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SOCIOLOGIA della DEVIANZA A. 2009/2010 Materiale didattico a cura di A.M. Leonora

UNIVERSITÁ di CATANIA Facoltà di Scienze della Formazione. SOCIOLOGIA della DEVIANZA A. 2009/2010 Materiale didattico a cura di A.M. Leonora. COS’È UN FENOMENO DI DEVIANZA Il comportamento che si discosta dalle regole sociali o dalle norme.

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SOCIOLOGIA della DEVIANZA A. 2009/2010 Materiale didattico a cura di A.M. Leonora

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  1. UNIVERSITÁ di CATANIA Facoltà di Scienze della Formazione • SOCIOLOGIA della DEVIANZA • A. 2009/2010 • Materiale didattico • a cura di A.M. Leonora

  2. COS’È UN FENOMENO DI DEVIANZA • Il comportamento che si discosta dalle regole sociali o dalle norme. • La reazione di una parte sociale a comportamenti o atteggiamenti non riconosciuti come conformi. • Le due possibili definizioni mettono in luce la diversità dei due approcci di studio e di ricerca: l’osservazione sociologica si divide, dunque, nelle due prospettive della devianza e dell’ordine /controllo sociale

  3. DUE DEFINIZIONI • Il concetto di devianza: il comportamento deviante è quel comportamento che viola le aspettative istituzionalizzate di una data norma sociale. • Il concetto di controllo sociale: l’insieme delle risorse materiali e simboliche di cui una società dispone per assicurare la conformità del comportamento dei suoi membri ad un insieme di regole e principi prescritti e sanzionati.

  4. TRE CONCETTI FONDAMENTALI e DISTINTI • comportamento o condotta • agire sociale • aspettative di comportamento tre concetti riferiti a soggetti individuali o collettivi

  5. LA SOCIOLOGIA DELLA DEVIANZA • Può essere considerata una sottodisciplina. • Prende in considerazione il comportamento deviante. • Osserva i meccanismi di risposta alla devianza. Sempre relativamente alle azioni e alle relazioni esterne ed osservabili dei soggetti sociali.

  6. Gli interessi della disciplina L’oggetto di studio della disciplina è: • la devianza (con riferimento a comportamenti che violano norme); • non soltanto crimini ma anche comportamenti/problemi (tra cui quelli criminali) di violazione delle norme anche sociali; L’interrogativo sociologico principale è: perché il crimine, perché la violazione delle norme?

  7. Quattro prospettive per individuare il comportamento deviante • Comportamento valutato negativamente dalla maggioranza dei membri della società. • Scostamento dalla media dei comportamenti sdandardizzati. • Violazione delle regole sociali relative ai ruoli sociali. • Attribuzione di non conformità da parte del/gli individui che sono in contatto con il fenomeno diretto. Date queste premesse: si può arrivare a definire in modo costante e condiviso che cosa è deviante e cosa non lo è?

  8. Cinque criteri per definire un comportamento deviante • Un gruppo che riconosca e condivida la definizione. • L’esistenza di norme e aspettative di comportamento. • Il riconoscimento (soggettivo) della valutazione negativa del comportamento non conforme. • La reazione al comportamento non conforme. • L’esistenza di sanzioni o conseguenze negative. Si evidenzia una relazione bidirezionale tra devianza e specifico sistema culturale e normativo

  9. DEVIANZA E CRIMINALITÀ • Criminalità è la non osservanza di norme giuridiche sanzionate dal codice penale proprio di una società. Siamo nell’ordine dei reati. • Devianza è tutto ciò che si discosta dalle regole, anche quelle non scritte della società o di una sua parte o di una delle dimensioni della vita quotidiana. • Concetti collegati: disadattamento, disagio, emarginazione, criminalità

  10. IL CONTROLLO SOCIALE • È una manifestazione di potere e/o autorità allo scopo di riconoscere e mantenere valide le regole del gruppo sociale. • È un universale culturale. La tipologia di controllo sociale prevede: • Controllo sociale primario – informale/ relazionale • Controllo sociale secondario – formale/ istituzionale • Autocontrollo

  11. TEORIE DEL CONSENSO E TEORIE DEL CONFLITTO Le teorie del consenso si pongono nella prospettiva dell’ordine sociale (devianza = patologia sociale). Le teorie del conflitto si pongono nella prospettiva del confronto tra elementi diversi della società (devianza = cambiamento). Il concetto di controllo sociale assume contenuti opposti e speculari nelle due differenti prospettive.

