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8° La pratica educativa come conversazione

8° La pratica educativa come conversazione. Obiettivi: Presentare le recenti sollecitazioni postmoderne circa il ruolo della conversazione nei processi educativi; Discutere il valore e i limiti delle proposte postmoderne;

kamali
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8° La pratica educativa come conversazione

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Presentation Transcript


  1. 8° La pratica educativa come conversazione Obiettivi: • Presentare le recenti sollecitazioni postmoderne circa il ruolo della conversazione nei processi educativi; • Discutere il valore e i limiti delle proposte postmoderne; • Definire i concetti di testo, intertestualità, discorso e voce; • Evidenziare gli apporti di Vygotskij, Bakhtin e Rorty al tema della conversazione; • Presentare gli apporti degli studi culturali nel campo della comunicazione di massa; • Presentare la pratica educativa come conversazione e le possibili obiezioni; • Descrivere il ruolo della narrazione nel dialogo educativo; • Indicare i punti principali presenti nella rilettura del dialogo educativo di L. Not.

  2. La pratica educativa come conversazione Concetti chiave: • La centralità della parola • discipline che studiano i discorsi • prospettiva religiosa • I testi e il loro effetto rifrattivo • come artefatti • carattere riflessivo • carattere rifrattivo • Intertestualità • Discorso • ruolo costruttivo e costitutivo • molteplicità e caoticità • Voce • come rappresentazione del sé • come espressione del sé • La tecnologia del sé

  3. Alcuni apporti significativi • VYGOTSKIJ • i processi di interiorizzazione dei discorsi • la mediazione della coscienza • BAKHTIN • la dinamica linguistica del dialogo • i caratteri del dialogo come azione (Burke) • RORTY • la comunità di ricerca come comunità in cui si costruiscono, si convalidano le conoscenze • CULTURAL STUDIES • posizione antidisciplinare • centralità della pratica • il linguaggio come riferimento di analisi • rapporti tra significante e significato • teoria dell’audience (S. Hall) - risonanza – accettazione - negoziazione - opposizione

  4. INTERTESTUALITÀ • Un evento del discorso (cioè un testo effettivo, come una notizia di giornale, una striscia comica) normalmente è intrecciato o incluso in testi più ampi. • Espressioni, affermazioni e tematiche che appaiono nei diversi testi vanno considerate all’interno o in connessione con altri o più vasti eventi testuali, a cui sono legati da richiami continui. • D’altra ogni testo si colloca nel contesto di una istituzione sociale chiave (incluse le regole, le procedure e i vincoli di questa) e viene usato per dar senso al proprio mondo e sviluppare azioni e relazioni sociali che sono richieste nelle attività di ogni giorno. • Molte forme di testi popolari (video musicali, pubblicità televisiva, film) sono legati a significati narrativi e a strutture rappresentative semiotiche di altri testi.

  5. La pratica educativa rivisitata sotto il profilo della conversazione ha anche evidenziato una forma di dialogo che mira alla comprensione reciproca tra i partecipanti. • Comprensione intesa nel senso di “fusione di orizzonti” (Gadamer), non rinuncia alle proprie posizioni, anche culturalmente incommensurabili, bensì ricerca e costruzione di significati più o meno condivisi, che si svolge nel tempo e che implica tolleranza e rispetto delle differenze. • Gli interlocutori della conversazione non mirano al raggiungimento di un obiettivo conoscitivo estraneo alla conversazione stessa, ma procedono in maniera interattiva e collaborativa verso una comprensione dei problemi e delle posizioni altrui, cercando di condividere una prospettiva di significati comune sulla base di quanto emerge via via in questo rapporto.

  6. Tutto il processo conversazionale può essere poi ricollegato alla nozione di “incontro”, elaborata da R. Guardini (1987), come distaccarsi da un possesso e un perpetuamento rigidi della forma del sé, per accettare il rischio dell’apertura a ciò che è altro, facendo crescere in questo modo la propria individualità. • Perché si abbiano vere e proprie forme di conversazione occorre che tali esperienze siano segnate da prese di coscienza, da riflessioni che incidono sul sistema personale di valori, concezioni, credenze, bisogni, desideri e propositi. Questo non vuol dire rinunciare a se stessi, anzi: in questa direzione si sviluppa e si irrobustisce la nostra capacità di autoregolazione, fondata su una più cosciente e proattiva percezione di sé, delle proprie possibilità e responsabilità. Ogni incontro diventa occasione di apprendimento, di crescita, di maturazione.

  7. Da un punto di vista leggermente diverso la prospettiva conversazionale si presta per approfondire il problema degli incontri tra persone che appartengono a razze, culture, lingue, religioni assai diverse dalle nostre. Il concetto di conversazione così inteso porta a cercare di comprendere, afferrare i significati, i valori, le prospettive di vita, i comportamenti degli altri, senza per questo dover rinunciare ai propri. Anzi tali confonti permettono di identificare meglio quelli che caratterizzano noi stessi e, spesso, anche di approfondirli o di integrarli con quelli altrui. Ne nasce il rispetto, la possibilità di convergenza e di lavoro collaborativo.

  8. La formazione in terza persona esalta il ruolo attivo e diretto dell’educatore. È questi che progetta, dirige e valuta le attività educative. “L’educatore che guida la danza”. • La formazione in prima persona si basa sulle aspirazioni, gli interessi, i soggettivi bisogni dell’educando e sulla sua iniziativa. “L’educando che guida la danza”.

  9. La formazione in seconda persona (NOT, 1989) • Nel processo educativo si hanno due centri di iniziative di azioni che sono articolate a partire da quelle dell’altro. Ciascuno è un IO che si rivolge a un TU. L’educando si rivolge all’educatore e questi gli risponde. • Il costituente della domanda educativa è l’educando; l’educatore ne prende atto e su questa base imposta la sua azione.

  10. L’educando è un IO che si impegna a partire sia dalle sue aspirazioni e dai suoi bisogni, sia dalle proposte e sollecitazioni dell’educatore. Purché queste ultime entrino a far parte delle sue intenzioni d’azione. • L’educatore è un IO che propone le sue iniziative educative sulla base di fini, contenuti e modalità educative che formano la base delle sue conoscenze e competenze. • L’educando è il TU dell’educatore. È il centro di iniziative d’azione a cui questi si rivolge esercitando il suo ruolo di educatore che sollecita, orienta e sostiene il primo. • L’educatore è il TU dell’educando. Questi si rivolge a lui come un centro di iniziative e d’azioni a suo favore, uno che può aiutarlo nelle difficoltà, rispondere a suoi problemi e alle sue domande, guidarlo nelle sue attività.

  11. Nel processo educativo c’è quindi una compartecipazione, ci sono dei partner, che esercitano un ruolo diverso, ma ambedue sono centri attivi di iniziativa e di azione. • Ne deriva un NOI che vive nelle sue convergenze e divergenze, nei suoi consensi e conflitti. • La relazione è reciproca, ma non simmetrica. L’educatore è portatore di conoscenze e competenze più vaste e profonde di quelle dell’educando. Il suo ruolo è diverso. Ma educatore ed educando agiscono e reagiscono a partire dalla loro individualità. Si costituisce così un momento circolare con una implicita forma contrattuale.

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