di autorizzazione unica; le Linee guida sembrano di fatto superare il potere di veto finora di fatto esercitato dagli enti locali, prevedendo all’articolo 13.4 che «Le Regioni o le Province delegate non possono subordinare la ricevibilità, la procedibilità dell’istanza o la conclusione del procedimento alla presentazione di previe convenzioni ovvero atti di assenso o gradimento da parte dei Comuni il cui territorio è interessato dal progetto».

  42. Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010 Il punto 15.3. delle Linee Guida conferma quanto previsto sin dall’art. 12, comma 7, del d.l.vo n. 387 del 2003, ovvero una sorta di idoneità urbanistica ex lege per le zone agricole (dove viene peraltro installata la maggior parte di tali impianti), e soprattutto senza necessità di adeguare lo strumento urbanistico (in questo senso si è espressa la giurisprudenza amministrativa, puntualmente recepita proprio dal punto all’art. 15.3.), per cui quello della variante urbanistica si risolve quasi automaticamente in una ipotesi pressoché residuale. Le Linee Guida, sempre al punto 15.3., ribadiscono, inoltre, che, nell’ubicazione degli impianti in zone agricole, «si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale di cui alla L. 5 marzo 2001, n. 57, artt. 7 e 8, nonché del d.lgs. 18 maggio 2001, n. 228, art. 14».

  43. Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010 Punti 14.5. e 16.5.; Allegato 2 (“Criteri per l’eventuale fissazione di misure compensative”) Le Linee guida intervengono sulla spinosa questione sulla quale la giurisprudenza amministrativa e costituzionale avevano avuto già modo di soffermarsi ampiamente, definendo i «criteri per l’eventuale fissazione di misure compensative». L’A.U. può includere l’individuazione di misure compensative a favore dei Comuni e da destinare a interventi di efficienza energetica e di diffusione di installazioni di impianti a fonti rinnovabili. Le misure compensative sono una mera possibilità e non sono determinate, in modo automatico, nel momento in cui venga realizzato un impianto di energia da fonti rinnovabili, a prescindere dalle sue caratteristiche e dimensioni e dal suo impatto ambientale.

  44. Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010 Le misure compensative devono essere determinate tenendo conto delle specifiche caratteristiche dell’impianto, del relativo impatto ambientale e territoriale e dell’applicazione delle misure di mitigazione già previste, eventualmente anche in sede di VIA. In ogni caso, eventuali misure compensative non possono essere determinate unilateralmente dai Comuni (ma soltanto da Stato o Regioni) e le stesse non possono essere corrisposte in favore di Regioni e Province, ma soltanto dei Comuni. Inoltre, nei confronti di questi ultimi le suddette compensazioni non possono avere carattere meramente patrimoniale o di corrispettivo monetario, potendo essere richieste soltanto misure di carattere ambientale e territoriale.

  45. Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010 Per quanto riguarda i titoli abilitativi (Parte II “Regime giuridico delle autorizzazioni”) l’importanza delle “linee guida” risiede nel fatto che esse individuano con precisione, in relazione alle diverse tipologie di impianto (fotovoltaico, biomasse, eolico, idroelettrico e geotermico), la specifica procedura autorizzativa da applicare (artt. 10-12); i contenuti minimi per l’istanza di A.U. (art. 13); le modalità procedurali (art. 14) e i contenuti dell’autorizzazione (art. 15) Particolarmente utile, ai fini pratici, risulta l’articolo 12, in quanto indica le condizioni in base alle quali alcuni impianti possono essere realizzati con semplice DIA (ovvero SCIA) ed altri mediante una semplice comunicazione di inizio lavori all’amministrazione.

  46. Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010 Quali sono i casi in cui è possibile la mera comunicazione? In materia di fotovoltaico, l’articolo 12.1. prevede che possono essere realizzati mediante semplice comunicazione (attività edilizia libera): a) impianti solari fotovoltaiciaventi tutte le seguenti caratteristiche (ai sensi dell'articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115): 1) impianti aderenti o integrati nei tetti di edifici esistenti con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda e i cui componenti non modificano la sagoma degli edifici stessi; 1.1.) la superficie dell'impianto non è superiore a quella del tetto su cui viene realizzato; 1.2.) gli interventi non ricadono nel campo di applicazione del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e s.m.i. recante “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, nei casi previsti dall'articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 115/2008.

  47. Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010 Quali sono i casi in cui è possibile la mera comunicazione? b)Impianti solari fotovoltaiciaventi tutte le seguenti caratteristiche (ai sensi dell'articolo 6, comma 1, lettera d) del Testo unico dell’edilizia, ex d.p.r. n. 380/2001): 2.1.) realizzati su edifici esistenti o sulle loro pertinenze; 2.2.) aventi una capacità di generazione compatibile con il regime di scambio sul posto; vale a dire massimo di 200kW 2.3.) realizzati al di fuori della zona A) di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444 (centri storici).

  48. Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010 Quali sono i casi in cui è possibile la mera comunicazione? • Il caso sub a) comprende tutti gli impianti integrati nei tetti con la stessa inclinazione della falda, con superficie non superiore a quella del tetto e che non interessino nessuno dei beni individuati dal Codice dei beni culturali e del paesaggio al’art. 10 (beni sottoposti a vincolo architettonico) o all’art. 134 (beni sottoposti a vincolo paesaggistico ); sono quindi esclusi gli impianti su copertura piana, qualora evidentemente aventi una inclinazione diversa da quella di copertura • Il caso sub b) comprende tutti gli impianti su edifici esistenti o loro pertinenze, su immobili ricadenti in zone A di cui al d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, così come perimetrate nei rispettivi strumenti urbanistici vigenti e limitatamente agli impianti di potenza installata inferire o uguale a 200 kW; se ne deduce che gli impianti fotovoltaici posti sulle coperture piane degli edifici possono essere considerati attività ad edilizia libera e quindi essere soggetti a semplice comunicazione, soltanto se gli edifici non ricadono nelle suddette zone A e se la potenza installata non è superiore a 200 kW.

  49. Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010 Quali sono i casi in cui è possibile la mera comunicazione? Per quanto concerne gli impianti eolici, l’articolo 12.5. stabilisce che sono interventi considerati attività ad edilizia libera e sono realizzati previa comunicazione secondo quanto disposto dai punti 11.9 e 11.10, anche per via telematica, dell’inizio dei lavori da parte dell’interessato all’amministrazione comunale: a) Impianti eolici aventi tutte le seguenti caratteristiche (ai sensi dell'articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115): i. Installati sui tetti degli edifici esistenti di singoli generatori eolici con altezza complessiva non superiore a 1,5 metri e diametro non superiore al metro; ii. gli interventi che non ricadono nel campo di applicazione del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e s.m.i. recante “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, nei casi previsti dall'articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 115/2008.

  50. Le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, ex d.m. 10 settembre 2010 b) Torri anemometriche finalizzate alla misurazione temporanea del vento aventi tutte le seguenti caratteristiche: i. realizzate mediante strutture mobili, semifisse o comunque amovibili; ii. installate in aree non soggette a vincolo o a tutela, a condizione che vi sia il consenso del proprietario del fondo; iii. sia previsto che la rilevazione non duri più di 36 mesi; iv. entro un mese dalla conclusione della rilevazione il soggetto titolare rimuove le predette apparecchiature ripristinando lo stato dei luoghi. Naturalmente, nel caso in cui gli impianti debbano essere realizzati in aree vincolate, alla comunicazione vanno allegate le relative autorizzazioni richieste dalle normative di settore. Quali sono i casi in cui è possibile la mera comunicazione?

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