  12. TEORIE MACRO-SOCIALI E TEORIE MICRO-SOCIALI Di ogni fenomeno deviante si possono mettere in luce – come fattori propulsivi del comportamento deviante – per un verso caratteristiche generali e strutturali della società, per un altro verso le relazioni interpersonali ed i processi di socializzazione e di costruzione dell’identità. Esempio di Teorie macro è lo struttural- funzionalismo. Esempio di Teorie micro è l’interazionismo simbolico.

  13. Gli studi sulla devianza tra ‘800 e ‘900 L’ambiente culturale ed intellettuale è fortemente influenzato dal pensiero illuminista e possono essere individuati alcuni criteri fondamentali che si ritrovano in tutti gli studi che si interessano al fenomeno. • Preoccupazione per l’ordine sociale. • Certezza dei diritti dell’uomo e della libertà umana come diritto fondamentale. • La ragione come fondamento guida dei comportamenti umani. • L’uomo come essere razionale che realizza i suoi progetti sulla base del piacere. • Fiducia nella legge.

  14. I PRIMI STUDIOSI DEL FENOMENO “DEVIANZA” Cesare Beccaria si riferisce alla concezione dell’uomo razionale e soggetto di diritti e dignità. Il suo sforzo intellettuale è volto a migliorare il sistema normativo, giudiziario e sanzionatorio. Egli insiste su due criteri fondamentali: il principio di responsabilità e il principio dell’adeguatezza o equità. Nella sua opera più famosa ribadisce la convinzione che il principio normativo, il concetto di diritto, è connaturale all’uomo.

  15. L’INFLUENZA DEL POSITIVISMO Il positivismo ha fortemente influenzato i primi studi sul fenomeno deviante. Questa prospettiva sottolinea l’importanza dell’applicazione dei criteri scientifici all’osservazione ed analisi dei comportamenti devianti. Inoltre, considera senza preconcetti politici e/o ideologici le reali condizioni sociali dove si sviluppano i fenomeni devianti. Si ricorre alle nuove discipline come la psicologia e la sociologia evoluzionista. Il positivismo sottolinea l’importanza dell’autorità legittima.

  16. LE TEORIE BIOLOGICHE • Lombroso (1835–1909) mette in relazione le caratteristiche fisiche dei soggetti e la loro “vocazione” a commettere reati. • Sheldon (1940 c.a) propone tre tipi di costituzione fisica ai quali corrispondono personalità diversamente “orientate al crimine”: • Endomorfo: grassoccio, soffice, arti corti; temperamento placido e socievole. • Mesomorfo: imponente, muscoloso, agile; temperamento aggressivo, irrequieto, instabile. • Ectomorfo:magro e fragile; temperamento introverso e nervoso.

  17. COMTE E L’EVOLUZIONISMO L’evoluzionismo (in ambito sociologico) è un approccio scientifico ed una prospettiva teorica che vede nell’evoluzione il tratto fondamentale delle dinamiche sociali. Il tratto fondamentale dell’evoluzionismo è il progresso. Comte parte dalla distinzione necessaria tra potere politico, potere morale e potere intellettuale nelle società. Per la prima volta i fenomeni devianti sono intesi quale patologia sociale.

  18. L’USO DELLA STATISTICA NEGLI STUDI SOCIALI La scoperta della regolarità e della ricorrenza del verificarsi di fenomeni devianti porta ad utilizzare la statistica e la matematica per la lettura dei comportamenti criminali. Autori come Quètelet e Guerry mettono in relazione alcuni tipi di reato con variabili quali l’età, il genere, la professione, il livello d’istruzione, la stagione, il clima… Durkheim, e la sua ricerca sul suicidio, si colloca in linea di continuità con questi due autori. Secondo Durkheim non è possibile una società senza devianza. La devianza svolge una funzione di rafforzamento della struttura normativa nella coscienza collettiva.

