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Università di Bologna Dipartimento di Fisica

Tecniche di Imaging Multispettrale per i Beni Culturali. Morigi Maria Pia. Università di Bologna Dipartimento di Fisica Viale Berti Pichat, 6/2 – 40127 Bologna e-mail: mariapia.morigi@unibo.it. Onde elettromagnetiche.

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Presentation Transcript


  1. Tecniche di Imaging Multispettrale per i Beni Culturali Morigi Maria Pia Università di BolognaDipartimento di Fisica Viale Berti Pichat, 6/2 – 40127 Bolognae-mail: mariapia.morigi@unibo.it

  2. Onde elettromagnetiche Per radiazione elettromagnetica si intende la propagazione nello spazio di campi elettrici e magnetici, variabili nel tempo, generati da cariche o correnti oscillanti, strettamente intercorrelati fra loro. Tale propagazione avviene con trasporto di energia, ha carattere ondulatorio e quindi è caratterizzata da , , da un periodo e da una velocità di propagazione, che nel vuoto è c.

  3. Capacità di penetrazione della radiazione UV VIS IR RX VERNICE STRATO PITTORICO DISEGNO PREPARAZIONE SUPPORTO

  4. L’occhio umano è sensibile alla luce compresa tra 400 e 750 nm Per l’imaging multispettrale vengono spesso utilizzate camere con sensore di tipo CCD, che hanno una sensibilità estesa che va da 300 nm fino a circa 1000 nm.

  5. CAMERE CON SENSORE CCD Esempio di sensore CCD Matrice di fotorivelatori a stato solido, cresciuti su una comune base di silicio. A ciascuno di questi microscopici rivelatori corrisponde un singolo elemento dell’immagine (pixel).

  6. Il CCD (Charge-coupled device, ossia dispositivo ad accoppiamento di carica) è nato presso i laboratori Bell di Murray Hill, New Jersey, già luogo di nascita del transistor. Verso la fine del 1969, Bill Boyle e George Smith, ricercatori impegnati nella ricerca di nuovi metodi di acquisizione delle immagini tramite cristalli di silicio, trovarono quasi per caso il CCD. Il CCD è un dispositivo caratterizzato da una matrice di microscopiche regioni di forma quadrata o rettangolare, disposte a scacchiera sulla superficie di un cristallo di silicio, opportunamente trattato e integrato in un dispositivo comunemente chiamato microchip (tecnologia MOS). Tali regioni, molto sensibili alla luce, denominate pixel (picture element), sono ricavate direttamente nel silicio e disposte come mattonelle di un pavimento, troppo piccole per essere osservabili ad occhio nudo. DISEGNO DI UN MICROCHIP

  7. LA CAMERA CCD Per comprendere meglio il funzionamento di una camera CCD, possiamo grosso modo compararne l'aspetto ad una semplice macchina fotografica. In una macchina fotografica tradizionale la superficie del film esposta alla luce giace su un piano posto di fronte all'otturatore. Se sostituiamo il film con un sensore CCD ed equipaggiamo la nostra macchina con un'elettronica e un software capaci di registrare e riprodurre immagini digitali, otteniamo una camera CCD. Lasuperficie del sensore è paragonabile a quella di un'emulsione fotografica: alla matrice dei pixel corrisponde la grana dell'emulsione. La differenza più macroscopica è la dimensione del sensore generalmente utilizzato nelle camere CCD non professionali: poche decine di millimetri quadrati rispetto agli 864 mm2 del campo di una 24x36.

  8. I CCD La superficie di un'emulsione fotografica, vista al microscopio, è composta di grani, le cui dimensioni non sono tutte perfettamente uguali. Inoltre, i grani del film sono distribuiti in modo non del tutto uniforme. Invece i pixel del CCD sono tutti identici e sono disposti con assoluta regolarità lungo le colonne e le righe di una matrice quadrata o rettangolare. Quando si riprende un’immagine con una camera CCD, la luce, composta a sua volta dai singoli fotoni provenienti dall'oggetto inquadrato, viene “catturata” dalla superficie del sensore e ciascun pixel raccoglierà una quantità di luce proporzionale alla durata dell'esposizione e all'intensità del flusso luminoso incidente in quel punto.

