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ECONOMIA DEL TERRITORIO anno accademico 2009 - 2010

ECONOMIA DEL TERRITORIO anno accademico 2009 - 2010. Appunti delle lezioni Lezione n.14 La scienza non esclude gli errori; anzi, talora sono proprio questi a portare alla verità. (Jules Verne). L’EFFETTO DISTRETTO ESISTE ANCORA?.

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ECONOMIA DEL TERRITORIO anno accademico 2009 - 2010

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  1. ECONOMIA DEL TERRITORIOanno accademico 2009 - 2010 Appunti delle lezioni Lezione n.14 La scienza non esclude gli errori; anzi, talora sono proprio questi a portare alla verità.(Jules Verne)

  2. L’EFFETTO DISTRETTO ESISTE ANCORA? Il mutamento del contesto competitivo internazionale sta avendo effetti rilevanti sull’industria italiana, spingendo le imprese a ridisegnare le proprie strategie e il proprio posizionamento sui mercati di sbocco. La forte crescita delle quote di mercato dei paesi emergenti: • Innalza le pressioni competitive. • Ridisegna la struttura delle relazioni economiche internazionali. • Modifica i rapporti tra imprese e amplia la frammentazione delle filiere produttive.

  3. Emergono nuovi percorsi tecnologici e di mercato, ed aumentano le probabilità, da parte dei soggetti innovatori di appropriarsi dei benefici delle innovazioni introdotte, attraverso i brevetti, i marchi, la creazione di reti commerciali e distributive su scala internazionale. • La fase manifatturiera diviene sempre meno cruciale e acquisiscono centralità le funzioni immateriali, organizzative e/o manageriali. Il nuovo ambiente competitivo sta mettendo in discussione alcuni assi portanti del modello distrettuale italiano

  4. La crescente appropriabilità ostacola il meccanismo di innovazione-imitazione caratteristico dell’interazione socio-economica distrettuale. • La frammentazione delle filiere produttive spinge le imprese distrettuali ad internazionalizzarsi, aprendo all’esterno le catene del valore, non solo negli anelli terminali. • Possono modificare la trama delle relazioni infra-distrettuali, nel caso in cui i fornitori locali siano sostituiti da quelli esteri.

  5. L’internazionalizzazione restringe il bacino locale di competenze manifatturiere. • La maggiore apertura verso l’esterno può assottigliare la rete di relazioni sociali ed economiche, all’interno dei distretti. • Vi è dunque il rischio, con il venir meno delle relazioni di interdipendenza produttiva tipica dei distretti interrompendo il circolo virtuoso dei vantaggi competitivi (valori socio-culturali, competenze professionali, capacità imprenditoriali e organizzative)

  6. Può pertanto venir meno il cosiddetto “effetto distretto”, ovvero l’insieme di fattori economici e sociali che hanno consentito alle imprese di ottenere performance superiori rispetto a quelle localizzate in altri contesti, grazie anche al virtuoso meccanismo di innovazione-imitazioneche ha caratterizzato il tessuto competitivo distrettuale.

  7. Questi cambiamenti possono avere ripercussioni rilevanti anche sul fronte finanziario inducendo un mutamento dei fabbisogni delle imprese. Il mantenimento di un buon equilibrio tra la durata delle fonti di finanziamento e quella degli impieghi richiede, infatti, un allungamento della scadenza dei debiti finanziari, visto il livello dei tempi di ritorno dei crescenti investimenti immateriali e non, posti a monte e a valle del processo produttivo. Può cambiare, inoltre, anche il tipo di servizio richiesto ai soggetti finanziari.

  8. Le imprese infatti aumentano la richiesta alle banche di servizi non propriamente finanziari, che vanno dalla consulenza in campo di innovazione allo accompagnamento sui mercati internazionali. • In questo nuovo contesto può in parte affievolirsi il vantaggio localizzativo offerto nei distretti dalla banca locale

  9. OBIETTIVO DELLO STUDIO VERIFICARE SE LE TRASFORMAZIONI IN ATTO STIANO O MENO CONDIZIONANDO LA CAPACITÀ DEI DISTRETTI DI OFFRIRE UN VANTAGGIO COMPETITIVO ALLE IMPRESE CHE VI OPERANO CAMPIONE 25.670 IMPRESE PERIODO 1991 – 2006 ANALISI ECONOMETRICA SU OTTO CAMPIONI: • Variazione % del fatturato; • Margini (MON in % del fatturato); • Tasso di rotazione del capitale investito; • Intensità di capitale (capitale investito per addetto); • Integrazione verticale (valore aggiunto in % del fatturato); • Produttività del lavoro (valore aggiunto per addetto); • ROI; • Propensione all’export.

  10. EVOLUZIONE DEL FATTURATO

  11. COMMENTO all’ evoluzione del fatturato • Nei primi anni novanta le imprese distrettuali hanno messo a segno una crescita superiore a quella delle altre; • In seguito tale vantaggio si è affievolito; • Nella seconda metà degli anni novanta le imprese distrettuali si dimostrano più sensibili alle varie fasi del ciclo economico.

  12. EVOLUZIONE ESPORTAZIONI A CONFRONTO

  13. COMMENTO al confronto sull’evoluzione delle esportazioni • L’evoluzione del fatturato rispecchia i risultati delle imprese distrettuali sui mercati internazionali; • Il fenomeno sembra dovuto al fatto che le imprese distrettuali abbiano maggiormente approfittato della svalutazione della valuta italiana.