  19. Importanza della socializzazione Attraverso il processo di socializzazione si diventa membri della società passando dall’unicità della propria esperienza alla consapevolezza dell’insieme/ tutto sociale. • La coscienza collettiva • L’altro significativo • L’altro generalizzato Modelli di socializzazione: • 1. socializzazione primaria • 2. socializzazione secondaria • 3. socializzazione anticipatoria • 5. ri-socializzazione

  20. prospettiva del controllo sociale Durkheim si chiede non tanto “Perché alcune persone commettono dei reati?” ma: “Perché la maggior parte delle persone non li commette?”. Risposta: perché è frenata dal farlo. Due concetti importanti vengono evidenziati nelle sue opere: la solidarietà e il controllo sociale. Nella prospettiva della solidarietà il controllo sociale assume due caratteri fondamentali: • È interno e diretto – imbarazzo, senso di colpa, vergogna. • È interno e indiretto – attaccamento emotivo agli altri, necessità di non perdere la loro stima e la loro collaborazione (interdipendenza sociale).

  21. Divisione del lavoro e solidarietà sociale secondo E. Durkheim In ogni società, la divisione del lavoro sociale svolge la funzione di produrre solidarietà sociale. Il diritto – sia formale sia informale - è espressione delle principali forme di solidarietà sociale. Esistono due diverse specie di diritto: • il diritto a sanzione repressiva; • il diritto a sanzione restitutiva. A diverse specie di diritto corrispondono diverse forme di solidarietà sociale: • le norme del diritto a sanzione repressiva sono espressione di istanze “forti” della coscienza collettiva, nelle quali tutti si identificano; • sull’esistenza e sull’osservanza delle norme del diritto a sanzione repressiva si fonda la “solidarietà meccanica”; • la “solidarietà meccanica” è analoga alla coesione che tiene uniti gli elementi costitutivi dei corpi materiali; (De la division du travail social, 1893)

  22. (De la division du travail social, 1893) Le norme del diritto a sanzione restitutiva sono espressione delle esigenze di regolazione funzionale della società, derivanti dalla divisione del lavoro sociale. Sull’esistenza e sull’osservanza delle norme del diritto a sanzione restitutiva si fonda la “solidarietà meccanica”. La “solidarietà organica” invece è analoga alla coesione che tiene uniti gli elementi costitutivi dei corpi viventi. Sono cause primarie della divisione del lavoro sociale: • il “volume” della società; • la “densità materiale” della società; • la “densità dinamica” della società.

  23. La ricerca di E. Durkheim sul suicidio Considerando il suicidiocome “fatto sociale” si osserva che: • il tasso dei suicidi varia in ragione inversa al grado d’integrazione della “società religiosa”, della “società domestica”, della “società politica”, ovvero dei gruppi sociali di cui gli individui fanno parte; • il tasso dei suicidi varia in ragione dell’andamento della situazione economica: aumenta nei periodi di crisi, sia negativa che positiva; • in questo caso, il suicidio è di tipo “anomico”: le crisi economiche determinano una situazione di “anomia”, ovvero una crisi della sfera normativa e valoriale che indebolisce e riduce l’integrazione sociale; • la causa sociale del suicidio, considerato come fatto sociale, è l’anomia. (Le suicide, 1897)

  24. M. WEBER e g. simmel e Lo storicismo tedesco contemporaneo (1904) Il pensiero e l’approccio di Weber pongono le basi che rivalutano il carattere culturale delle società. Capisaldi della sua impostazione teorica sono: • l’autonomia delle “scienze dello spirito” – o delle “scienze della cultura” o delle “scienze umane” – nei confronti delle scienze naturali; • l’“unicità” e “irripetibilità” dei fenomeni storico-sociali; • le scienze sociali come scienze idiografiche; • il metodo comprendente.