  9. PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO DI UN CCD L’interazione dei fotoni con il CCD provoca la liberazione di elettroni per effetto fotoelettrico. Durante la fase di esposizione i fotoelettroni vengono accumulati in ciascun pixel. Quindi sulla superficie del sensore andrà formandosi una precisa mappa elettronica dell'immagine dell'oggetto ripreso. Il passo successivo consiste nel trasferimento della carica. La carica accumulata in ciascun pixel viene trasferita sequenzialmente, con l’ausilio di varie tecniche, ad un registro di lettura. Questa operazione viene effettuata manipolando in maniera sistematica la differenza di potenziale tra i pixel, in modo tale che il segnale costituito dagli elettroni si muova lungo i registri verticali da un pixel al successivo, come se viaggiasse su un nastro trasportatore. STRUTTURA DEL CCD

  10. PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO DI UN CCD • Il registro di lettura accumula una riga alla volta e quindi trasporta il pacchetto di cariche in modo sequenziale ad un circuito amplificatore interno. L'operazione finale, la rivelazione delle cariche, avviene quando i singoli pacchetti di cariche vengono convertiti in un voltaggio d'uscita. Il voltaggio di ciascun pixel può essere amplificato da un amplificatore esterno, codificato in modo digitale e “trasformato“ in una sequenza numerica di bit, ovvero in un ben determinato tono (livello) di grigio. L’immagine digitale così ottenuta, che prende il nome di light frame, sarà quindi trasferita in un computer e visualizzata su un monitor.

  11. PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO DI UN CCD Dopo la chiusura dell'otturatore (1) il chip, che ha registrato nei singoli pixel le variazioni di carica dovute all'impatto dei fotoni, è pronto a trasmettere l'informazione (i pixel sono colorati in verde; le stelline rosse rappresentano le cariche generate dai fotoni). L'informazione contenuta nella prima riga di pixel si sposta simultaneamente nel registro seriale (2) dove viene raccolta ed inviata sequenzialmente all'uscita (3, 4). Quando il registro seriale si svuota, viene caricata la seconda riga di pixel e il processo riparte dal punto 2. Una volta che tutti i registri sono vuoti, l'otturatore può essere riaperto per cominciare la registrazione di una nuova immagine.

  12. Quando si fa una ripresa con la videocamera.. • - La luce, composta a sua volta dai singoli fotoni • provenienti dall'oggetto inquadrato, viene • “catturata” dalla superficie del sensore. • ciascun pixel raccoglierà una quantità di luce • proporzionale alla durata dell'esposizione e • all'intensità del flusso luminoso incidente in quel • punto.

  13. L’immagine digitale Il numero nel pixel è proporzionale al segnale prodotto dai fotoni di luce nel rivelatore

  14. TIPOLOGIA DEI CCD • La matrice di mxn pixels è organizzata in maniera diversa a seconda dello schema di trasferimento di carica adottato: • Interline transfer • Frame transfer • Full frame transfer Interline transfer Nei CCD Interline Transfer, ad ogni colonna di elementi fotosensibili è associata una colonna adiacente di elementi schermati dalla luce (registri verticali). Alla fine del processo di integrazione, le cariche accumulatesi negli elementi fotosensibili sono istantaneamente trasferite nei registri verticali, per poi essere trasferite riga per riga, nel registro orizzontale di lettura del segnale di uscita del CCD. Lo shift delle cariche dai pixel ai registri verticali di lettura dura poco più di un microsecondo.

  15. TIPOLOGIA DEI CCD FRAME TRANSFER CCD I CCD Frame Transfer presentano due aree strutturalmente identiche sulla superficie del sensore. Una, sensibile alla luce, è la zona dove si accumulano le cariche durante la posa; l’altra, schermata con una lamina metallica, è la memoria dove al termine del processo di integrazione sarà parcheggiata l’immagine dopo un trasferimento dall’area sensibile, della durata di 1-2 millesimi di secondo.

  16. TIPOLOGIA DEI CCD FULL FRAME TRANSFER CCD I CCD Full Frame Transfer hanno solamente l’area attiva. La lettura dell’immagine al termine dell’esposizione, avviene mediante trasferimento progressivo al registro di lettura del contenuto delle righe della matrice del sensore, dalla prima riga fino all’ultima. Questo processo dura in genere qualche decimo di secondo. Se l’area del sensore nel frattempo non è protetta dal flusso incidente dei fotoni, l’immagine finale sarà affetta da smearing, ossia da un alone provocato dal continuo assorbimento di energia luminosa. Tale inconveniente viene eliminato equipaggiando tali camere con otturatori elettromeccanici, in grado di schermare l’area attiva del sensore durante la lettura e il campionamento dell’immagine.