  14. PROPENSIONE ALL’EXPORT IMPRESE ESPORTATRICI

  15. EVOLUZIONE DEL ROI VALORI MEDIANI

  16. TASSO ROTAZIONE CAPITALE INVESTITO (fatturato/capitale investito)

  17. PRODUTTIVITA’ DEL LAVORO (migliaia di € per dipendente )

  18. ANALISI DELLA REDDITIVITA’ GESTIONE Quale indicatore si usa il ROI (Return On Investment) Roi = EBIT (Margine Operativo Netto) Capitale Investito L’indice individua la redditività del capitale investito attraverso la gestione tipica dell’impresa si può anche scrivere: Roi = Margine operativo netto = Mon * Fatturato Capitale investito Fatturato Capitale investito

  19. EVOLUZIONE DEL ROI (valori mediani)

  20. COMMENTO all’evoluzione del ROI • Dal presente confronto emerge che, nella prima metà degli anni novanta, le imprese distrettuali hanno ottenuto migliori risultati in tema di redditività industriale. POSSIBILE CAUSA: Maggior efficienza del ciclo produttivo che incrementa il grado di rotazione del capitale in considerazione della frammentazione del processo produttivo che consente il maggior sfruttamento del capitale investito

  21. Segue COMMENTO all’evoluzione del ROI • Diversamente nella seconda metà degli anni novanta il vantaggio localizzativo sembra svanire ed emerge il fatto che le imprese distrettuali sembrano vivere con maggior intensità le fasi di ripresa e di rallentamento. • Queste ultime fasi sembrano incidere maggiormente sulle imprese distrettuali (1998-99 crisi dei mercati asiatici ; 2003 – 2004 affermazione dei paesi emergenti e apprezzamento dell’euro. • La maggior sensibilità al ciclo economico è probabilmente da ascriversi alla maggior elasticità della forma reticolare delle imprese distrettuali.

  22. TASSO ROTAZIONE CAPITALE INVESTITO (fatturato/capitale investito)

  23. PRODUTTIVITA’ DEL LAVORO (migliaia di € di valore aggiunto per dipendente)

  24. INTENSITA’ DEL CAPITALE INVESTITO (migliaia di € di capitale investito per dipendente)

  25. GRADO DI INTEGRAZIONE VERTICALE Quale indicatore si usa il Rot Rot (AssetsTurnover)= ___Fatturato___ Capitale investito Mette in evidenza l’efficacia dei fattori produttivi rispetto ai ricavi e sostanzialmente il grado d’integrazione verticale dell’impresa

  26. GRADO DI INTEGRAZIONE VERTICALE (valore aggiunto in % del fatturato)

  27. MOL (EBITDA)/FATTURATO

  28. MON (EBIT) / FATTURATO

  29. Commento all’andamento del MON (EBIT) /FATTURATO • Dal confronto si evince che i margini in oggetto nei distretti si sono assottigliati nel tempo tra il 1996 e il 1999 e tra il 2002 e il 2006. • Detti margini sono stati superiori nelle imprese isolate per cui sembra che le imprese distrettuali abbiano maggiormente subito le difficoltà dell’industria italiana nella prima metà degli anni duemila.

  30. LEVA FINANZIARIA (debiti finanziari in % debiti finanziari e patrimonio netto)

  31. COSTO DEL DEBITO

  32. DEBITI FINANZIARI VERSO BANCHE (in % debiti finanziari)

  33. DEBITI FINANZIARI NON BANCARI (in % debiti finanziari)

  34. DEBITI FINANZIARI VERSO BANCHE A BREVE (in % debiti finanziari bancari)

  35. DEBITI FINANZIARI VS/ BANCHE A MEDIO-LUNGO TERMINE (in % debiti finanziari bancari)

  36. IN CONCLUSIONE • Le imprese distrettuali presentano un livello superiore di leva finanziaria con un maggior ricorso al debito bancario. • I vantaggi localizzativi sembrano svaniti e le imprese distrettuali vivono assai più intensamente il ciclo economico. • L’efficienza del tasso di rotazione del capitale ROT si è affievolita. • Il livello dei ROI a partire dal 2002 ha espresso un differenziale negativo per le imprese distrettuali ciò può essere ascritto a un debolezza del territorio nel settore terziario.

  37. IPOTESI PER IL FUTURO POTRANNO I DISTRETTI CONTINUARE A RAPPRESENTARE UNO STRUMENTO PER SUPERARE I LIMITI DIMENSIONALI DELLE IMPRESE ITALIANE? AVENDO RIGUARDO ALLE CARATTERISTICHE DEL NUOVO CONTESTO COMPETITIVO SI DOVREBBE CONCLUDERE CON UN’AFFERMAZIONE NEGATIVA. UNA RISPOSTA, ANCHE SE PARZIALE, SI PUÒ FORSE TROVARE NEL DIFFERENZIALE DI PERFORMANCE TRA I DISTRETTI SPECIALIZZATI NELLE MEDESIME PRODUZIONI IN CUI IL DIVARIO SEMBRA DOVUTO A VANTAGGI LOCALIZZATIVI IN TERMINI DI COMPETENZE TERZIARIE E KNOW-HOW. IL TERRITORIO OFFRE ANCORA ESTERNALITA’ SUL PIANO MANIFATTURIERO È RICCO DI CAPITALE UMANO E SERVIZI AVANZATI ED È DESTINATO A FAR EMERGERE VERE E PROPRIE IMPRESE FINALI.

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