  25. tipi di potere secondo M. Weber • Potere razionale o legale, legittimato da leggi, si basa sul riconoscimento sociale della legalità di ordinamenti statuiti e del diritto di comando di coloro che sono chiamati ad esercitarlo. • Potere tradizionale, legittimato dalla tradizione, si basa sulla credenza del carattere sacro delle tradizioni valide da sempre e sul riconoscimento della legittimità di coloro che sono chiamati a rivestire un’autorità in base a tali tradizioni. • Potere carismatico, legittimato dal carisma, si basa sul riconoscimento sociale di un requisito eccezionale – carattere sacro, valore esemplare, forza eroica, ecc. - attribuito a un individuo e sulla sottomissione incondizionata all’autorità che ad esso deriva dall’attribuzione di tale requisito. (M. Webr, Wirtschaft und Gesellschaft, 1922)

  26. Le funzioni del conflitto socialesecondo G. Simmel Ogni interazione sociale è ambivalente: in essa coesistono armonia e contrasto. In tutti i gruppi sociali/ società integrazione e conflitto sono in un rapporto di reciprocità: la sintesi dell’una e dell’altro è l’elemento dinamico che caratterizza ogni realtà sociale. Il conflitto può svolgere una funzione sociale positiva. Conflitto nei gruppi: • rafforza l’identità sociale del gruppo; • consente il controllo delle tensioni interne; • risolve l’opposizione tra tendenze contrastanti. (G. Simmel, Soziologie, 1908)

  27. (G. Simmel, Soziologie, 1908) Conflitto tra gruppi: • rafforza la coesione interna di ciascuno dei gruppi contendenti; • attiva nuove interazioni tra gruppi in precedenza privi di ogni rapporto, quando si conviene di definire e rispettare norme regolatrici del conflitto stesso; • consente un’effettiva valutazione dei rapporti di forza tra i contendenti; • promuove alleanze tra gruppi altrimenti privi di rapporti reciproci.

  28. La Scuola di Chicago e i “social problems” Le ricerche si svolgono su tematiche precise e ricorrenti: – bande giovanili – vagabondi – criminalità organizzata. Park: “regioni morali” della città = aree nelle quali prevalgono codici normativi specifici, anche in parziale contrasto con le norme del sistema sociale generale. Shaw e McKay : confronto dei tassi di delinquenza nei diversi quartieri di Chicago, trasmissione culturale della devianza.

  29. caratteristiche principali delle ricerche • Vicinanza ai temi antropologici. • L’uso del metodo etnografico. • Ricerche su identità e integrazione. • Centralità della cultura (la realtà oggettiva è mediata dai valori). • Teoria dell’uomo marginale. • Diversità e conflittualità nella vita urbana. • Disorganizzazione sociale. • La cultura cittadina e le sue zone. • Vita quotidiana devianza e mutamento sociale.

  30. Valori e orientamenti di valore • Un valore è una meta culturale socialmente condivisa cui viene attribuito, in una determinata società, il requisito della desiderabilità. • I valori si collocano nella sfera ideale, nella dimensione del dover essere o del voler essere, ma esercitano un’influenza diretta nella sfera reale orientando l’agire sociale. • Un orientamento di valore è un insieme coerente di valori rivolti verso la medesima direzione.

  31. Teorie ecologiche Autori: R. Park, Burgess, C. Shaw e H. McKay (Scuola di Chicago) Periodo: Primi anni ’30 del XX sec. Contesto: rapida urbanizzazione ed immigrazione delle metropoli USA Spiegazione: i tassi di criminalità variano al variare della zona della città e ad avere maggiori tassi di reati sono le zone in cui vi è maggiore disorganizzazione sociale

  32. Gli assunti fondamentali delle ricerche americane • La realtà sociale è dunque oggettiva ma modificabile da parte del soggetto che l’interpreta secondo gli schemi e i valori acquisiti nel suo processo di socializzazione. • Le diversità tra uomini (immigrati) non sono diversità biologiche ma provengono da un diverso patrimonio culturale. • L’identità dell’individuo è una identità sociale. • La cultura è un adattamento immaginato e controllato dall’uomo più funzionale dell’adattamento genetico perché più flessibile e più facilmente trasmissibile. • La cultura permette di adattarsi all’ambiente e di adattare l’ambiente a sé.