  17. CAMERE CON SENSORE CCD CURVE DI EFFICIENZA QUANTICA DI UN SENSORE CCD

  18. Tecniche di Imaging MultiSpettrale nei Beni Culturali • Ripresa di immagini digitali a colori • Tricromia in falso colore • Riflettografia infrarossa • Fluorescenza ultravioletta

  19. Il disegno e il colore sono le prime caratteristiche immediatamente evidenti di un dipinto.Nonostante ciò, non è assolutamente banale ottenere una buona immagine di un’Opera d’Arte. D’altra parte, una ricostruzione fedele dell’immagine dell’Opera è essenziale per ogni forma di documentazione, sia preliminare che successiva ad un eventuale intervento di conservazione e restauro, ed è anche fondamentale per il suo studio e la sua fruizione.

  20. Le tre immagini nel rosso, verde e blu si ottengono interponendo un filtro passa-banda di fronte al sensore. Tutta la risoluzione del sensore viene sfruttata per ogni banda. Inoltre, le caratteristiche di esposizione e messa a fuoco possono essere ottimizzate indipendentemente per ogni banda. Anche le variazioni di illuminazione esterna possono essere compensate in maniera oggettiva e riproducibile. Un’immagine digitale a colori può essere ottenuta attraverso la sovrapposizione di tre immagini acquisite sequenzialmente nelle bande spettrali fondamentali RGB (Red, Green e Blue – sintesi additiva)

  21. Acquisizione RGB BGR

  22. APPLICAZIONE IMAGING MULTISPETTRALE AI DIPINTI Esaltazione del contrasto La possibilità di selezionare la banda spettrale di acquisizione dell’immagine può portare ad un miglioramento del contrasto dell’immagine.

  23. Le parti ritoccate appaiono come zone di diverso colore nell’immagine risolta spettralmente Ritocchi La risoluzione spettrale dell’immagine permette l’identificazione di zone ritoccate non altrimenti visibili a occhio nudo RGB IR Madonna con Bambino (XVI secolo)Antiquarium Arborense, Oristano

  24. Tecniche diagnostiche in infrarosso per immagini: riflettografia e termografia. INFRAROSSO: lunghezze d’onda da 7x10-7 m a 10-3 m • RIFLETTOGRAFIA Si basa su Trasparenza di alcuni pigmenti e leganti pittorici nel vicino infrarosso (0.7 - 2.5 mm) Si basa su • TERMOGRAFIA Emissione di radiazione di corpo nero da parte dioggetti a temperatura ambiente in alcune bande del medio-lontano infrarosso.

  25. LA RIFLETTOGRAFIA INFRAROSSA

  26. LA RIFLETTOGRAFIA INFRAROSSA La riflettografia infrarossa (IR) è una tecnica ottica, utilizzata per visualizzare, soprattutto nei dipinti antichi, la superficie della preparazione sottostante agli strati di pittura. La tecnica risale agli anni '30, ed iniziò come fotografia IR; una svolta si ebbe negli anni '60 con l'inizio dell'uso di telecamere a tubo Vidicon. La riflettografia si serve infatti della radiazione nel vicino infrarosso, nell'intervallo di lunghezze d'onda comprese tra 1 e 2 micron.

  27. Riflettografia Infrarossa IR VIS 10÷100 m colore 0.5÷1 mm preparazione supporto Il principio La riflettografia IR consente di registrare immagini nell’infrarosso, dette riflettogrammi, aventi l’aspetto di fotografie in bianco e nero, da cui è possibile interpretare il disegno realizzato dall’autore sullo strato preparatorio dell’opera. Ciò avviene per via della trasparenza dello strato pittorico alla radiazione nell’infrarosso vicino. La radiazione IR attraversa lo strato di colore, raggiunge il fondo, viene retrodiffusa verso l’esterno ed è rivelata dalla telecamera.

  28. Riflettografia Infrarossa Con questo metodo di indagine si possono: • ottenere informazioni sulla tecnica dell'autore e sul mezzo grafico impiegato per il disegno preparatorio (uso del carboncino o del pennello nella stesura del disegno) • mettere in evidenza pentimenti e/o ritocchi (sia in fase di disegno che di stesura pittorica) • si possono rilevare scritte, firme e date, sottostanti in origine allo strato pittorico, oppure coperte da successive operazioni di restauro.