  33. Le ricerche di thomas e znaniecki • L’integrazione degli immigrati polacchi in USA • Uso di fonti documentali di tipo diverso • Prospettiva del controllo sociale • Ordini e proibizioni in situazione di disorganizzazione sociale • Concetti correlati: disorganizzazione individuale, atteggiamenti, comportamenti, valori, usi e costumi. Approccio evoluzionista/ecologico e scala dei bisogni: Atteggiamenti emergenti e tipi sociali. (Il contadino polacco in Europa e in America, 1918-20)

  34. Le ricerche di park (1928) (1952) • L’uomo marginale e l’uomo asociale • Conflitto, antagonismo e controllo sociale • Prospettiva del controllo sociale come accordo e assimilazione • Distanza sociale e attribuzione di status • Le fasi del mutamento sociale Il concetto di persona sociale e le “zone” del contesto urbano. Le teorie del “decentramento centralizzato” e della “successione”.

  35. Sutherland e thrasher (1927) • L’analisi del contesto abitativo: la goald coast, le camere ammobiliate, gli artisti, i vagabondi, gli slums. • Gli hobo. • Regole della giungla e controllo sociale. • Relatività della definizione di devianza. • Concetti correlati: aree naturali (omogeneità individuale) e aree sub-culturali, contagio sociale. • Il problema delle seconde generazioni e delle aree interstiziali. • Associazione differenziale e bande giovanili. • La dimensione individuale e il contesto ambientale.

  36. Gli sviluppi della scuola di chicago • Il progetto Chicago Area Project. • La ricerca di Shaw e McKay sulla delinquenza giovanile (1942). • Le zone della città e le mete sociali. • La sub-cultura urbana e la trasmissione culturale della devianza. • Anche il comportamento criminale è appreso (Sutherland e Crassey). • Il crimine è originato dalle contraddizioni sociali. • La ricerca su Little Italy di White (1943).

  37. Il pensiero funzionalista La corrente di pensiero che si sviluppo negli USA tra gli anni ’40 e gli anni ‘60 viene detta Struttural-Funzionalismo e rispetto le tematiche della devianza e del controllo sociale considera i fenomeni devianti una sorta di patologia sociale. Riprendendo l’impostazione durkheimiana ci si interroga sul perché la gran parte dei membri di una società non devia non commette atti devianti.

  38. Parsons Parsons parte dalla necessità di capire attraverso quali dinamiche di integrazione l’aggregato umano si mantiene coeso e si riproduce nel tempo. Parsons propone uno schema teorico-esplicativo che evidenzia le condizioni di stabilità e coerenza dell’aggregato umano. Come viene concepito il comportamento deviante all’interno della teoria di Parsons?

  39. L’azione sociale in Parsons L’attore sociale compie un’azione che può essere definita sociale quando questa viene messa in atto volontariamente e consapevolmente in un contesto di relazioni in cui sono noti i fini da raggiungere ed i mezzi e le norme per farlo. Ogni soggetto agisce tenendo conto delle aspettative reciproche rispetto alle posizioni sociali proprie e dei soggetti che lo circondano. Normalmente agisce in conformità a valori culturali, norme e simboli condivisi.

  40. Il sistema sociale Il sistema sociale viene dunque definito dall’insieme delle interazioni che si svolgono sulla base degli status e dei ruoli dei soggetti. L’ordine sociale è la risultante della consapevolezza dei soggetti rispetto la condivisione di un nucleo di regole e l’interiorizzazione dei valori culturali di riferimento. Ogni violazione delle aspettative metterà in atto delle reazioni. Ogni sottosistema genera alternative di ruolo che rimandano ad aspettative ed azioni non omogenee.

  41. Le alternative di ruolo (1937 - 1951) Le alternative di ruolo sono definite da Parsons come variabili strutturali. Le variabili comportano differenti scelte in relazione al sistema o al sottosistema. • Impulsi biologici e affettività vs autocontrollo e neutralità; • Interesse privato vs interesse pubblico; • Universalismo vs particolarismo; • Realizzazione vs attribuzione rispetto l’oggetto dell’azione; • Specificità vs diffusione

  42. Il sistema ed i sottosistemi I diversi sottosistemi svolgono ciascuno una funzione e garantiscono l’adeguatezza di ciascuna parte al sistema. Così nasce lo “schema AGIL” secondo cui il sistema sociale si mantiene stabile e coeso. Nella determinazione del comportamento deviante Parsons assume la prospettiva individuale rispetto al controllo sociale. La genesi della motivazioni alla devianza si trova nel sistema di interazione tra soggetti.

  43. SISTEMA DELL’AZIONE SOCIALE E SUE PARTI La cultura svolge la funzione della latenza, fornisce all’attore sociale (il soggetto che agisce) la motivazione ed il senso all’azione attraverso i valori, le norme, le idee che gli individui apprendono ed interiorizzano durante il processo di socializzazione. Ogni gruppo sociale definisce ciò che è o non è deviante sulla base di valori sociali condivisi. La devianza non è una caratteristica interna all’azione ma esterna. Il verificarsi di un comportamento deviante ha dunque la funzione di definire i “confini” del gruppo. A G L I

  44. merton Secondo Merton la struttura sociale è distinta dalla struttura culturale. L’anomia di Merton non è un’assenza di norme ma una frattura nella struttura culturale rispetto le capacità di adattamento socialmente prodotte dei singoli soggetti. In questo prospetto di dinamiche sociali assume grande importanza la socializzazione.

  45. Merton (1949 - 1968) • La devianza è definita in rapporto a “norme contraddittorie” • La struttura sociale esercita su alcuni individui una pressione a deviare quando le mete culturalmente condivise e i mezzi socialmente accettati per raggiungerle non sono ugualmente alla portata dei soggetti agenti.

  46. Cohen e le bande delinquenti (1955) Incidenza del gruppo sulle capacità e motivazioni decisionali. La ricerca sui Corner Boy: esistono diverse alternative per raggiungere le “ricompense sociali” e la stessa situazione può portare soggetti diversi a mettere in atto strategie differenti. La determinante è il gruppo sociale e il grado di integrazione culturale del soggetto rispetto ad esso. Socializzazione e incoerenza/contraddittorietà dei valori culturali.

  47. Cohen e le bande delinquenti La necessità di superare le regole che riproducono lo stato di disagio e svantaggio sociale porta alla nascita della sub-cultura deviante cioè nuove regole e nuovi modelli di comportamento per raggiungere le stesse mete sociali. Fattori incidenti nella teoria di Cohen: • disgregazione sociale; • valori alternativi per la competizione di status; • integrazione del gruppo sub-culturale e produzione della devianza.

  48. Cloward e ohlin (1960) Partendo dalla prospettiva mertoniana di “mete e mezzi” nella struttura sociale ipotizzano l’esistenza di una struttura “alternativa” che offre opportunità e mezzi illegittimi. Individuano tre tipi di subculture delinquenti: • La subcultura criminale; • La subcultura conflittuale; • Subcultura astensionista. Questo approccio viene denominato “teoria delle opportunità differenziali”.

  49. Miller (Boston 1958) Miller utilizza un approccio etnografico per osservare analiticamente gli aspetti della vita e dell’organizzazione sociale che richiedono un impegno costante e attento prolungato nel tempo: le cosiddette “preoccupazioni focali”. Socializzazione e gruppo dei pari sono fattori incidenti nella predisposizione alla devianza nei giovani e negli adolescenti.

  50. Dall’interazione sociale alla devianza La svolta concettuale del pensiero interazionista consiste nel considerare il comportamento umano (deviante) conseguenza diretta delle specifiche esperienze relazionali del soggetto. La prospettiva microsociologica da cui si dipanano le ricerche del pensiero interazionista osservano i microprocessi della vita quotidiana. Lo strumento tecnico è di tipo qualitativo: l’osservazione diretta, la compilazione di diari, la registrazione orale, visiva e scritta. Il progressivo spostamento verso la dimensione micro e interazionista si deve a molti autori: Dewey, James, Darwin nonchè i classici della sociologia europea.

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