  29. STRUMENTAZIONE PER RIFLETTOGRAFIA IR La pellicola infrarossa in bianco e nero, una volta di largo uso per questo tipo di indagine, è stata oggi sostituita da sistemi commerciali basati su telecamere a CCD di tipo standard, in bianco e nero, oppure da particolari telecamere con tubo Vidiconal solfuro di piombo, sensibili fino a lunghezze d’onda della radiazione di 2200 nm circa. Di ingombro contenuto e maneggevoli, le telecamere collegate ad un monitor permettono una visualizzazione immediata del risultato, vantaggio non indifferente che ne rende semplice l’impiego in situ.

  30. Strumentazione tradizionale per riflettografia IR: limitazioni • Per i Vidicon: • distorsioni geometriche in alcuni casi non trascurabili, limitata risoluzione spaziale e scarsa capacità di registrare un’adeguata gamma di toni di grigio costituiscono i tre principali difetti e limitano l’utilizzo di questa strumentazione come mezzo di studio e ricerca. • Per le telecamere CCD: • ridotta banda spettrale di analisi, che non supera il limite di 1.1 micron ed impedisce di fatto di vedere al di sotto di molti tipi di pigmento, rendendo la riflettografia a telecamera, per quanto economica come metodo di analisi, una tecnica a volte insufficiente nei risultati.

  31. LO SCANNER PER RIFLETTOGRAFIA INFRAROSSA Si tratta di un sistema a scansione meccanica, che utilizza un sensore sensibile alla radiazione IR nella banda di lunghezze d'onda comprese tra 1 e 1.7 micron, restituendo immagini ad alta risoluzione e con più di 4000 toni di grigio. Questa grande dinamica consente la ripresa di riflettogrammi di elevato contrasto e ad alto contenuto di informazione, permettendo agli esperti del settore di disporre di immagini con notevole risoluzione di dettaglio e con le più delicate sfumature di grigio.

  32. LO SCANNER PER RIFLETTOGRAFIA INFRAROSSA Lo scanner per riflettografia IR è composto da una coppia di assi di traslazione ortogonali e da una testa ottica posizionata sulla traslazione verticale. La superficie del dipinto viene ispezionata con una risoluzione spaziale di 4 pixel/mm. Sulla testa ottica vi sono un obbiettivo, un fotodiodo per IR ed il sistema di illuminazione. Dal momento che il sistema di illuminazione si muove solidalmente con la testa ottica, l'uniformità dell'illuminazione è assicurata su tutta l'immagine.

  33. Scanner per riflettografia IR • Risoluzione: 4x4 pti/mm2 • Sensibilità spettrale: 0.9  1.7 mm + RGB • Gamma tonale: migliaia di livelli di grigio

  34. Ripresa IR con scanner a singolo elemento 0.25 mm (101.6 dpi)

  35. Confronto tra “ieri” e “oggi” CCD camera Vidicon IR scanner

  36. ESEMPIO DI APPLICAZIONE DELLA RIFLETTOGRAFIA IR Particolare della pala "Madonna col Bambino e Santi”, realizzata da Matteo di Giovanni per la cattedrale di Pienza.

  37. ESEMPIO DI APPLICAZIONE DELLA RIFLETTOGRAFIA IR Il pittore si serve del disegno preparatorio per segnalare sul gesso della preparazione ogni necessario passo successivo che dovrà portare dall’abbozzo all’opera finita. La testa del personaggio viene prima delineata nei suoi particolari esterni ed interni, probabilmente sulla base di un disegno di riferimento su carta; infine, con alcuni veloci tratti a carboncino, vengono segnalate le zone d’ombra.

  38. ESEMPIO DI APPLICAZIONE DELLA RIFLETTOGRAFIA IR Se si sovrappongono le due immagini, quella in IR e quella visibile, vediamo che le zone di ombra dello scavato volto del prelato corrispondono esattamente al tratteggio, alla sua disposizione sul piano, alla sua differenziata intensità. L’immagine in IR dimostra come il disegno sottogiacente ubbidisse a tecniche e a regole dettate dalla sua specificità di utilizzo.

  39. Riflettografia IR Luca Signorelli: Crocifissione La ripresa riflettografica in IR permette di rilevare tra il volto e la prima croce un dipinto sottostante.

  40. La Riflettografia Infrarossa La Galleria Borghese di Roma e L'Istituto Nazionale di Ottica Applicata (I.N.O.A.) hanno presentato nel 2002 i risultati di ricerche effettuate su due importanti dipinti della stessa Galleria: il San Giovanni Battista del Bronzino e la Madonna con Bambino e San Giovannino di controversa attribuzione a Giulio Romano oppure al Raffaello.

  41. La Riflettografia Infrarossa Il San Giovanni Battista del Bronzino

  42. La Riflettografia Infrarossa il San Giovanni Battista del Bronzino Ingrandimento 4:1 Ingrandimento 2:1 Ingrandimento 8:1 Particolare 1:1

  43. La Riflettografia Infrarossa Il San Giovanni Battista del Bronzino (~1550) L'autore aveva utilizzato una tavola sulla quale aveva in origine disegnato un ritratto mediceo. Si vede un giovane con un colletto a pizzo, la mano sinistra vicino al bordo inferiore mentre regge tra le dita dei fogli di un volume e con l'altra mano s'accinge a scrivere tenendo una pennatra le dita. Che il Bronzino abbia trasfigurato un ritratto cortese in una figura di Santo sulla stessa tavola mostra la intercambiabilità tra soggetti mondani e religiosi.

  44. La Riflettografia Infrarossa il San Giovanni Battista del Bronzino Per un confronto tra il San Giovanni Battista della Galleria Borghese con gli altri ritratti dipinti del Bronzino merita particolare attenzione quello del bel giovane biondo Lodovico Capponi che si trova nella FrickCollection a New York. Tale dipinto, datato tra il 1550 ed il 1555 circa, mostra infatti tratti fisiognomici molto simili nella proporzione della testa, nell'asse degli occhi leggermente discendente verso l'esterno, nella forma fiorente ma non troppo della bocca, nel naso e nelle sopracciglia. Infine, anche la capigliatura bionda a riccioli vivaci risulta comune nei due volti. Se questa lettura fosse condivisa, si può identificare nel disegno sottostante il S. Giovanni Battista della Galleria Borghese un ritratto di Lodovico Capponi nello stesso periodo della Frick Collection di New York. Egli avrebbe prestato le sembianze anche per il S. Giovanni Battista nel deserto della tavola della Galleria Borghese.

  45. La Riflettografia Infrarossa Madonna con Bambino e San Giovannino È un dipinto attribuito a Giulio Romano, ma recentemente riassegnato a Raffaello, come già era nell'inventario del 1833. Esso costituisce un'opera di straordinario interesse per la critica dell'attività del tardo Raffaello e dei diretti eredi del suo studio. Foto in Luce visibile Foto in IR

  46. La Riflettografia Infrarossa Madonna con Bambino e San Giovannino In questo caso le indagini riflettografiche hanno confermato la presenza di un disegno sottostante da attribuire alla mano di Raffaello. Ricorda, per il simile aspetto, un disegno su carta di Raffaello del 1512 circa che si trova ad Oxford, nell' Ashmolean Museum. Tale disegno "oxfordiano" è stato già messo in relazione col dipinto della Galleria Borghese da Konrad Oberhuber nel 1999, e questa intuizione viene confermata pienamente dalla riflettografia ora eseguita.

  47. La Riflettografia Infrarossa Madonna con Bambino e San Giovannino

  48. La Riflettografia Infrarossa Madonna con Bambino e San Giovannino Le riflettografie eseguite consentono inoltre di distinguere il tratto del disegnodella Madonna con Bambino di Raffaello da quello più lento e rigido del San Giovannino che appartiene ad una fase successiva della realizzazione dell'opera. Da un'immagine di Raffaello che tratta soltanto il tema dell'affetto tra la Madonna ed il Figlio, un seguace del Sanzio ha viceversa sviluppato una "storia", quella del gioco dei fanciulli cugini. Infatti il San Giovannino, lo sfondo ed il cagnolino sono attribuiti ad una mano diversa: un qualche allievo della stretta cerchia di Raffaello, non necessariamente Giulio Romano. Questi si distingue per un tratto di disegno più brillante rispetto a quello emerso nella radiografia, ma Giulio Romano sembra aver comunque influenzato il forte chiaroscuro e l'ambientazione dello sfondo dell'immagine. La datazione del dipinto ancora incompiuto in alcuni tratti del San Giovannino, va collocato tra il 1520 (morte di Raffaello) e il 1527 (Sacco di Roma). Cecilia Frosinini (INOA) "...tentiamo di entrare nella mente creativa dell'artista e dei suoi segreti"

  49. La Riflettografia Infrarossa Madonna in adorazione del Bambino con San Giovannino, Vittore Carpaccio Riflettografia a cura dell'INOA di Firenze

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